di Fernando Sparvieri
Eravamo nel 1971 e giù alla marina, qualcosa
'ngrazie a
De' (ringraziando Iddio), cominciava a muoversi.
Era stato finalmente asfaltato il primo tratto del lungomare,
che era rimasto per lunghi anni al grezzo, era stata
realizzata una nuova piazza a sud, non prevista
nell’originario progetto, ed erano stati appaltati anche i
lavori del prolungamento del secondo tratto, sempre del
lungomare, con un nuovo tracciato che iniziava dalla piazza
centrale sino ad arrivare
a lu muare de Náscie,
l'altro mare dei sansalvesi, a confine con Vasto.
Già da qualche anno, inoltre, era stata asfaltata anche Via
Arenile, (attuale Via A. Doria), che non era più quel viottolo
in sabbia battuta sull’arenile, da sempre unico sentiero a sud
per arrivare al mare, e più a nord, a qualche centinaio di
metri di distanza dalla stazione di servizio AGIP di Virgilio
Cilli, sulla S.S. 16, era stata inaugurata anche Via A.
Vespucci, a cui l’amministrazione comunale aveva intestato la
strada, in continuazione con i nomi di altri illustri
navigatori italiani, primo fra tutti C.Colombo, il navigatore
per antonomasia, a cui era stato intitolato il lungomare.
Erano sorti, inoltre, i primi palazzoni alle spalle del
lungomare.
In realtà il primo in assoluto era stato già edificato qualche
anno prima dal riminese Gino Peroni, che lo costruì dal 1965
al 1968, proprio alle spalle dei casotti di Za Vetalene
Toricella (oggi IL CORALLO), di cui era cliente, quando il
lungomare era solo qualcosa in più di una strada brecciata.
Seguirono a ruota l’Hotel Milano, costruito da una società
milanese, i cui lavori si susseguirono all'incirca nello
stesso periodo in cui la SIV, per ospitare i suoi dirigenti,
stava costruendo l'Hotel Cristallo
a la staziaune (in
c.da Stazione) e poi i 5 palazzoni in Via A. Doria realizzati
dai fratelli don Giulio e don Dino Sciò , di cui i primi 3
ubicati sulla destra entrando dalla S.S.16, e gli altri 2,
gemelli, quasi a ridosso del mare, dove oggi vi è il canale di
collegamento del porto verso il mare.
Sempre nello stesso periodo vennero inoltre costruiti anche i
2 palazzi alle spalle del barretto di Zio Emilio, ad opera
dell'Impresa F.lli Colecchia di Palata (dove oggi vi è il Beat
Cafè), e dulcis in fundo, perchè realizzati per ultimi ed in
fondo, all'inizio di Via A. Vespucci, altri 6 palazzi (in
progetto ne erano otto), costruiti dall'impresa Cravero e
Dolente, di Termoli, dove qualche anno più tardi il
capracottese Natalino Sozio, aprirà il primo ristorante vero
della marina, che chiamerà LA POPPA, a significare che era
ubicata come alla poppa di una nave, la cui prua era il mare
La tipologia di questi palazzoni iniziò a conferire al nostro
arenile un primo aspetto di modernità, che ci rendevano haimè
… orgogliosi.
Erano i tempi in cui Ruggero Orlando, inviato RAI negli Stati
Uniti, in collegamento satellitare, spesso in differita da New
York (non c'erano ancora i satelliti moderni come oggi),
mostrava, mentre parlava nei primi televisori in bianco e
nero, i grattacieli di New York, tra cui spiccava ogni sera il
il palazzo di vetro dell'ONU. Vederne adesso, ad un respiro
dal mare, qualcuno che somigliasse, anche se in forma ridotta,
a quei grattacieli americani, ci infondeva un senso di
grandeur, a cui la stessa vicina Vasto non seppe resistere,
con la realizzazione
de lu Grattacile (del Grattacielo
Paradiso), costruito negli anni '60.
Via A. Doria, appena asfaltata, con in primo piano i tre
palazzi realizzati da Don Giulio e Don Dino Scio' - Sullo
sfondo uno dei due palazzi gemelli, facenti parte sempre
della stessa progettazione.
Il chioschetto di Zio Emilio Del Villano con i due
palazzi, sullo sfondo, realizzati dall'Impresa F.lli
Colecchia di Palata.
