Eravamo in un caldissimo ed
afoso mese di luglio del 1972 e mentre giù al mare, al
DANCIG BAR VALENTINO, si ballava, tutto d'un tratto
iniziarono a ballare, o meglio a trabballare a San Salvo le
poltrone da Sindaco.
Traballarono, fino a cadere, prima quella del Sindaco
Evaristo Sparvieri, che nella precedente amministrazione era
stato assessore all’Urbanistica, e quindi aveva approvato
anche quei primi palazzoni all’epoca esistenti alla marina e
subito dopo, a distanza di qualche anno, anche quella di
Renaldo Altieri, suo successore.
Fu un’amministrazione alquanto ballerina e sfortunata
quella. Interamente democristiana, produsse nel quinquennio
di vita amministrativa, ben tre sindaci: nell’ordine
Evaristo Sparvieri, Renaldo Altieri e Renato Artese.
Le cause?
Vennero determinate probabilmente proprio dalla nascente San
Salvo Marina.
Dico probabilmente, riferendomi solo al Sindaco Sparvieri,
che era mio padre, perchè il motivo che lo spinse a
dimettersi in quel lontanissimo luglio del 1972, non venne
da lui mai chiarito, o meglio non lo fece, nonostante
l’opinione pubblica e la minoranza lo chiedessero a gran
voce, per un motivo molto semplice: non lo conosceva neanche
lui.
Fu il tempo a chiarirne molti aspetti ed a gettare ombre
sulla inspiegabile motivazione.
Di quel periodo mi raccontava, che una sera, recatosi ad un
normale preconsiglio di maggioranza, che si teneva di
routine prima del Consiglio Comunale nella sede della
sezione della locale Democrazia Cristiana (nell’attuale
Piazza On. Vitale Artese), si trovò inaspettamente
sottopposto ad un improvviso fuoco incrociato "amico" da
parte del direttivo democristiano, che lo accusava un po' di
tutto, di incapacità amministrativa e di immobilismo.
Mi raccontò, che ignaro di quanto gli stesse capitando come
un fulmine a ciel sereno, si sentì come Cristo tra i
farisei, non riuscendo a comprendere i motivi che stessero
inducendo i suoi amici di partito a sparlare contro di lui,
dicendogliene di tutti i colori. Salutò tutti in questo
modo: “Io non vivo di politica. Da domani tornerò a tempo
pieno a fare il maestro di scuola” (in realtà non aveva mai
smesso).
Sbattè la porta e non vi rientrò mai più.
Quando si mangiò la mela, nel senso che rimurginandoci sopra
cercò di capire quali fossero i reali motivi ad aver indotto
i suoi amici del direttivo democristiano ad essere così duri
nei suoi riguardi, si ricordò che una settimana prima delle
sue dimissioni, gli era stato presentato in Comune dall'ex
sindaco Vitale Artese, senza il consenso del quale non si
muoveva foglia, un noto proprietario terriero della marina,
un forestiero, il quale, dopo che Artese si era allontanato,
gli aveva sottoposto in esame in via informale un progetto
mascroscopico sul'arenile.
Egli, con la sua esperienza ultraquinquennale come Assessore
all’Urbanistica nella precedente amministrazione, esaminò
con un colpo d’occhio quei disegni e gli rispose : “‘'
Nzi
po fa!” (non è approvabile).
Quel progetto erano LE NEREIDI.
Bisogna premettere, ad onor di cronaca, che intorno al '64,
Il Consiglio Comunale, aveva approvato su quell’area ancora
deserta, dove poi sorsero LE NEREIDI, un progetto che
prevedeva un villaggio turistico o qualcosa di molto simile,
con costruzioni molto basse, senza alcun impatto ambientale,
che però non era stato realizzato, e che era tutt'altra cosa
rispetto a quel macroscopico centro residenziale che ora gli
era stato proposto.
