Eravamo in un caldissimo ed
afoso mese di luglio del 1972 e mentre giù al mare, al
DANCIG BAR VALENTINO, si ballava, tutto d'un tratto
iniziarono a ballare, o meglio a trabballare a San Salvo
le poltrone da Sindaco.
Traballarono, fino a cadere, prima quella del Sindaco
Evaristo Sparvieri, che nella precedente amministrazione
era stato assessore all’Urbanistica, e quindi aveva
approvato anche quei primi palazzoni all’epoca esistenti
alla marina e subito dopo, a distanza di qualche anno,
anche quella di Renaldo Altieri, suo successore.
Fu un’amministrazione alquanto ballerina e sfortunata
quella. Interamente democristiana, produsse nel
quinquennio di vita amministrativa, ben tre sindaci:
nell’ordine Evaristo Sparvieri, Renaldo Altieri e Renato
Artese.
Le cause?
Vennero determinate probabilmente proprio dalla nascente
San Salvo Marina.
Dico probabilmente, riferendomi solo al Sindaco Sparvieri,
che era mio padre, perchè il motivo che lo spinse a
dimettersi in quel lontanissimo luglio del 1972, non venne
da lui mai chiarito, o meglio non lo fece, nonostante
l’opinione pubblica e la minoranza lo chiedessero a gran
voce, per un motivo molto semplice: non lo conosceva
neanche lui.
Fu il tempo a chiarirne molti aspetti ed a gettare ombre
sulla inspiegabile motivazione.
Di quel periodo mi raccontava, che una sera, recatosi ad
un normale preconsiglio di maggioranza, che si teneva di
routine prima del Consiglio Comunale nella sede della
sezione della locale Democrazia Cristiana (nell’attuale
Piazza On. Vitale Artese), si trovò inaspettamente
sottopposto ad un improvviso fuoco incrociato "amico" da
parte del direttivo democristiano, che lo accusava un po'
di tutto, di incapacità amministrativa e di immobilismo.
Mi raccontò, che ignaro di quanto gli stesse capitando
come un fulmine a ciel sereno, si sentì come Cristo tra i
farisei, non riuscendo a comprendere i motivi che stessero
inducendo i suoi amici di partito a sparlare contro di
lui, dicendogliene di tutti i colori. Salutò tutti in
questo modo: “Io non vivo di politica. Da domani tornerò a
tempo pieno a fare il maestro di scuola” (in realtà non
aveva mai smesso).
Sbattè la porta e non vi rientrò mai più.
Quando si mangiò la mela, nel senso che rimurginandoci
sopra cercò di capire quali fossero i reali motivi ad aver
indotto i suoi amici del direttivo democristiano ad essere
così duri nei suoi riguardi, si ricordò che una settimana
prima delle sue dimissioni, gli era stato presentato in
Comune dall'ex sindaco Vitale Artese, senza il consenso
del quale non si muoveva foglia, un noto proprietario
terriero della marina, un forestiero, il quale, dopo che
Artese si era allontanato, gli aveva sottoposto in esame
in via informale un progetto mascroscopico sul'arenile.
Egli, con la sua esperienza ultraquinquennale come
Assessore all’Urbanistica nella precedente
amministrazione, esaminò con un colpo d’occhio quei
disegni e gli rispose : “‘'
Nzi po fa!” (non è
approvabile).
Quel progetto erano LE NEREIDI.
Bisogna premettere, ad onor di cronaca, che intorno al
'64, Il Consiglio Comunale, aveva approvato su quell’area
ancora deserta, dove poi sorsero LE NEREIDI, un progetto
che prevedeva un villaggio turistico o qualcosa di molto
simile, con costruzioni molto basse, senza alcun impatto
ambientale, che però non era stato realizzato, e che era
tutt'altra cosa rispetto a quel macroscopico centro
residenziale che ora gli era stato proposto.