Alla spiaggia, invece, era più o meno sempre la stessa
canzàune (canzone).
Nonostante zio Emilio, ad ogni inizio stagione, aggiungesse
qualche disco nuovo al suo jukebox, consigliatogli da qualcuno
che faceva l'esperto musicale per averlo sentito alla radio
alla Hit parade di Lelio Luttazzi, al Cantagiro o al Disco per
l’estate, le giornate al mare trascorrevano lente e monotone,
sotto un sole asfissiante, che verso mezzogiorno, rinfrangendo
i suoi raggi sulla sabbia dorata,
cuciàve le pìte
(scottava sotto le palme dei piedi).
Nel pomeriggio, i giovani, sparsi qua e là sulla spiaggia,
cercavano refrigerio all'ombra del muretto del lungomare, come
messicani all'ora della siesta, ognuno con il suo fagottino di
panni e scarpe a fianco, che tenevano sempre sott'occhio per
paura che qualche bontempone, per scherzo o per davvero, lo
nascondesse facendolo tornare a casa nudo.
Persino l’asciugamano per la gran parte dei giovani era una
specie di optional. Si asciugavano al sole o arrotolandosi
nella sabbia facendosi
gnè miscaréte (come maschere di
carnevale), riportando a casa, spesso e volentieri, numerosi
granelli di sabbia che restavano dentro i costumi, che
qualcuno indossava addirittura per giorni e giorni,
trasformandolo in mutanda estiva.
Vi era all'epoca un solo bagnino, anzi due. Il primo era
Ergilio Monaco, da qualche anno arrivato da Arielli perchè suo
padre lavorara alla SIV, il quale dopo essersi preso il
patentino da bagnino alle Naiadi di Pescara, prestava
assistenza per conto di tutti quei pochi stabilimenti balneari
esistenti e l'altro era un carabiniere che faceva il bagnino
della colonia. Un giorno successe che il primo bagnino dovette
salvare il secondo, il carabiniere, che si tuffò dal suo
moscone di salvataggio per hobby e scoprì di non saper
nuotare.
Barzelletta vera a parte, in una situazione della nostra
spiaggia, che come dicevo prima era più o meno sempre la
stessa
canzàune (canzone) finalmente un bel giorno,
ecco arrivare qualcuno deciso a cambiar musica.
“E chi è?” (e chi sarà mai), chiesi incuriosito ad un
gruppetto di ragazzi, quando in lontananza, sull'arenile, nel
secondo tratto del lungomare ancora in costruzione, vidi un
gruppo di persone che stava montando sull'arenile ‘na specie
di casciarmoniche.
“
E’ Valentine, lu frabbicatàure” (E' Valentino, il
muratore), mi rispose qualcuno tra i presenti.
“
E ca da’ fa?” (E cosa deve fare), gli chiesi di nuovo
incuriosito.
“
Muà... dece ca a da' fà nu Te’ danzante”, (dice che
deve fare un The Danzante, all’epoca così in molti chiamavano
una sala ballo), mi rispose.
“
Nu Te’ danzante!!!”, esclamai stupefatto.
Mi avvicinai sempre più incuriosito.
Si era proprio lui
Valentine lu frabbicatàure
(Valentino il muratore),
ch’ avè frabbicate pìure la casa
ma’ (che aveva da poco costruito anche casa mia), tutto
indaffarato insieme ad altri a montare una struttura in ferro,
a tre passi dal lungomare.
“
Ue’!! Valenti’ ma chi sti a cumbune’!, gli chiesi.
“
Fernà aja fa’ na cosa frégne” (Fernando devo fare una
cosa eccezionale), mi rispose in fretta e furia nel suo
dialetto tufillese, mentre continuava a darsi da fare.
“
Ma è ‘na sale da balle?”, gli domandai di nuovo per
capire se ciò che mi avevano detto corrispondesse a verità.
“
Sci! Fernà! Z’abballe pure” (Si Fernando! Si balla
pure), mi rispose mentre era tutto affaccendato.
Ma ci faccie pure lu bar pe’ che ve’ a lu mare. ‘Na cosa
frégne pe' stu paese” (Ma ci faccio anche un bar per i
bagnanti), aggiunse subito dopo.