Tornando alle sue dimissioni, il dubbio che quella sfuriata
in sezione potesse essere conseguenza di quell'incontro, lo
sfiorò più di una volta, ma riservato e schivo com’era, non
poteva esporlo ai quattro venti, in quanto era solo un'
ipotesi. In fondo quella sera glie ne avevano detto di tutti
i colori, ma nessuno aveva fatto menzione a quel progetto,
anche perchè nessuno, all’infuori di lui e di Artese, erano
a conoscenza di quell’incontro.
Ci aveva azzeccato in pieno, ma ci voleva in quei giorni
proprio la
zànghere p'azzeccárele (la zingara per
indovinarlo).
Che questo fu il motivo principale che causò le dimissioni
del Sindaco Sparvieri, me lo confermò lo stesso Vitale
Artese, quando, cinque sei anni più tardi, rieletto Sindaco
nel 1977, mi chiese, di far da tramite per riallacciare i
rapporti con mio padre, deterioratissimi, il quale
naturalmente rispose NO. Alle mie insistenze di appurarne i
motivi, Artese, dopo molte titubanze, messo alle strette,
alla fine ammise: “Sì è vero! Tuo padre era troppo rigido e
quindi non avremmo avuto lo sviluppo che vi è stato a San
Salvo Marina”.
A nulla valsero, qualche anno dopo, le scuse di molti suoi
ex amici di partito, compreso Felice
de Bionde (figlio
di Biondo Tomeo), all’epoca giovane segretario emergente
della D.C., che insieme all'amico comune Fernando
Cucciàtte
(Malatesta), venne a casa ammettendo di essersi
comportato male quella sera nei suoi riguardi: mio padre lo
perdonò, ma non dimenticò mai quell'azione, che lo segnò
profondamente per tutta la vita, sopratutto per il modo in
cui era avvenuta, non rimettendo mai più piede dentro la
sezione della D.C., lui, che sin dalla gioventù, ne era
stato assiduo attivista, insieme ai suoi coetanei
dell'Azione Cattolica, sotto la guida di Don Cirillo
Piovesan . "Casa Savoia conosce la via dell'esilio, ma non
quella del disonore", soleva ripetermi.
Ciò che più lo amareggiava era il fatto che egli non aveva
mai avuto alcuna intenzione di fare il Sindaco e che era
stato lo stesso Artese a convincerlo a farlo, dicendogli: "
Ma chi meglio di te può farlo, avendo come maestro
elementare", almeno a quei tempi, "tutto il pomeriggio
libero?".
E mo!!!
Ma cosa stava accadendo di così grave a tal punto che il
Sindaco Sparvieri nel 1972 aveva subito detto NO a quel
macroscopico progetto?
Era successo che nel 1967 era stata emanata la cosiddetta
“legge ponte”, che sostituiva una vecchissima legge del
1942, fatta da Mussolini, che era stata la prima in materia
edilizia in Italia.
Questa nuova legge era stata emanata perchè con il boom
economico degli anni '60 si stava registrando in Italia una
crescita urbanistica disordinata, sopratutto nelle grandi
città e lungo le coste. Lo stato, al fine di arginare questo
fenomeno crescente di confusione urbanistica e porre dei
paletti alle costruzioni selvagge, aveva emanato questa
benedetta “legge ponte”, così chiamata perchè doveva fungere
proprio da ponte tra la vecchia legge di Mussolini ed una
nuova era di sviluppo urbanistico. Per questo motivo aveva
imposto a molti Comuni italiani, sprovvisti di strumento
urbanistico, tra cui anche San Salvo, di dotarsi di uno
strumento attuativo, in pratica di un Piano Regolatore
Generale o in alternativa di un Programma di Fabbricazione.