Tornando alle sue dimissioni, il dubbio che quella
sfuriata in sezione potesse essere conseguenza di
quell'incontro, lo sfiorò più di una volta, ma riservato e
schivo com’era, non poteva esporlo ai quattro venti, in
quanto era solo un' ipotesi. In fondo quella sera glie ne
avevano detto di tutti i colori, ma nessuno aveva fatto
menzione a quel progetto, anche perchè nessuno,
all’infuori di lui e di Artese, erano a conoscenza di
quell’incontro.
Ci aveva azzeccato in pieno, ma ci voleva in quei giorni
proprio la
zànghere p'azzeccárele (la zingara per
indovinarlo).
Che questo fu il motivo principale che causò le dimissioni
del Sindaco Sparvieri, me lo confermò lo stesso Vitale
Artese, quando, cinque sei anni più tardi, rieletto
Sindaco nel 1977, mi chiese, di far da tramite per
riallacciare i rapporti con mio padre, deterioratissimi,
il quale naturalmente rispose NO. Alle mie insistenze di
appurarne i motivi, Artese, dopo molte titubanze, messo
alle strette, alla fine ammise: “Sì è vero! Tuo padre era
troppo rigido e quindi non avremmo avuto lo sviluppo che
vi è stato a San Salvo Marina”.
A nulla valsero, qualche anno dopo, le scuse di molti suoi
ex amici di partito, compreso Felice
de Bionde (figlio
di Biondo Tomeo), all’epoca giovane segretario emergente
della D.C., che insieme all'amico comune Fernando
Cucciàtte
(Malatesta), venne a casa ammettendo di essersi
comportato male quella sera nei suoi riguardi: mio padre
lo perdonò, ma non dimenticò mai quell'azione, che lo
segnò profondamente per tutta la vita, sopratutto per il
modo in cui era avvenuta, non rimettendo mai più piede
dentro la sezione della D.C.
"Casa Savoia conosce la via dell'esilio, ma non quella del
disonore", soleva ripetermi, egli, che sin dalla gioventù,
era stato assiduo attivista D.C., insieme ai suoi coetanei
dell'Azione Cattolica, sotto la guida di Don Cirillo
Piovesan.
Ciò che più lo amareggiava era il fatto che non era mai
stata sua intenzione fare il Sindaco e che era stato lo
stesso Artese a convincerlo a farlo, dicendogli: " Ma chi
meglio di te può farlo, avendo come maestro elementare",
almeno a quei tempi, "tutto il pomeriggio libero?".
E mo!!!
A destra Vitale Artese
stringe la mano al Sindaco Sparvieri prima che fra di
loro scendesse il grande gelo. Al centro è ritratto
Felice Tomeo, Segretario politico D.C. succeduto nella
carica a Don Peppino de Vito a sinistra
Ma cosa stava accadendo di così grave a tal punto che il
Sindaco Sparvieri nel 1972 aveva subito detto NO a quel
macroscopico progetto?
Era successo che nel 1967 era stata emanata la cosiddetta
“legge ponte”, che sostituiva una vecchissima legge del
1942, fatta da Mussolini, che era stata la prima in
materia edilizia in Italia.
Questa nuova legge era stata emanata perchè con il boom
economico degli anni '60 si stava registrando in Italia
una crescita urbanistica disordinata, sopratutto nelle
grandi città e lungo le coste. Lo stato, al fine di
arginare questo fenomeno crescente di confusione
urbanistica e porre dei paletti alle costruzioni selvagge,
aveva emanato questa benedetta “legge ponte”, così
chiamata perchè doveva fungere proprio da ponte tra la
vecchia legge di Mussolini ed una nuova era di sviluppo
urbanistico. Per questo motivo aveva imposto a molti
Comuni italiani, sprovvisti di strumento urbanistico, tra
cui anche San Salvo, di dotarsi di uno strumento
attuativo, in pratica di un Piano Regolatore Generale o in
alternativa di un Programma di Fabbricazione.
Sempre questa benedetta legge ponte, aveva dato un anno di
tempo e di transizione ai Comuni italiani per adeguarsi
alle nuove direttive, sortendo di fatto un effetto opposto
a ciò che la medesima norma si prefiggeva. Infatti molti
costruttori, per timore che le cose si mettessero male e
restassero buggerati dalle nuove norme, si erano dati un
gran da fare in quell'anno in Italia per farsi approvare
in fretta i progetti, tant’è che la stessa San Salvo
Marina, agli albori dello sviluppo urbanistico, non ne era
stata esente, con la costruzione dei primi palazzoni al di
là del lungomare.
