EMILIO DEL VILLANO
(Il grande sogno)
“10 Marzo 1959, il grande mio
sogno ... Contentissimo” , così scriveva Emilio Del Villano,
detto Emilie Felicille (Emilio Del Villano), dietro
la foto che ritraeva il suo "barretto" appena costruito
sull’arenile.
Già titolare di un bar vicino al bar Biondo, su Via Roma,
Zio Emilio le aveva provate tutte: gelateria, affittacamere,
rivendita tabacchi. Gli affari, nonostante i tempi di magra,
gli andavano abbastanza bene.
Aveva un grande sogno, però, riposto nel cassetto, un sogno
ricorrente che ossessionava la sua mente sopratutto nelle
notti d'estate: realizzare un piccolo bar al mare, su
quell’arenile, immenso, selvaggio e desolato, dimenticato da
Dio e dagli uomini, su cui nessun sansalvese avrebbe mai
scommesso una lira.
Animato da una forza di volontà incredibile, Zio Emilio
decise di investire quei pochi risparmi che aveva in questo
suo progetto e tra mille difficoltà, dopo aver vagato per le
varie Capitanerie di Porto, finalmente vide avverarsi il suo
sogno: quel “barretto”, costituito da una casetta con un
piccolo portico sul davanti, realizzato in mattoni con le
sue mani, con l'ausilio di suo fratello Andrea (Ndriucce
Filicilli), di Mastre Nicole De Filippis, mastri muratori, e
del suo papà Antonio, divenne realtà.
Con l’entusiasmo alle stelle e la felicità che gli sprizzava
da tutti i pori, lo attrezzò con bancone, sedie e tavolini
ripiegabili in legno, vi mise dentro uno dei primi Juke box,
e ripose tutte le sue speranze nel futuro.
Battezzò la sua creatura con il nome "SIRENA".
Il primo chiosco sull'arenile di San Salvo - Notare sulla
parete la scritta "Sirena" e"le mammuccie artrattìte"
(disegni di bagnanti).
Il richiamo della "Sirena" non si fece attendere. Come
d'incanto, giovani in bicicletta, qualcuno in motocicletta e
qualche altro addirittura a piedi, iniziarono a frequentare
sempre più numerosi quello spicchio di spiaggia, dalla
sabbia d'oro, sperduto tra le dune e "jngie", che pareva
un'oasi nel deserto. (2)
Era nata la prima spiaggia di San Salvo.
La favola di Zio Emilio, la più bella che racconta il nostro
mare, inizia qui, ma come in ogni fiaba, in cui vi è sempre
qualcuno o qualcosa, che sembra impedirne il lieto fine, si
susseguirono, nel corso degli anni, una serie di eventi
negativi che oggi, a distanza di più di cinquant'anni, come
avviene per le grandi storie d'amore, in cui i momenti di
difficoltà rendono ancora più indissolubili e saldi i legami
del cuore, contribuiscono a rendere ancor più avvincente e
straordinario il connubio di Zio Emilio con il suo mare.
Infatti non trascorse tempo che tra il dire ed il fare ci fu
di mezzo proprio il mare.
Si racconta che...
Arrivò l'autunno e poi l'inverno. La "Sirena", rimasta sola
al cospetto del mare, continuò a cantare invano: nessuno
però più udiva il suo richiamo. Le giornate divennero sempre
più corte e le notti sempre più lunghe e così una fredda
notte d’inverno la “Sirena”, in preda alla solitudine,
pianse.
Il suo pianto fu udito dal cielo che disse al vento di
correre subito a vedere. Il vento partì di gran carriera e
per la fretta portò con sé distrattamente nuvoloni neri
dall'orizzonte.
Fu una distrazione fatale.
Il vento nel buio non vide la spiaggia ed impattò sulla
sabbia che volò in cielo. Nel cielo la sabbia accecò le
nuvole nere, che si scontrarono tra di loro.
Si scatenò l'inferno.
Le nubi accecate dalla sabbia lacrimarono pioggia, tuoni e
saette, che colpirono il vento che fuggì veloce, gonfiando
il mare di onde spaventose che oltrepassarono la battigia e
si infransero contro “La Sirena”, che impietrita per la
paura, non resistette alla furia dei marosi e cadde al suolo
morta.