“Come?”, gli chiesi di nuovo quasi a volermi sincerare di aver
capito bene.
“
’Na cosa frégne pe stu paese!!!”, concluse
sorridente mentre si allontanava.
E Valentino,
‘na cose frégne per questo paese la fece
davvero.
Realizzò il primo Dancing bar sulla nostra spiaggia, una
novità inimmaginabile sino ad un attimo prima, una struttura
sorretta da pali in ferro con la copertura in lastre di
metallo, che somigliava molto da vicino a la Ciucculella di
Vasto Marina, che forse gli ispirò il modello.
La differenza tra le due strutture era che la Ciucculella,
aveva più una forma di ‘
na scàgne di ciocchele (come un
guscio di conchiglia), con la parte ampia e larga che si
proiettava verso il mare, mentre quella di Valentino,
somigliava più
a ‘na bella casciarmoniche (una bella
cassa armonica), anzi a nu
casciarmunacàune (grande
cassa armonica), avendo altezza regolare, con perimetro e
copertura ottagonale.
La struttura era chiusa letteralmente da saracinesche che
venivano abbassate la notte e riaperte al mattino. Per non
rendere visibile l’interno, una volta alzate le saracinesche,
vi aveva messo
de le cannézze (canne sottili) a mezza
altezza, che ne delimitavano l'intero perimetro.
Fu una vera novità per la nostra spiaggia e subito venne preso
d’assalto dalla gioventù e dai bagnanti.
Anni '70 - Il Dancing Bar Valentino
Per onor di cronaca il Dancing Bar di Valentino, anche se fu
il primo in assoluto ad essere realizzato sulla spiaggia, non
può essere tuttavia considerato la prima sala da ballo della
nascente San Salvo Marina.
Qualche anno prima, infatti, un ortonese, il cui nome era
Derna D’Intino, aveva aperto al primo palazzo costruito dai
fratelli don Giulo e don Dino Scio’, in Via A. Doria, il Bar
Lucy, chiamandolo con il nome della sua primogenita Lucia.
D’estate, ma anche d'inverno all'interno del locale, il sig.
D’Intino,
mettàve balle (organizzava serate danzanti)
nel piazzale laterale al bar, anch'esso tutto recintato con
cannezze,
nel quale aveva realizzato, in fondo, a ridosso della S.S. 16,
anche un palchetto per un complessino, dietro il quale, a
pochi metri, si sentivano i rombanti motori delle automobili e
degli autotreni, che si univano al suono delle chitarre
elettriche.
Su quel palchetto, quasi tutte le sere salivo anch’io insieme
ai miei amici Ivo Balduzzi, Rino Di Cola e Michele De
Filippis. Il complessino beat si chiamava FIRM 70 ed erano le
iniziali dei nostri nomi: Fernando, Ivo, Rino e Michele,
mentre il numero 70 erano gli anni di tutti e quattro messi
assieme ed anche l'anno di fondazione. Ricordo che io, salame,
suonavo con la mia chitarra "Maria Elena", imitando
Los
indios tabajaras, mentre le coppie, che venivano tutte
da fuori, ballavano
lu lénde (lo slow), con le
orecchie che spesso
j fucujévene (con le orecchie
arrossate) e non solo per il caldo, che già di per sé faceva,
ma perchè ballavano
abbraccichìti (abbracciati), ma
talmente
abbraccichìti, che detto
adderétte
adderétte (senza mezzi termini), ci mancava poco a
‘ngacchiáráreze
(modo di dire diventare un tutt’uno, riferito a cani durante
l' atto sessuale).
La sera del 21 giugno 1970, finale dei Campionati Mondiali a
Città del Messico tra Italia e Brasile, fu un fiasco totale.
Il risultato finale fu un sonoro 4 a 1 a favore del Brasile,
ed ebbi
mazzate e corne, nel senso che tutt'oggi
rimpiango di non aver potuto vedere in TV quella partita.
I Facili, nome scelto da Osvaldo Menna, prima che il
gruppo restasse in quattro e si chiamasse FIRM 70. Da sin.
Ivo Balduzzi, Osvaldo Menna, Michele De FIlippis, Rino Di
Cola e Fernando Sparvieri.
Ma tornando al nostro Valentino, la sua idea si rivelò giusta.