Sempre questa benedetta legge ponte, aveva dato un anno di
tempo e di transizione ai Comuni italiani per adeguarsi alle
nuove direttive, sortendo di fatto un effetto opposto a ciò
che la medesima norma si prefiggeva. Infatti molti
costruttori, per timore che le cose si mettessero male e
restassero buggerati dalle nuove norme, si erano dati un
gran da fare in quell'anno in Italia per farsi approvare in
fretta i progetti, tant’è che la stessa San Salvo Marina,
agli albori dello sviluppo urbanistico, non ne era stata
esente, con la costruzione dei primi palazzoni al di là del
lungomare.
Dopo la sua entrata in vigore, in attesa che l’ing. Mario
Pasquini, docente ortonese che insegnava al neonato Istituto
Professionale, incaricato dal Comune, redigesse per la prima
volta uno strumento urbanistico, vi era stato in municipio
nu
ccidáje (una moria - dinieghi) di progetti e persino
revoche di licenze edilizie, decadute per mancato inizio
lavori in tempi utili e quindi non prorogabili.
Mi raccontava sorridendo mio padre che l'ing. Pasquini, fece
tre quattro bozze di disegni di un Piano di Fabbricazione,
che sottoposte ad una specie di commissione, ogni volta
trovava il solito qualcuno che
j pejeve nu ppéccie (prendeva
un pretesto, nel senso che non andava bene). Ed un giorno
Pasquini, in dialetto ortonese, sbottò: "
Ma zi po' sape'
gna' cazze l'aja fa stu Piane! Tire la cuperte de qua e ze
smánte le pite de don Pasqualine, le tire de là e ze
smánte li cosse a donna Rusine!" (Ma si può sapere
come devo redarre questo cacchio di Piano! Tiro la copertà
da un lato e restano scoperti i piedi (i terreni) di Don
Pasqualino, la tiro di là e restano fuori le gambe di Donna
Rosina), naturalmente i nomi adoperati sono fittizi
omettendo per la privacy di citare i nomi reali.
Interessi personali a parte, che esistono da che mondo e
mondo ed in ogni latitudine, in attesa che Pasquini trovasse
la quadra che andasse bene per tutta la squadra, vi era
comunque da fare i conti con questa nuova legge urbanistica,
che nei primi anni era stata come una fisarmonica, nel senso
che il mantice si tirava e si stringeva a seconda delle
pieghe che le norme consentivano, ma ora bisognava stare con
gli occhi ben aperti e non commettere errori per non
incorrere nelle maglie della magistratura.
Fu così che il Sindaco Sparvieri, dopo l'adozione del piano
di Pasquini, che di fatto non venne mai approvato dalla
Regione , ed in attesa dei conseguenziali piani esecutivi,
specie alla marina (il piano successivamente venne ritirato
dallo stesso Comune e quindi mai vigente), per timore di
commettere illeciti ammnistrativi, aveva serrato il mantice
e rilasciava licenze con il contagocce.
Questo fatto, in una San Salvo in crescente sviluppo
demografico, mandò su tutte le furie Artese, che faceva la
spola tra San Salvo e Chieti, essendo divenuto onnipotente e
onnipresente dirigente del partito, il quale aveva una
visione diversa dello sviluppo urbanistico sopratutto della
marina, tutto il contrario di Sparvieri, che come mi disse
tempo addietro Virgilio Cilli, molto vicino ad Artese,
avrebbe preferito un’edificazione meno invasiva, con
fabbricati con altezze minori, a scalare verso il mare.
Aveva ragione l’uno o l’altro.
Oggi, con il senno di poi, si potrebbero obiettare tante
cose sia sull'operato dell'uno che su quello dell'altro, ma
bisogna considerare, per un giudizio completo, anche altri
fattori che influirono su quelle scelte politiche.
Probabilmente Sparvieri, che si considerava solo un
amministratore, non sbagliava a desiderare un'edificazione
più bassa, ma non sbagliava neppure Artese, che invece era
un politico navigato, sopratutto in considerazione dei tempi
che correvano.
Il riferimento, un po’ per tutti in quel periodo era
Pescara, che era diventata sempre più una città moderna ed
all’avanguardia, con palazzoni che crescevano come funghi.