Grande fu la disperazione di Zio Emilio quando la mattina
dopo vide la sua creatura giacere al suolo. Non credette ai
suoi occhi ed imprecò contro la malasorte.
Ma per fortuna, come nella vita sempre accade, dopo la notte
sorge sempre un nuovo giorno, ed il sole, dopo il brusco
risveglio, annunciò con i suoi raggi una nuova alba di
speranza.
Non trascorse tempo, infatti, che Zio Emilio riedificò la
sua casetta sulla sabbia, ancor più bella ed accogliente di
prima, ubicandola lievemente un po’ più distante dalla riva.
Anzi, in preda ad un rinnovato entusiasmo, realizzò dapprima
un battuto di cemento, lato verso Vasto, su cui collocò un
piccolo porticato in legno coperto da cannucce e poi
acquistò un nuovo Jukebox all'ultima moda ed il sole tornò
nuovamente a splendere su quello spicchio di arenile dalla
sabbia d'oro.
Il grande sogno di Zio Emilio continuava, ma una nuova
minaccia, silente, era in agguato.
Come il garbino, vento caldo ed afoso, che soffia al
contrario e che rende il mare una tavola e spinge al largo
pericolosamente, una nuova insidia minacciava di trasportare
in alto mare il sogno di Zio Emilio.
Questa volta tra il dire e fare non vi fu di mezzo il mare,
ma il lungomare.
Si racconta che...
Il Corpo Forestale dello Stato decise di realizzare, agli
inizi degli anni sessanta, una grossa pineta sull’arenile,
come quella tuttora esistente alla Marina di Petacciato.
L’amministrazione comunale del tempo, appurata la notizia,
temendo che la pineta compromettesse la fruibilità futura
del mare, decise di anticipare la Forestale, e così in tutta
fretta, di notte, in gran segreto, fece realizzare una
specie di viottolo, brecciato, in parallelo alla riva, che
partiva da sud continuando verso Vasto, ubicato ad una
distanza di circa duecento metri dalla riva, sperando che
quella stradina, una volta realizzata, divenisse il limite
invalicabile della futura pineta.
E così fu. La Forestale iniziò a piantare i primi pini e
trovato quel viottolo non lo oltrepassò, tra la
soddisfazione degli amministratori e dello stesso Zio
Emilio, che in quella stradina già intravedeva i primi
progressi del suo mare.
Ma purtroppo, come di sovente succede, non sempre il
progresso si coniuga con la speranza di un mondo migliore.
E così Zio Emilio restò quasi di sasso quando seppe che...
proprio quella stradina di soli sassi, realizzata di notte,
in tutta fretta, sarebbe diventata il lungomare e che... con
tanto largo che c’era... il progetto in ampliamento
prevedeva il suo tracciato stradale proprio dove era stata
ricostruita la sua nuova casetta, che quindi… doveva essere
demolita.
Al fine di scongiurarne la demolizione, Zio Emilio si recò a
destra e manca, ma fu come sbattere la testa contro un muro.
Era un rompicapo: da un lato erano stati già piantati i
primi pini, che non si potevano estirpare, dall’altro vi era
la casetta: l'unica soluzione era la sua demolizione e solo
un miracolo avrebbe potuto salvarla.
Allora, Zio Emilio, che era un tipo democratico, si ricordò
di essere anche cristiano e si rivolse a San Vitale e San
Remo (San Silvio non ancora era divenuto santo e martire),
chiedendo loro che gli facessero il miracolo, ma gli venne
risposto picche.
Quando ormai non sapeva più a che santo votarsi, chiese in
extremis il miracolo a San Raffaele, patrono dei giovani,
fidanzati, sposi, oltrechè dei farmacisti, educatori,
viandanti e profughi, pregandolo di intercedere per salvare
il suo matrimonio d'amore con il mare.
E San Raffaele gli fece la grazia.
Sotto le mentite spoglie di Raffaele Molino, il secondo dei
quattro fratelli dell’Impresa Molino di Vasto, che era la
ditta appaltatrice dei lavori, il miracolo si compì.
Dopo un consulto top secret “inter nos sanctos”, tra picche
e picchetti qualcosa si mosse.
Il grande sogno, per grazia ricevuta, ancora una volta
poteva continuare.
Il lungomare in corso di realizzazione. Sulla
carreggiata, ancora brecciata, la FIAT 500 di Emilio
Del Villano.