Chiamò la sua creatura DANCING BAR VALENTINO, aggiungendoci
alla fine anche il suo nome, azzeccandoci in pieno.
In fondo il suo nome , cioè Valentino, era uguale a quello di
San Valentino, che proprio in quegli anni, con il consumismo
alle porte, stava passando agli onori della cronaca ed un po’
meno a quello degli altari, per essere il protettore degli
innamorati. Se a questo aggiungiamo che anche il rampante
stilista Valentino, proprio in quegli anni si stava facendo
una fama mondiale come creatore di abiti di moda, ecco che il
suo nome ci cascava
pruprie a fasciole (proprio a
fagiolo), per il suo Dancing Bar.
Ma come gli era venuto in mente, a lui, che tra l’altro era
nu
muntagnóle (un montanaro), essendo nato a Tufillo (così
chiamavamo gli abitanti dell’entroterra noi sansalvesi, a
partire dai Lentellesi), di mettersi a fare tutto d’un tratto
il balneatore?
La sua storia, in sintesi, è più o meno questa.
Valentine (al secolo Valentino Ottaviano), sin da
ragazzo era stato muratore, così come suo padre Nicola.
Emigrato giovanissimo a diciotto anni in Germania e poi in
Francia, al suo ritorno, invece di inseguire un posto fisso
alla S.I.V., così come avevano scelto di fare numerosi suoi
coetanei rimpatriati in quel periodo, continuò a fare il
muratore, trasferendosi a San Salvo, che con
l'industrializzazione, stava iniziando una prima espansione
edilizia.
Faciàve lu mastre (Era mastro muratore).
Ma ere
toste però! (Era durissima).
Lo ricordo, ancora giovanissimo, eravamo intorno al 1969,
quando costruì
la casa ma' (casa mia) in Via dello
Stadio insieme a suo padre Nicola e suo fratello Mario. Le
attrezzature all’epoca non erano ancora il massimo per quel
lavoro, che era davvero massacrante. Tanto per rendere l’idea
li callarélle (le cardeline) le portavano ancora a
méne
le mannébbele (a mano i manovali) e tutto era basato
ancora sulla forza delle spalle e delle braccia. Ricordo che
un giorno arrivò un camion che scaricò i travetti dell'ALA per
i solai, poggiandoli per terra.
Poverini! Li trasportarono a coppia sulle loro spalle, fino a
farsi scoppiare qualche bolla di sangue, avventurandosi per le
scale ancora allo stato grezzo.
Stessa sorte subirono con i solai della SICAP, una
fabbrichetta di travetti per solai dei tetti, che era sorta
proprio in quegli anni alla Costa Verde, alla marina di
Montenero di Bisaccia, dove io ed i miei amici spesso andavamo
in trasferta a suonare all’Hotel Strand ed ai campeggi
limitrofi, con il nostro gruppetto musicale FIRM 70.
Tornando alla nostra storia e precisamente su come gli venne
in mente, a Valentino, di aprire uno stabilimento balneare,
secondo me tutto gli balenò nella testa mentre lavorava come
muratore a Pescara, frequentando qualche locale da ballo della
costiera.
“Ma come!”, forse pensò Valentino, “Ma è mai possibile che a
San Salvo, ancora a nessuno sia venuto in mente di aprire uno
stabilimento balneare, che di giorno sia bar e di notte
diventi una sala da ballo?”.
“Lo farò io”.
Si recò alla Capitaneria di Porto di Vasto, e dopo qualche
iniziale tentennamento, dovuto soprattutto alle scarse
disponibilità economiche, si avventurò in questa idea,
invogliato dallo stesso comandante della Capitaneria, Capo
Guglielmucci, e dal Sindaco pro-tempore Sparvieri, il quale, a
parte l'amicizia e l'affetto che nutriva per il giovane
Valentino, intravvedeva una prima forma di sviluppo turistico
della nostra spiaggia.
L' idea di Valentino, si trasformò da subito in un successo,
favorito anche dal fatto che agli inizi degli anni '70 ormai
la gente si era motorizzata e non era più un problema, se non
quello di non consumare qualche litro di benzina, per arrivare
la sera al mare.
Naturalmente non era solo un Dancing. Come già scritto, di
giorno funzionava da bar, stabilimento balneare, e la notte,
da mezzanotte in poi,
ze mettàve bballe (si danzava).
