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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I forestieri a San Salvo

di Fernando Sparvieri

Un po' di storia raccontando personaggi







Capitolo XXXIX

LA SIRENA
e li frastìre e li frastìrézze
(I forestieri ed i forestieracci)



Mentre altre piccole industrie satelliti, iniziavano le loro attività in C.da Piane Sant'Angelo, San Salvo, dall'alto della sua collina, non era cambiata di molto, così come la mentalità di molti suoi abitanti, che da un lato, con orgoglio, vedevano la SIV come una manna piovuta dal cielo, mentre dall'altro continuavano a vivere come prima, in sintonia con un passato che era stata la loro vita.

Si respirava contemporaneamente l'odore della campagna ed il fumo delle ciminiere, che profumava di progresso.

Era come se all'improvviso due mondi, sino a qualche anno distanti anni luce, d'improvviso, vivessero sullo stesso esiguo territorio, sconvolgendo, sopratutto negli anziani, le secolari abitudini, il loro modo di essere e di essere stati.

Al mattino ed alla sera il rumore degli zoccoli dei cavalli, che trainavano i carretti, che conducevano i contadini in campagna, continuavano ad infrangersi sugli asfalti da pochi anni realizzati, mentre il suono della sirena, giù all'industria, annunciava il cambio dei turni per gli operai.

La sirena.

Che novità, quella sirena.

L'avevamo sentita qualche volte alle motociclette della Polizia Stradale, che transitavano sulla statale, o quando raramente, qualche ambulanza dell'Ospedale Civile di Vasto, veniva per prendere qualcuno che stava male.

Ora era diventata una costante.

Il suo suono arrivava forte anche in paese.

"Mo àndre la SIV!" (Adesso entrano gli operai della SIV) oppure "mo' escie la SIV!" (adesso escono gli operai dalla SIV), divenne un modo di dire per molti sansalvesi, a seconda di come ognuno voleva intendere quel suono. Divenne una specie di preciso orologio del paese, quando, senza sgarrare di un secondo, alle sei del mattino, alle due del pomeriggio ed alle dieci di sera, suonava.

E chi l'avrebbe mai pensato, prima, che a scandire l'orario ed i ritmi di vita sarebbe stata una sirena e non solo più il rintocco delle campane.

E non solo a San Salvo. Nonostante non si udisse negli altri paesi vicini, era come se, a decine di chilometri di distanza, lo sentissero lo stesso quel suono, in grado di condizionare i ritmi di vita delle famiglie di chi quotidiamente si recava al lavoro alla SIV.

Nel circondario la vita divenne sempre più frenetica. Tutti avevano fretta di partire. Al suono della sirena bisognava timbrare il cartellino.

La sirena della SIV.


Fu quello il momento che la nostra zona conobbe per la prima volta il fenomeno del pendolarismo.

Da Vasto, Cupello, Lentella, Petacciato, Montenero di Bisaccia, nel vicino Molise, tutti a fare i pendolari per arrivare alla SIV.

Persino da Chieti e Pescara partivano, chi in treno e chi in corriera.

Fortuna volle che qualche anno dopo, quando aprirono al traffico un tratto di autostrada dell'A-14 Bologna-Taranto, all'epoca non ancora ultimata, che aveva il suo ultimo casello in direzione sud a Lanciano, l'azienda autostradale ne consentì un libero transito a la sbafe (senza pagare il pedaggio) sino a Vasto, quasi all'incrocio della vecchia SS 16 con C.da Lota, dove sfociava, direttamente, sulla vecchia nazionale. Fu una grande comodità per i lavoratori del chietino e del pescarese, che lasciavano le loro automobili al casello di Francavilla al Mare e con le corriere, percorrendo l'autostrada, iniziarono ad arrivare più agevolmente sul posto di lavoro.

Cosa diversa invece fecero le muntagnúle (i montanari), così erano chiamati, anche con un po' di ironia, gli abitanti dell'Alto Vastese.

Non essendo ancora stata aperta al traffico la fondovalle Trigno, dopo un iniziale periodo in cui fecero i pendolari, iniziarono sin da subito a stabilirsi a San Salvo, in case in affitto, o acquistando lotti di terreno, sui quali costruirono, in qualche anno, i loro edifici.

Erano molto legati ai loro paesi d'origine le muntagnúle e la nostalgia era tanta. Appena potevano tornavano nei loro paesi natii, dove avevano lasciato il loro cuore.

Intanto la popolazione residente aumentava giorno dopo giorno. Non erano solo i lavoratori dei paesi dell'entroterra a trasferirsi a San Salvo, ma continuavano ad arrivare un po' da ogni parte.

LA SIV cercava le migliori professionalità in ogni campo.

In quel periodo, eravamo nel '67, arrivò a San Salvo l'infermiere poeta Antonio D'Alfonso, da Pianella (PE), padre di Gabriele e Marisa. Lo chiamò direttamente la SIV dopo aver svolto ricerche ed aver appreso che si era qualificato al 1° posto al corso per infermieri tenutosi all'Ospedale Civile di Pescara.

Come succede in ogni nazione o paese in cui improvvisamente si assiste ad un incremento demografico, con persone che arrivano un po' da ogni luogo e di cui si conosce poco o niente, inevitabilmente iniziò con alcuni di loro qualche piccola incomprensione.

La convivenza era tranquilla, ma ogni tanto qualche frastire sparlava e si ergeva a civilizzatore.

Fu allora che nacque la parola "frastirázze", dispregiativo di forestiero.