Il suo lungomare era una fila di palazzi condominiali quasi
a ridosso del mare. Se aggiungiamo che proprio in quel
periodo Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, con
l’espansione edilizia lungo la costa, si stava congiungendo
a Pescara, ecco che il ragionamento di Artese, quadrava alla
perfezione.
In fondo a quell'epoca quei palazzoni si usavano, piacevano,
erano costruiti con materiali mai visti prima, stava
nascendo la vita di condominio, le prime assemblee
condominiali, la cui partecipazione per molti era sinonimo
di proprietà e di ostentazione di benessere, e sopratutto
quegli appartamenti la gente li acquistava.
La marina di San Salvo invece non esisteva, erano ancora
quasi due chilometri di arenile selvaggio ed era giunto il
momento di dare un impulso vero alla sua crescita.
Fatto sta,
ca' pe' lu core de Sante Vetecchie
annécchivvue (modo di dire quando qualcuno perdeva
la pazienza), il Sindaco Sparvieri non voleva proprio
arradè'
(gradire), e quindi non andava più bene a
Lilline
Scapeccete (così era chiamato in gioventu Vitale
Artese, forse per il suo modo di portare i capelli a
spazzola) ed a tutta la DC che era Artese, e dopo quella
serataccia, in cui ci rimase molto male,
lu maiastre
Averiste (il maestro Evaristo) se ne tornò per sempre
a fare il maestro elementare, con l'unica soddisfazione, da
uomo di scuola che era, di aver fatto in tempo a portare,
con non poche difficoltà per diversi punti di vista dello
stesso Artese, il primo istituto superiore a San Salvo, la
Scuola Commerciale, che secondo lui avrebbe consentito a
molte ragazze sansalvesi di diplomarsi in loco, essendo
molti genitori dell'epoca ancora restii a mandare le figlie
femmine a studiare a Vasto.
Gli succese come Sindaco Renaldo Altieri, assessore,
appartenente
a chelle de li scirnése (originari di
Scerni), suo amico nonché collega (era stato proprio mio
padre a volerlo in lista alle elezioni), che fu l’unico ad
adoperarsi in qualche modo per tentare di ricucire lo
strappo. Ricordo che in quei giorni d’estate venne a casa a
parlare con mio padre chiedendogli di ritirare le
dimissioni, ma quest'ultimo fu irremovibile, intuendo dal
comportamento di tutta la giunta municipale e dei
consiglieri di maggioranza, fatta eccezione naturalmente di
Altieri che si era esposto in prima persona, che mai e poi
mai gli altri si sarebbero messi contro ad Artese, che era
lu
capaddózie (il leader maximo) e che quindi il
suo destino di Sindaco era segnato.
Toccò proprio a Renaldo cercare di soddisfare le esigenze di
una crescente popolazione che in quel periodo era
abbisognevole sopratutto di case.
Renaldo, si trovò a fare il Sindaco in una situazione
urbanistica, come gia descritta, molto, ma molto complessa e
particolare. Era arrivata anche la Magneti Marelli e San
Salvo, da piccolo paese rurale, si trovava nel pieno di quel
processo di trasformazione che lo condurrà sino ai nostri
giorni. Vi era una necessità assoluta di abitazioni,
sopratutto per gli operai che affluivano in massa a lavorare
nelle industrie ed in un paese, qual'era ancora all'epoca
San Salvo, ancora privo di un Piano Regolatore (il primo
Programma di Fabbricazione valido sarà del 1975, seguito poi
dal Piano Regolatore Generale del 1980), era davvero
difficile dimenarsi tra confuse legislazioni urbanistiche e
norme di salvaguardia introdotte proprio dalla legge ponte,
che un giorno sembravano consentire l'approvazione di interi
quartieri ed il giorno appresso, per effetto di vuoti
legislativi, bloccavano un lineare svolgimento dell'attività
edilizia.