Ricordo che la sua ubicazione era a qualche metro dal
lungomare. Per accedervi si scendevano cinque sei
scalàlle
(dei gradini), che conducevano alla quota di arenile e dopo
pochi passi, al buio (essendo il 2° tratto del lungomare
ancora in costruzione), si giungeva alla porta del Dancing,
che aveva sull'uscio una lucetta rossa, che gli conferiva
l’aspetto di un night club.
Entrando, al suo interno, a sinistra vi era il bar con un
moderno bancone dotato di modernissima macchina da caffè
espresso (fu il primo a metterne una seria giù al mare) e
proseguendo un bel palco rialzato su cui suonavano i complessi
musicali. Quasi tutto il resto era pista da ballo, a cui
tutt'intorno Valentino aveva disposto a cerchio decine
tavolini agghindati, nei quali la notte, sedevano le coppie a
lume di candela.
I ballerini? Naturalmente quasi tutti forestieri.
Su quel palco si fecero ulteriormente le ossa il gruppo
locale L.F.C. (Leone, Fratelli & compagni),
costituito, dopo la mia uscita dai FIRM 70, dal già citato
Ivo Balduzzi, che era la “L “, così chiamato perchè Leone
si chiamava suo padre, dai fratelli Vito e Luciano Cilli (
i fratelli), e da Rino Di Cola, Michele De Filippis ed
Ergilio Monaco alla chitarra (i compagni), gruppo musicale
che successivamente mutò il nome in Ambassador, quando
partecipò nel 1978 al Cantagiro, organizzato dal regista
vastese, trapiantato a Roma, Carlo Siena.
Naturalmente l’ingresso al Dancing non era libero: costo del
biglietto 500 lire e l’obbligo di spendere, durante la serata,
almeno una consumazione.
Il giovane Valentino, nonostante, lì dentro, soprattutto nelle
giornate afose di agosto, già facesse un caldo asfissiante,
era un vulcano, sprigionava idee a tutto spiano.
Gli affari gli andavano bene.
Per farsi maggiormente un nome cominciò a scritturare gruppi
musicali di fuori regione (ricordo un gruppo di bravi ragazzi
di Orvieto), a cui dava naturalmente, oltre al pagamento della
prestazione, anche vitto e alloggio, ed un giovanissimo Angelo
Branduardi, che all'epoca stava facendo ancora la gavetta.
L’anno dopo, nel 1972, fece un colpo sensazionale.
Scritturò il gruppo torinese “La strana Società”, che proprio
quell’anno era in testa a tutte le classifiche discografiche
con Pop Corn, un brano strumentale, super gettonatissimo in
tutti i jukebox d’Italia, un vero tormentone.
Ricordo quella sera, come ieri.
I miei vecchi amici della F.L.C, che fecero da spalla al
famoso gruppo torinese, invitarono anche me ad esibirmi con la
mia chitarra. Intorno a quella serata vi è una leggenda
paesana che mi riguarda da vicino e che vorrei sfatare, e cioè
che "La strana Società", sentendomi suonare, mi propose di
entrare a far parte del loro gruppo. In realtà cercavano solo
un chitarrista “bravo” per un' orchestra di loro amici
torinesi.
Tre componenti della F.L.C. sul palchetto del Dancing Bar
Valentino. Notare i manifesti de la Strana Societa,
rimasti attaccati ancora per qualche tempo dopo la loro
esibizione.
Sull’onda del successone per l'esibizione della "Strana
Società", Valentino intuì che quella era la strada giusta
ed iniziò a scritturare nomi sempre più di successo.
Calcarono quel palco I NOMADI con il cantante Augusto Daolio
che cantava ancora Dio è morto, gli HOMO SAPIENS, che proprio
quell'anno (1977) avevano vinto il festival di Sanremo con
“Bella da morire”, Il ROVESCIO DELLA MEDAGLIA, I NUOVI ANGELI,
ed altri grandi artisti di successo e fama nazionale.
Ma come succede sempre più spesso ancora oggi, anche il modo
di fare musica iniziò a lasciare il passo alla tecnologia che
avanzava.
Era iniziata l’era delle discoteche ed i gruppi musicali, che
suonavano dal vivo, incominciarono ad esser surclassati dai
DJ. Tutto era più facile. Niente più spostamenti di strumenti
con i camion. Bastava un buon impianto musicale ed il gioco
era fatto.