Ma non trascorse tempo che come si suol dire, tra il dire ed
il fare, ci si mise di nuovo in mezzo il mare.
Un fenomeno naturale, inimmaginabile ed imprevedibile, che
ancora oggi affligge il nostro litorale, iniziò a turbare ed
a rendere insonni le notti di Zio Emilio: l’erosione marina.
Pian piano l’acqua del mare iniziò a rubare metri alla
sabbia, avvicinandosi sempre più minacciosa verso il
lungomare. L'acqua in breve tempo arrivò a pochissimi metri
dalla casetta che durante un'altra forte tempesta, cadde di
nuovo a terra per la seconda volta.
Dove non era arrivata la ruspa era arrivato ancora il mare.
E siccome non c’è due senza tre, dopo qualche anno, sotto la
furia di un'altra tempesta, la casetta cadde per la terza
volta, e siccome non c’è tre senza quattro, quattro senza
cinque, cinque senza sei, sei senza sette... per ben sette
volte il grande sogno di Zio Emilio si infranse contro i
marosi scatenati dalla tempesta.
Fotografia e retro in cui Emilio Del Villano annota: "7
volte a terra chiosco" - 14/8/1961.
A volte madre natura, che ci accoglie tutti nel suo grembo,
pare divertirsi con i sogni e le aspirazioni dei propri
figli.
Per ironia della sorte il mare, il suo mare, in cui Zio
Emilio aveva riposto tutte le sue speranze, aveva tradito i
suoi sogni e le sue aspirazioni.
Zio Emilio in cor suo forse lo sapeva, ma non voleva, non
poteva crederci.
E così, come spesso avviene in amore, in cui si giustifica
il tradimento dando la colpa ad altri, Zio Emilio giustificò
il suo amore e disse: "No! No è il mio mare che mi ha
tradito. La colpa è del vento che ha sospinto le nubi e le
nubi hanno scatenato la tempesta. La colpa è delle tempesta"
Qualsiasi altra persona avrebbe tirato i remi in barca, ma
Zio Emilio non poteva e non voleva rinunciare al suo grande
sogno, al suo matrimonio con il mare, seppure non era stato
tutte rose e viole.
La colpa non era del mare, ma della tempesta. Bisognava
quindi combattere e vincere contro la tempesta
Con questo pensiero ormai assillante, Zio Emilio, ormai uomo
maturo, decise di rinsaldare il suo vincolo d'amore con il
mare e dopo aver vagato nuovamente per le varie Capitanerie
di Porto, riuscì ad ottenere un'altro pezzo di arenile più a
nord, verso Vasto, ove vi realizzò una nuova costruzione con
palafitte, ben salda nella sabbia, solida, inespugnabile,
indistruttibile, a prova d'uragano: LA CARAVELLA.
Fu così, che Zio Emilio, coronò il suo grande sogno.
Aveva bisogno di dimostrare innanzitutto a se stesso che ai
sogni, affinchè si avverino, bisogna crederci, sempre, sino
in fondo e che la vita non ha senso senza la speranza,
l'illusione di un sogno che può divenire realtà.
La favola di Zio Emilio ed il mare finisce qui.
Oggi Zio Emilio, ormai anziano, non gestisce più la sua
Caravella. Da quando non ne è più il titolare, non ha più
rimesso piede dentro quest' ultima sua creatura. Forse sono
troppo forti, anche per un vecchio lupo di mare come Lui, i
ricordi, le gioie, i dolori, le emozioni e le delusioni
avuti dal grande amore della sua vita: IL MARE.
Prima di salutarvi, però, devo rivelarvi un segreto.
La favola che avete ascoltata non l'ho inventata io. E'
stato il mare a raccontarmela, in una notte di plenilunio e
bonaccia, mentre la luna piena, civettuola, si specchiava
sull'acqua incantata, creando una scia luminosa sino
all’infinito.
Nel silenzio interrotto a tratti dallo sciacquio delle onde
sulla battigia, il mare mi ha raccontato di questa sua
incredibile storia d'amore con Emilio Del Villano, e mi ha
confessato che la colpa di quei tradimenti non fu mai sua,
ma della tempesta, confidandomi di avere tanta nostalgia di
quel suo primo amore, perché il primo amore non si scorda
mai.
Grazie Zio Emilio per la bella favola di cui sei stato
protagonista.