Questo appellativo toccò principalmente a chi alla minima circostanza, non perdeva occasione per disprezzare il paese, mettendone in evidenza difetti e carenze. Generalmente toccò ai lavoratori dell'entroterra, più vicini alla nostra cultura, alcuni dei quali pagavano un po' lo scotto della nostalgia ed anche un po' di invidia, ma anche a chi, veniva più da lontano, che pur non essendo propriamente un pozzo di scienza, si atteggiava o assumeva comportamenti che non dimostravano ciò che egli voleva far credere di essere.

"'Stu frastirázze! Ma guarde nu ccuàne a stu frastirázze! Ma che va truvenne 'stu frastirázze!" (Questo forestieraccio! Ma guarda un po' a questo forestieraccio! Ma cosa va cercando questa forestieraccio!), erano le espressioni e le considerazioni rivolte frequentemente verso queste persone.

E c'era pure la frastirázze, al femminile.

E ogni tanto qualche scialàtte (siparietto), anche tra donne locali e forestiere, che ostentavano una certa superiorità, ma non erano tante a la uále, modo di dire quando una persona non ragiona bene o si comporta in modo scriteriato, o meglio ancora scarrozza, come avrebbe detto la buonanima di Sebastiano Valentini.

"Che ci si minìute a fa aecche! Se stive bbone te stive a lu pajàse to'! " (Cosa sei venuta a fare qui! Se stavi bene ti stavi al tuo paese), rispose un giorno a tono Miccheline (Michelina Spenza), una mia vicina di casa in IV Vico Savoia, alla moglie di un forestiero, rea di avergli offeso il suo paese.

"Io vengo da un paese che tu nemmeno immagini. Grazie a noi, finalmente conoscete un po' di civiltà!", le rispose a sua volta la signora, interpretando la parte della civilizzatrice risentita.

"Nisciune t'ha chiamate! Ti puteve sta' a lu pézze de la casa to!" (Nessuno ti ha chiamato, potevi restare nel luogo in cui vi è casa tua), controbatté Miccheline, che volgendo lo sguardo verso le altre donne del vicinato, sedute dinanzi casa a prendere il fresco, come a voler farsi dire "brava", così continuò:

"Ma uarde a sta frastirázze !!! Gesùcrésteme', ch'aja sente' a dece je'!"(Ma guarda a questa forestieraccia! Gesù mio, cosa devo sentire dire io!).

Per poi concludere:

"Doppe decene ca ìune stocche adderette!!!" (Poi dicono che una persona perde la pazienza e dice le cose direttamente, senza troppi giri di parole).



Nota:

La sirena storica della SIV, è ancora lì. Da molti anni è in disuso. Speriamo non risuoni mai più. Oggi è parte integrante del piano di evacuazione dell'Azienda, in caso di pericolo. Di seguito una foto del modello con alcune caratteristiche tecniche.




pag. 39
dietro/avanti


Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO

LI SALVANESE

I forestieri a San Salvo

INDICE


Capitolo I
Introduzione
I maestri di scuola



Capitolo II
I carabinieri
e Nonsaccie




Capitolo III
da Gerardo D'Aloisio
a Luegge Capaùne




Capitolo IV
Lu camie de Masciulle
(Il camion di Masciulli)




Capitolo V
Giovanni Bassi
e Valentini Bassi Venturini




Capitolo VI
Vincenzo Larcinese




Capitolo VII
Ninuccie
lu panattire




Capitolo VIII
Lu macillare
de Lentelle




Capitolo IX
Nine
lu napuletane




Capitolo X
Franche lu 'nfurmire




Capitolo XI
Quei matrimoni d'altri tempi -
La bella farmacista ed Erpinio Labrozzi




Capitolo XII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIII
Quei matrimoni d'altri tempi -
Il fidanzamento
e a la spose




Capitolo XIV
Erpinio Labrozzi e Maria Iole Di Nardo




Capitolo XV
(Fine prima Parte)


Capitolo XVI
Lu 'ngiugnìre
Tommaso Papi



Capitolo XVII
La famiglia Ricca




Capitolo XVIII
la crisi degli artigiani




Capitolo XIX
Lu motore
de le casuléne




Capitolo XX
Di Virgilio Nicola
la léma sàrde




Capitolo XXI
Lu camie
de Tinarìlle




Capitolo XXII
Angelo Di Biase
(Biascille)


Capitolo XXIII
Li carrettire
diventano camionis




Capitolo XXIV
Lu Jumme
ed il pastificio de mastre Camélle e Marchàtte




Capitolo XXV
Adelme, Gelarde e Micchéle Cillène




Capitolo XXVI
Li trajene
e la nazionale





Capitolo XXVII
La nazionale
ed il dialetto




Capitolo XXVIII
Li frastire
ed i venditori ambulanti




Capitolo XXIX
Quando la gente
parlava con gli animali




Capitolo XXX
Lu sciopere
de lu bosche
e le cantine sociali




Capitolo XXXI
La scoperta
del metano




Capitolo XXXII
La Brede (la SIV)





Capitolo XXXIII
La nascita
della Villa Comunale




Capitolo XXXIV
LA SIV
L'accensione
del 1° forno




Capitolo XXXV
Giorgio la Rocca
(lu rumuane)




Capitolo XXXVI
L'on. Aldo Moro
a San Salvo




Capitolo XXXVII
La fabbreche de le tavelàlle




Capitolo XXXVIII
Il profumo
del progresso




Capitolo XXXIX
La sirena
e le frasterézze




Capitolo XL
Il trofeo
San Rocco




Capitolo XLI
Pasquale Spinelli



Capitolo XLII
Umberto Agnelli
a SanSalvo




Capitolo XLIII
Scandalo al sole




Capitolo XLIV
Ma chi sarebbero
li salvanése