Valentino, che era un tradizionalista, almeno agli inizi tentò
di continuare con la musica dal vivo, ma una sera, anche a
seguito di una coincidenza, si adeguò ai nuovi tempi.
Era successo che un gruppo di ragazzi DJ, che avevano preso in
gestione un noto locale dancinge balneare di Vasto, non
adempirono a tutti gli impegni assunti con il proprietario, al
quale a fine stagione gli lasciarono, come rimborso spese,
anche un’impianto sonoro da discoteca, con tanto di mixer,
altoparlanti ecc.
Non sapendo che farsene, il balneatore vastese, ne parlò con
Valentino, il quale si ricomprò tutta l’attrezzatura.
Mancava però il DJ.
Valentino, proprio mentre ne cercava uno all’altezza, se lò
ritrovò in famiglia.
Era Mario, suo fratello minore.
Difatti Mario, che oggi è titolare dello stabilimento balneare
la PLAYA HERMOSA, in attesa dell'arrivo di un DJ ufficiale,
ave’ sfeléte (aveva incominciato lui a farlo lui) e con
ottimi risultati.
Divenne talmente bravo che dopo un po' si iscrisse alla
Associazione Italiana DJ, di cui era presidente Renzo Arbore,
il quale ogni anno, già prima dell’estate, gli mandava in
esclusiva dei dischi, non ancora immessi nel mercato
discografico, che poi sarebbero diventati dei veri tormentoni
estivi.
Ma le serate al Bar Dancing Valentino, non si esaurirono solo
con la formula della discoteca.
Sempre con nuove idee che gli fumavano dal cervello, Valentino
iniziò a cercare aggangi per le manifestazioni a carattere
nazionale, come le selezioni eliminatorie di Miss Italia, che
in più di un'occasione si tennero nel suo dancing.
Bar Dancing Valentino- Serata di selezione di Miss Italia
- Nella foto Valentino è al centro, tra le due signore.
Insomma scrivere tutte le attività artistiche che Valentino si
inventava per attirare clienti al suo Dancing sarebbe cosa
lunghissima, che di per sé diventerebbe storia più lunga
addirittura di questi miei lunghissimi racconti sul mare.
Vi è ancora da dire, tuttavia, che nonostante la sua attività
di balneatore all'avanguardia, non smise mai del tutto il suo
primo mestiere di muratore (
'mbare l'arte è mettele da
parte - impara il mestiere e mettilo da parte, dice un
vecchio proverbio locale), diventando in quegli anni, come
tanti altri muratori di quel periodo, affermato imprenditore
edile.
Molte palazzine residenziali sono state realizzate da lui nel
corso degli anni a San Salvo ed in una di queste, in Via
Montegrappa, vi mise anche la prima discoteca vera di San
Salvo capoluogo, a cui diede il nome “IL DANUBIO BLU”.
Insomma Valentino,
lu muntagnóle, con la tenacia che
contraddistingue i montanari, rivoluzionò in un certo qual
modo la spiaggia di San Salvo e per questo, credo che gli
spetti di diritto, il titolo del primo vero imprenditore
moderno del nostro mare.
Oggi Valentino, ha ormai una certa età e non organizza più
serate danzati, nè tantomeno concorsi per la selezione di Miss
Italia.
Dal 1984, ha demolito la vecchia struttura, a noi giovani di
quegli anni tanto cara, ed ha realizzato, allo stesso posto IL
MIRAGE, lo stabilimento balneare più grande della nostra
spiaggia, con ristorante vista mare e centinaia di ombrelloni
allineati sulla spiaggia.
I tempi cambiano e tutto si trasforma.
C'est la vie , dicono i francesi.
Non so, però, perché, quando passo lì davanti, dove un tempo
c'era il DANCING BAR VALENTINO, è come se udissi ancora in
lontananza, il suono di quella mia vecchia e cara chitarra
elettrica, come se non fossero trascorsi quarantanni e passa
da quella sera in cui LA STRANA SOCIETA’ mi propose di
seguirli a Torino.
Sarà ca m’arsonne li ciéci a fresche (Sarà che risogno
i cieci freschi), gli anni più belli della mia gioventù.
19/8/2016