Dopo la sua entrata in vigore, in attesa che l’ing. Mario
Pasquini, docente ortonese che insegnava al neonato
Istituto Professionale, incaricato dal Comune, redigesse
per la prima volta uno strumento urbanistico, vi era stato
in municipio
nu ccidáje (una moria - dinieghi) di
progetti e persino revoche di licenze edilizie, decadute
per mancato inizio lavori in tempi utili e quindi non
prorogabili.
Mi raccontava sorridendo mio padre che l'ing. Pasquini,
fece tre quattro bozze di disegni di un Piano di
Fabbricazione, che sottoposte ad una specie di
commissione, ogni volta trovava il solito qualcuno che
j
pejeve nu ppéccie (prendeva un pretesto, nel senso
che non andava bene). Ed un giorno Pasquini, in dialetto
ortonese, sbottò: "
Ma zi po' sape' gna' cazze l'aja fa
stu Piane! Tire la cuperte de qua e ze smánte le pite de
don Pasqualine, le tire de là e ze smánte li cosse a
donna Rusine!" (Ma si può sapere come devo redarre
questo cacchio di Piano! Tiro la copertà da un lato e
restano scoperti i piedi (i terreni) di Don Pasqualino, la
tiro di là e restano fuori le gambe di Donna Rosina),
naturalmente i nomi adoperati sono fittizi omettendo per
la privacy di citare i nomi reali.
Interessi personali a parte, che esistono da che mondo e
mondo ed in ogni latitudine, in attesa che Pasquini
trovasse la quadra che andasse bene per tutta la squadra,
vi erano comunque da fare i conti con questa nuova legge
urbanistica, che nei primi anni era stata come una
fisarmonica, nel senso che il mantice si tirava e si
stringeva a seconda delle pieghe che le norme
consentivano, ma ora bisognava stare con gli occhi ben
aperti e non commettere errori per non incorrere nelle
maglie della magistratura.
Fu così che il Sindaco Sparvieri, dopo l'adozione del
piano di Pasquini, che di fatto non venne mai approvato
dalla Regione, ed in attesa dei conseguenziali piani
esecutivi, specie alla marina (il piano successivamente
venne ritirato dallo stesso Comune e quindi mai vigente),
per timore di commettere illeciti ammnistrativi, aveva
serrato il mantice e rilasciava licenze con il contagocce.
Questo fatto, in una San Salvo in crescente sviluppo
demografico, mandò su tutte le furie Artese, che faceva la
spola tra San Salvo e Chieti, essendo divenuto onnipotente
e onnipresente dirigente del partito, il quale aveva una
visione diversa dello sviluppo urbanistico sopratutto
della marina, tutto il contrario di Sparvieri, che come mi
disse tempo addietro Virgilio Cilli, molto vicino ad
Artese, avrebbe preferito un’edificazione meno invasiva,
con fabbricati con altezze minori, a scalare verso il
mare.
Aveva ragione l’uno o l’altro.
Oggi, con il senno di poi, si potrebbero obiettare tante
cose sia sull'operato dell'uno che su quello dell'altro,
ma bisogna considerare, per un giudizio completo, anche
altri fattori che influirono su quelle scelte politiche.
Probabilmente Sparvieri, che si considerava solo un
amministratore, non sbagliava a desiderare un'edificazione
più bassa, ma non sbagliava neppure Artese, che invece era
un politico navigato, sopratutto in considerazione dei
tempi che correvano.
Il riferimento, un po’ per tutti in quel periodo era
Pescara, che era diventata sempre più una città moderna ed
all’avanguardia, con palazzoni che crescevano come funghi.