Dal carattere altruista ed aperto con tutti, Renaldo si
prese la croce (anche perché in gioventù aveva studiato dai
frati) e tentò di fare del proprio meglio per soddisfare
questa nuova esigenza che i tempi imponevano, adoperandosi
in ogni modo per far fronte all' emergenza, cercando di dare
a tutti una mano, com'era nella sua logica cristiana, in
egual misura a poveri e potenti.
Qualcosa però andò storto, ed in particolare alla marina.
Sull’ onda lunga delle indagini della magistratura a
Francavilla al mare, che inaugurò la stagione degli scandali
edilizi in Abruzzo, dopo un po' l’alta marea invase anche il
nostro arenile, che nel frattempo era diventato quasi tutto
di proprietà privata, avendone i possessori affrancato i
terreni, che intorno agli '30 erano stati concessi in
enfiteusi dal Comune ai contadini di San Salvo, che si erano
rivenduti il possesso per due soldi.
Successe un maremoto.
Vennero inquisiti il Sindaco, l’intera amministrazione
comunale (bianchi e rossi), il tecnico comunale e la
commissione edilizia.
"
Ma che ne saccie jeje", disse Fioravante D'Acciaro,
compagno consigliere comunista al giudice quando questi lo
interrogò. "
Je vaje 'ncampagne (io vado in
campagna).
Ti puzze spiegà gna z'arcaccie la
barbabiatele" (posso spiegarti come si coltiva la
terra a barbabietole, che prima dell'avvento dei pescheti fu
per un periodo la grande risorsa agricola dell'intera zona),
aggiungendo "
je' de sse mmasciate ne 'nsaccie niente"
(io di queste cose non sono al corrente). E poi concluse: "'
Nghe
ma' vulàte arcapa' 'ssi reccie!!!" (con me volete
risolvere questa faccenda spinosa - deriv. da riccio).
Per ironia della sorte venne inquisito anche l'ex Sindaco
Sparvieri che si era dimesso da primo cittadino
dimenticandosi però di farlo come consigliere comunale, pur
non avendo mai più partecipato a nessuna seduta del
consiglio. Si affrettò ad andare dal giudice per chiarire la
sua posizione, venendo subito escluso dall'inchiesta,
suscitando le ira di un avvocato difensore del Comune, che
gli disse di aver fatto molto male a prendere autonomamente
quell'iniziativa.
Fatto sta che la poltrona di Sindaco di Alltieri, sotto i
colpi della magistratura, traballò a tal punto che preferì
autosospendersi dalla carica. Gli successe per un anno
Renato Artese, assessore anziano, un'ottima persona, che
inforcando gli occhiali un giorno mi disse: "
Ecchilaui'
che!!!" (Vedi questi occhiali!), "
Aecche a ma sta'
'nghi l'ucchie scacchijte " (in Comune bisogna stare
con gli occhi ben aperti).
Ciò che successe dopo è cronaca giudiziaria e giornalistica.
Decine di palazzi al mare vennero messi sotto inchiesta
dalla Magistratura di Vasto e come se non bastasse, la
Regione Abruzzo, annullò una marea di licenze edilizie già
rilasciate, facendone le spese principalmente le società che
facevano capo a Don Camillo Mammarella di Chieti, che aveva
acquistato i terreni ad una società agricola della famiglia
Scio', che si vide bloccati i lavori oltreché annullate le
licenze dei complessi residenziali quali lo Shangrillà, lo
Zodiaco e l’Aretusa.