Ancora oggi, il nostro mare, parla di Te.
Che personaggio Zio Emilio! Il vero pioniere del mare.
Meriterebbe una medaglia.
29
maggio 2012
IL SOGNO
Il sogno è come l'arcobaleno:
raggi di speranza all'orizzonte.
Il sogno è come il vento:
lambisce il volto e vola via.
Il sogno è come il sorriso:
un attimo fugace di serenità.
Quando un sogno s'avvera
è la felicità.
Fernando Sparvieri
Un doppio arcobaleno e sullo
sfondo lo stabilimento balneare "La Caravella", realizzato
da Emilio Del Villano, dopo che il chiosco a sud, venne
distrutto per l'ennesima volta dalla furia del mare.
NOTE:
- Filicílle è il soprannome di famiglia che
gli deriva dal fatto che aveva un avo di nome Felice
di statura molto bassa.
- Per arrivare dal paese al mare era davvero un'
impresa ardua; si doveva percorrere dapprima la
vecchia strada per la stazione e attraversato il
passaggio a livello (dove oggi vi è il sottopassaggio
ferroviario), arrivati all’incirca all’altezza
dell’attuale S.S. 16, che all’epoca non esisteva,
bisognava poi addentrarsi in una stradina battuta
sulla sabbia, rubata all’incolta vegetazione (stradina
che oggi è diventata Via A. Doria), e dopo circa 1
Km., si arrivava alla casetta di Zio Emilio.
- La realizzazione della pineta, di cui ne esistono
ancora alcune piante, lato sud tra il lungomare C.
Colombo e Viale E. Berlinguer, è il motivo per cui il
lungomare è ubicato quasi ridosso del mare, anche se
all’epoca la riva era molto più distante dalla strada
non essendo ancora iniziato il fenomeno dell'erosione
marina.
- Il miracolo di San
Raffaele, a pensarci oggi, non salvò solo la casetta
di zio Emilio, ma l'intero 1° tratto di lungomare che
con la erosione marina, avvenuta negli anni
successivi, sarebbe stato sicuramente raggiunto dal
mare, come difatti più tardi avvenne, nel lato sud,
nonostante l'apposizione delle scogliere messe in
acqua negli anni settanta per fermarne
l'avanzata,prima che la realizzazione del porto
turistico locale e quello di Montenero di Bisaccia,
modificassero la costa facendo recuperare, sopratutto
all'inizio del lungomare/sud, qualche metro di
spiaggia.
- Il materiale edile per la realizzazione del
chioschetto gli venne trasportato da Mimì (Domenico)
Napolitano con il camion. Essendo tutto arenile e non
esistendo una strada di collegamento sino alla
battigia, se non sabbia battuta, tra dune e
acquitrini, il camion non potè giungere sino al luogo
della costruzione. Arrivati ad un certo punto
dell'arenile fu necessario trasportare con le carriole
il materiale, poggiando sulla sabbia delle tavole da
mutarore, su cui scorrevano le ruote della carriola.
- Per meglio avere un'idea della vastità originaria
dell'arenile sansalvese (2Km di lunghezza x 1Km circa
di larghezza) basta immaginare tutta San Salvo Marina,
senza il lungomare e senza tutte le case e
palazzi che sono stati costruiti sino alla litoranea
S.S. 16, anch'essa realizzata per lunghi tratti sulla
sabbia. In pratica San Salvo Marina è una "città"
sulla sabbia.
ALTRE FOTO
Emilio Del Villano a sin. versa da bere a Gino Sparvieri,
mentre Mastre Nicola De Filippis (muratore), arrangate
a 'na specie de restire (arrampicato su una specie
di impalcatura), esegue lavori di costruzione del chiosco.
Notare la rigogliosa vegetazione alle sue spalle, tutta
sull'arenile, che si estendeva in larghezza per
circa 1 Km, sino all'attuale litoranea S.S. 16,
all'epoca non ancora realizzata. L'arenile sansalvese era
immenso prima della realizzazione di San Salvo Marina ed
aveva una lunghezza di 2 Km e largo circa 1 km.
Il chiosco appena realizzato.
Il primo jukebox di Emilio Del Villano
Il secondo jukebox di Emilio Del Villano
Il chioschetto a ridosso del
mare, a seguito dell'erosione marina.