Il suo lungomare era una fila di palazzi condominiali
quasi a ridosso del mare. Se aggiungiamo che proprio in
quel periodo Francavilla al Mare, in provincia di Chieti,
con l’espansione edilizia lungo la costa, si stava
congiungendo a Pescara, ecco che il ragionamento di
Artese, quadrava alla perfezione.
In fondo a quell'epoca quei palazzoni si usavano,
piacevano, erano costruiti con materiali mai visti prima,
stava nascendo la vita di condominio, le prime assemblee
condominiali, la cui partecipazione per molti era sinonimo
di proprietà e di ostentazione di benessere, e sopratutto
quegli appartamenti la gente li acquistava.
La marina di San Salvo invece non esisteva, erano ancora
quasi due chilometri di arenile selvaggio ed era giunto il
momento di dare un impulso vero alla sua crescita.
Fatto sta,
ca' pe' lu core de Sante Vetecchie
annécchivvue (modo di dire quando qualcuno perdeva
la pazienza), il Sindaco Sparvieri non voleva proprio
arradè'
(gradire), e quindi non andava più bene a
Lilline
Scapeccete (così era chiamato in gioventu Vitale
Artese, forse per il suo modo di portare i capelli a
spazzola) ed a tutta la DC che era Artese, e dopo quella
serataccia, in cui ci rimase molto male,
lu maiastre
Averiste (il maestro Evaristo) se ne tornò per
sempre a fare il maestro elementare, con l'unica
soddisfazione, da uomo di scuola che era, di aver fatto in
tempo a portare, con non poche difficoltà per diversi
punti di vista dello stesso Artese, il primo istituto
superiore a San Salvo, la Scuola Commerciale, che secondo
lui avrebbe consentito a molte ragazze sansalvesi di
diplomarsi in loco, essendo molti genitori dell'epoca
ancora restii a mandare le figlie femmine a studiare a
Vasto.
Al centro il Sindaco
Sparvieri. Alla sua destra l'Assessore Renaldo Altieri
e alla sua sinistra il segretario comunale Pietro Di
Clemente. Si intravede, fotografato da dietro Ennio Di
Pierro, componente di quell'amministrazione.
Gli succese come Sindaco Renaldo Altieri, assessore,
appartenente
a chelle de li scirnése (originari di
Scerni), suo amico nonché collega (era stato proprio mio
padre a volerlo in lista alle elezioni), che fu l’unico ad
adoperarsi in qualche modo per tentare di ricucire lo
strappo. Ricordo che in quei giorni d’estate venne a casa
a parlare con mio padre chiedendogli di ritirare le
dimissioni, ma quest'ultimo fu irremovibile, intuendo dal
comportamento di tutta la giunta municipale e dei
consiglieri di maggioranza, fatta eccezione naturalmente
di Altieri che si era esposto in prima persona, che mai e
poi mai gli altri si sarebbero messi contro ad Artese, che
era lu
capaddózie (il leader maximo) e che quindi
il suo destino di Sindaco era segnato.
Toccò proprio a Renaldo cercare di soddisfare le esigenze
di una crescente popolazione che in quel periodo era
abbisognevole sopratutto di case.
Renaldo, si trovò a fare il Sindaco in una situazione
urbanistica, come gia descritta, molto, ma molto complessa
e particolare. Era arrivata anche la Magneti Marelli e San
Salvo, da piccolo paese rurale, si trovava nel pieno di
quel processo di trasformazione che lo condurrà sino ai
nostri giorni. Vi era una necessità assoluta di
abitazioni, sopratutto per gli operai che affluivano in
massa a lavorare nelle industrie ed in un paese, qual'era
ancora all'epoca San Salvo, ancora privo di un Piano
Regolatore (il primo Programma di Fabbricazione valido
sarà del 1975, seguito poi dal Piano Regolatore Generale
del 1980), era davvero difficile dimenarsi tra confuse
legislazioni urbanistiche e norme di salvaguardia
introdotte proprio dalla legge ponte, che un giorno
sembravano consentire l'approvazione di interi quartieri
ed il giorno appresso, per effetto di vuoti legislativi,
bloccavano un lineare svolgimento dell'attività edilizia.