Stessa sorte ebbero altre licenze già rilasciate ad altre
imprese, tutte di fuori, come accadde per i quattro palazzi
al mare in Via Caboto costruiti da Giuseppe Martino di
Campobasso, per un'altro palazzo in Via A. Doria realizzato
dai fratelli Scio' (edificio tutt’oggi noto come palazzo di
Forza 3 da cui prese il nome in quanto vi fu un negozio di
abbigliamento aperto negli anni '70 che aveva questo nome),
per altri due eseguiti dall'impresa Cravero e Dolente in Via
Vespucci, dove al primo vi era il vecchio ufficio postale
della marina ed al secondo il Bar Metro 2, e poi per il
palazzo dei F.lli Prezioso a fianco alla chiesa. Vennero
annullate persino le villette a schiera sul lungomare
dirimpetto alla Caravella, che erano state costruite sempre
in quel periodo dai F.lli Prezioso, oltre ad altri palazzi
tra cui quelli realizzati dalla Soc. A.T.I., che faceva capo
all'impresa Molino di Vasto.
Sempre per ironia della sorte si salvaroro LE NEREIDI, che
una volta ultimati vinsero addirittura l'ambito premio
europeo IL MERCURIO D'ORO, la cui immensa grandiosità aveva
probabilmente scatenato le indagini della magistratura.
Il motivo?
Si salvarono proprio perché, come già detto, intorno nel '64
su quell’area era già stato approvato quel progetto
originario di un villaggio turistico, e quindi le nuove
licenze rilasciate, seppure con molti piani in più, altro
non erano che varianti ad autorizzazioni già rilasciate in
precedenza e di conseguenza non sottoposte alle nuove
stringenti norme edilizie.
Per fortuna si salvò anche Rinaldo, a cui i frati gli
avevano insegnato lo spirito di sopportazione, insieme a
tutti gli amministratori comunali, ai componenti della
Commissione Edilizia ed al tecnico del Comune, i quali, dopo
aver subito lunghissimi processi, poterono finalmente tirare
un sospiro di sollievo.
La loro assoluzione, però, non sanò di conseguenza quei
palazzi, le cui licenze rimasero per sempre annullate dalla
Regione.
Iniziò a questo punto la stagione che definirei dello
SCANDALO AL SOLE.
Moltissimi palazzi, non potendo essere ultimati, rimasero
per molte estati al grezzo, con i pilastri e ferri in vista,
sotto un sole cocente, mentre d'inverno dormivano sonni
profondi, come l'intera neonata San Salvo Marina, definita
un ghetto dai suoi stessi abitanti, con palazzi senza fogne
e servizi primari (
pezzevene gne' nu morbe -
d'estate vi era un fetore insopportabile di pozzi neri),
abbondonata, secondo loro, da Dio e dalla politica.
Furono norme del P.R.G. intorno al 1981, quando divenne
Sindaco Armando Tomeo, a consentire il completamento di quei
fabbricati rimasti al grezzo, che in lontananza sembravano
loculi cimiteriali a due passi dal mare. Altri palazzi
invece, quelli già ultimati, vennero sanati dai proprietari
degli appartamenti con il primo condono edilizio nell’anno
1985.
La domanda a questo punto, come diceva Antonio Lubrano su
Rai 3 in "Mi manda Lubrano", sorge spontanea.
Avrà fatto bene o male la D.C. di Artese a volere a tutti i
costi quel tipo di edilizia alla marina?
Tutto dipende dai punti di vista.
Quando vi è di mezzo la politica, ognuno, un po’ per tifo ed
un po’ altre ragioni, tira sempre l’acqua al proprio
partito.
Dal mio modesto punto di vista, con il senno di poi, oggi
dico che probabilmente fece male.
E non lo dico solo io.
Sempre con il senno di poi, mi disse tempo addietro Virgilio
Cilli, amico di Artese: "Abbiamo sbagliato a far venire la
SIV a San Salvo"." E' perché?" gli chiesi, non aspettandomi
da lui, che ne era stato tra i promotori, una siffatta
affermazione. Mi rispose: " Perché se non veniva la SIV oggi
saremmo un "paesottino" di sei settemila abitanti come
Casalbordino e con tutto questo bel mare che abbiamo,
tirandoci un po' più indietro con il lungomare, avremmo
potuto campare di turismo". Poi aggiunse che Artese gli
aveva confidato che anche la FIAT di Termoli doveva venire a
San Salvo e che lui gli disse: "
Ma ti si stupitete!"