Dal carattere altruista ed aperto con tutti, Renaldo si
prese la croce (anche perché in gioventù aveva studiato
dai frati) e tentò di fare del proprio meglio per
soddisfare questa nuova esigenza che i tempi imponevano,
adoperandosi in ogni modo per far fronte all' emergenza,
cercando di dare a tutti una mano, com'era nella sua
logica cristiana, in egual misura a poveri e potenti.
Qualcosa però andò storto, ed in particolare alla marina.
Sull’ onda lunga delle indagini della magistratura a
Francavilla al mare, che inaugurò la stagione degli
scandali edilizi in Abruzzo, dopo un po' l’alta marea
invase anche il nostro arenile, che nel frattempo era
diventato quasi tutto di proprietà privata, avendone i
possessori affrancato i terreni, che intorno agli '30
erano stati concessi in enfiteusi dal Comune ai contadini
di San Salvo, che si erano rivenduti il possesso per due
soldi.
Successe un maremoto.
Vennero inquisiti il Sindaco, l’intera amministrazione
comunale (bianchi e rossi), il tecnico comunale e la
commissione edilizia.
"
Ma che ne saccie jeje", disse Fioravante
D'Acciaro, compagno consigliere comunista al giudice
quando questi lo interrogò. "
Je vaje 'ncampagne (io
vado in campagna).
Ti puzze spiegà gna z'arcaccie la
barbabiatele" (posso spiegarti come si coltiva la
terra a barbabietole, che prima dell'avvento dei pescheti
fu per un periodo la grande risorsa agricola dell'intera
zona), aggiungendo "
je' de sse mmasciate ne 'nsaccie
niente" (io di queste cose non sono al corrente). E
poi concluse: "'
Nghe ma' vulàte arcapa' 'ssi reccie!!!"
(con me volete risolvere questa faccenda spinosa - deriv.
da riccio).
Per ironia della sorte venne inquisito anche l'ex Sindaco
Sparvieri che si era dimesso da primo cittadino
dimenticandosi però di farlo come consigliere comunale,
pur non avendo mai più partecipato a nessuna seduta del
consiglio. Si affrettò ad andare dal giudice per chiarire
la sua posizione, venendo subito escluso dall'inchiesta,
suscitando le ira di un avvocato difensore del Comune, che
gli disse di aver fatto molto male a prendere
autonomamente quell'iniziativa.
Fatto sta che la poltrona di Sindaco di Altieri, sotto i
colpi della magistratura, traballò a tal punto che preferì
autosospendersi dalla carica. Gli successe per un anno
Renato Artese, assessore anziano, un'ottima persona, che
inforcando gli occhiali un giorno mi disse: "
Ecchilaui'
che!!!" (Vedi questi occhiali!), "
Aecche a ma
sta' 'nghi l'ucchie scacchijte " (in Comune bisogna
stare con gli occhi ben aperti).
Ciò che successe dopo è cronaca giudiziaria e
giornalistica.
Decine di palazzi al mare vennero messi sotto inchiesta
dalla Magistratura di Vasto e come se non bastasse, la
Regione Abruzzo, annullò una marea di licenze edilizie già
rilasciate, facendone le spese principalmente le società
che facevano capo a Don Camillo Mammarella di Chieti, che
aveva acquistato i terreni ad una società agricola della
famiglia Scio', che si vide bloccati i lavori oltreché
annullate le licenze dei complessi residenziali quali lo
Shangrillà, lo Zodiaco e l’Aretusa.
Stessa sorte ebbero altre licenze già rilasciate ad altre
imprese, tutte di fuori, come accadde per i quattro
palazzi al mare in Via Caboto costruiti da Giuseppe
Martino di Campobasso, per un'altro palazzo in Via A.
Doria realizzato dai fratelli Scio' (edificio tutt’oggi
noto come palazzo di Forza 3 da cui prese il nome in
quanto vi fu un negozio di abbigliamento aperto negli anni
'70 che aveva questo nome), per altri due eseguiti
dall'impresa Cravero e Dolente in Via Vespucci, dove al
primo vi era il vecchio ufficio postale della marina ed al
secondo il Bar Metro 2, e poi per il palazzo dei F.lli
Prezioso a fianco alla chiesa. Vennero annullate persino
le villette a schiera sul lungomare dirimpetto alla
Caravella, che erano state costruite sempre in quel
periodo dai F.lli Prezioso, oltre ad altri palazzi tra cui
quelli realizzati dalla Soc. A.T.I., che faceva capo
all'impresa Molino di Vasto.
Alcuni palazzi dell'Impresa
Mammarella di Chieti, rimasti bloccati durante il
processo.
Sempre per ironia della sorte si salvaroro LE NEREIDI, che
una volta ultimati vinsero addirittura l'ambito premio
europeo IL MERCURIO D'ORO, la cui immensa grandiosità
aveva probabilmente scatenato le indagini della
magistratura.
Il motivo?
Si salvarono proprio perché, come già detto, intorno nel
'64 su quell’area era già stato approvato quel progetto
originario di un villaggio turistico, e quindi le nuove
licenze rilasciate, seppure con molti piani in più, altro
non erano che varianti ad autorizzazioni già rilasciate in
precedenza e di conseguenza non sottoposte alle nuove
stringenti norme edilizie.
Per fortuna si salvò anche Rinaldo, a cui i frati gli
avevano insegnato lo spirito di sopportazione, insieme a
tutti gli amministratori comunali, ai componenti della
Commissione Edilizia ed al tecnico del Comune, i quali,
dopo aver subito lunghissimi processi, poterono finalmente
tirare un sospiro di sollievo.
La loro assoluzione, però, non sanò di conseguenza quei
palazzi, le cui licenze rimasero per sempre annullate
dalla Regione.
Iniziò a questo punto la stagione che definirei dello
SCANDALO AL SOLE.
Moltissimi palazzi, non potendo essere ultimati, rimasero
per molte estati al grezzo, con i pilastri e ferri in
vista, sotto un sole cocente, mentre d'inverno dormivano
sonni profondi, come l'intera neonata San Salvo Marina,
definita un ghetto dai suoi stessi abitanti, con palazzi
senza fogne e servizi primari (
pezzevene gne' nu morbe
- d'estate vi era un fetore insopportabile di pozzi
neri), abbondonata, secondo loro, da Dio e dalla politica.
Furono norme del P.R.G. intorno al 1981, quando divenne
Sindaco Armando Tomeo, a consentire il completamento di
quei fabbricati rimasti al grezzo, che in lontananza
sembravano loculi cimiteriali a due passi dal mare. Altri
palazzi invece, quelli già ultimati, vennero sanati dai
proprietari degli appartamenti con il primo condono
edilizio nell’anno 1985.
Agosto 1976 - Foto
della prima comunione di una bambina. Alle sue spalle,
dal piazzale centrale del lungomare, si intravede il
complesso residenziale Shangrilla, rimasto sino ai
primi anni '80 allo stato grezzo. In fondo Le Nereidi,
già costruite.
La domanda a questo punto, come diceva Antonio Lubrano su
Rai 3 in "Mi manda Lubrano", sorge spontanea.
Avrà fatto bene o male la D.C. di Artese a volere a tutti
i costi quel tipo di edilizia alla marina?
Tutto dipende dai punti di vista.
Quando vi è di mezzo la politica, ognuno, un po’ per tifo
ed un po’ altre ragioni, tira sempre l’acqua al proprio
partito.
Dal mio modesto punto di vista, con il senno di poi, oggi
dico che probabilmente fece male.
E non lo dico solo io.
Sempre con il senno di poi, mi disse tempo addietro
Virgilio Cilli, amico di Artese: "Abbiamo sbagliato a far
venire la SIV a San Salvo"." E' perché?" gli chiesi, non
aspettandomi da lui, che ne era stato tra i promotori, una
siffatta affermazione. Mi rispose: " Perché se non veniva
la SIV oggi saremmo un "paesottino" di sei settemila
abitanti come Casalbordino e con tutto questo bel mare che
abbiamo, tirandoci un po' più indietro con il lungomare,
avremmo potuto campare di turismo". Poi aggiunse che
Artese gli aveva confidato che anche la FIAT di Termoli
doveva venire a San Salvo e che lui gli disse: "
Ma ti
si stupitete!" (ma sei impazzito), aggiungendo: "
'Nci
vede ca' zi séme argnìuse de cumuneste?" (non vedi
che l'industrializzazione ha portato molti lavoratori di
sinistra, tra cui il futuro Sindaco Arnaldo Mariotti, e
che per la D.C. è controproducente?).