(ma sei impazzito), aggiungendo: "
'Nci vede ca' zi séme
argnìuse de cumuneste?" (non vedi che
l'industrializzazione ha portato molti lavoratori di
sinistra, tra cui il futuro Sindaco Arnaldo Mariotti, e che
per la D.C. è controproducente?).
Non so dirvi se la FIAT andò a Termoli per questo motivo, ma
qualcosa l'affermazione di Virgilio sortì nella mente di
Artese, che spessissimo ascoltava i suoi suggerimenti.
Tornando al senno di poi ed al nostro mare, oggi è tutto
opinabile. Anche il lungomare poteva essere realizzato
almento duecento metri più dietro, ma a parte il fatto che
fu la invalicabile ed all'epoca inestricabile pineta della
forestale a determinarne la sua ubicazione (oggi ci sono
rimasti quattro pini), erano i tempi delle rotonde sul mare
e tutti, almeno chi se lo poteva permettere, desideravano
comprarsi l'appartamento con vista mare, possibilmente a due
passi dalla riva.
E per concludere, tornando alla vicenda delle dimissioni del
Sindaco Sparvieri, che era mio padre, dopo trent'anni e
passa fece pace con Artese.
Si incontrarorono all’Agenzia Immobiliare in Via Roma, che
Alfredo Bucciantonio, altro maestro elementare, ultimo
sindaco democristiano sino al 29 dicembre 1993, aveva aperto
dopo essere andato in pensione.
Si abbracciarono.
Quando me lo riferì gli chiesi come mai aveva avuto questo
gesto di affetto nei confronti di una persona con la quale
non aveva voluto più avere a che fare quasi da una vita,
nonostante Artese avesse tentato in ogni modo di ricucire
con lui un vecchissimo rapporto di amicizia iniziato sin
dalla gioventù.
Mi rispose: “Siamo oramai vecchi, e la farsa è finita".
Dopo la morte di Artese, fu proprio lui, mio padre a
promuovere il comitato "Gli amici di Artese" e fu sempre lui
a scrivere quelle parole che sono incise sulla lapide
commemorativa nella casa natale in C.so Garibaldi
dell’onorevole Artese. Gli ha sempre riconosciuto, anche
quando con lui era subentrato il grande freddo, il ruolo di
costruttore della San Salvo moderna.
Dopo qualche anno è andato via anche lui.
Di mio padre,
lu majastre Averiste (il maestro
Evaristo), ho un ricordo giù al mare che mi racconta della
sua storia di Sindaco-amministratore, che preferiva al verbo
comandare quello di amministrare.
Sono quei pilastri con ferri arruginiti a fianco al
lungomare (dove oggi si mettono le giostre), che mi
confermano, ogni qualvolta che ci passo, la sua ostinazione
nel perseguire ciò che era, secondo lui, il rispetto della
legge, senza se e senza ma.
Li lascerei lì, per sempre quei pilastri.
Come un monumento anonimo, senza parole.
A memoria di un ultimo baluardo prima della stagione dello
SCANDALO AL SOLE.
E concludendo con l'On. Artese, così disse un giorno ad
Alfredo Bucciantonio, ultimo sindaco democristiano, dopo
aver incrociato durante la sua carriera politica ben tre
maestri elementari e precisamente Sparvieri, Altieri e lo
stesso Alfredo:"
Mai più... a cummuátte nghe le majestre
de scole" (Mai più ad avere a che fare con i maestri
elementari)".
Detto da un maestro della politica come Lui, vi è da
credere.
NOTA:
Con sentenza del 05.12.88 della Corte di Cassazione,
l'area a ridosso del lungomare, su cui insistono in gran
parte tutt'ora quei pilastri, insieme ad una fascia che
costeggia tutto il lungomare, su cui insistono molti
edifici, sono state riconosciute appartenenti al demanio e
non più di proprietà privata.