Non so dirvi se la FIAT andò a Termoli per questo motivo,
ma qualcosa l'affermazione di Virgilio sortì nella mente
di Artese, che spessissimo ascoltava i suoi suggerimenti.
Tornando al senno di poi ed al nostro mare, oggi è tutto
opinabile. Anche il lungomare poteva essere realizzato
almento duecento metri più dietro, ma a parte il fatto che
fu la invalicabile ed all'epoca inestricabile pineta della
forestale a determinarne la sua ubicazione (oggi ci sono
rimasti quattro pini), erano i tempi delle rotonde sul
mare e tutti, almeno chi se lo poteva permettere,
desideravano comprarsi l'appartamento con vista mare,
possibilmente a due passi dalla riva.
E per concludere, tornando alla vicenda delle dimissioni
del Sindaco Sparvieri, che era mio padre, dopo trent'anni
e passa fece pace con Artese.
Si incontrarorono all’Agenzia Immobiliare in Via Roma, che
Alfredo Bucciantonio, altro maestro elementare, ultimo
sindaco democristiano sino al 29 dicembre 1993, aveva
aperto dopo essere andato in pensione.
Si abbracciarono.
Quando me lo riferì gli chiesi come mai aveva avuto questo
gesto di affetto nei confronti di una persona con la quale
non aveva voluto più avere a che fare quasi da una vita,
nonostante Artese avesse tentato in ogni modo di ricucire
con lui un vecchissimo rapporto di amicizia iniziato sin
dalla gioventù.
Mi rispose: “Siamo oramai vecchi, e la farsa è finita".
Dopo la morte di Artese, fu proprio lui, mio padre a
promuovere il comitato "Gli amici di Artese" e fu sempre
lui a scrivere quelle parole che sono incise sulla lapide
commemorativa nella casa natale in C.so Garibaldi
dell’onorevole Artese. Gli ha sempre riconosciuto, anche
quando con lui era subentrato il grande freddo, il ruolo
di costruttore della San Salvo moderna.
Dopo qualche anno è andato via anche lui.
Di mio padre,
lu majastre Averiste (il maestro
Evaristo), ho un ricordo giù al mare che mi racconta della
sua storia di Sindaco-amministratore, che preferiva al
verbo comandare quello di amministrare.
Sono quei pilastri con ferri arruginiti a fianco al
lungomare (dove oggi si mettono le giostre), che mi
confermano, ogni qualvolta che ci passo, la sua
ostinazione nel perseguire ciò che era, secondo lui, il
rispetto della legge, senza se e senza ma.
Li lascerei lì, per sempre quei pilastri.
Come un monumento anonimo, senza parole.
A memoria di un ultimo baluardo prima della stagione dello
SCANDALO AL SOLE.
E concludendo con l'On. Artese, così disse un giorno ad
Alfredo Bucciantonio, ultimo sindaco democristiano, dopo
aver incrociato durante la sua carriera politica ben tre
maestri elementari e precisamente Sparvieri, Altieri e lo
stesso Alfredo:"
Mai più... a cummuátte nghe le
majestre de scole" (Mai più ad avere a che fare con
i maestri elementari)".
Detto da un maestro della politica come Lui, vi è da
credere.
NOTA:
Con sentenza del 05.12.88 della Corte di Cassazione,
l'area a ridosso del lungomare, su cui insistono in gran
parte tutt'ora quei pilastri, insieme ad una fascia che
costeggia tutto il lungomare, su cui insistono molti
edifici, sono state riconosciute appartenenti al demanio
e non più di proprietà privata.