di Fernando Sparvieri
"Pumbè! Sande Pumbè"
si sentiva imprecare al buio dentro le case dei sansalvesi
quando di sera, magari mentre cenavano, saltava
all'improvviso la corrente elettrica. "
Pussébbele ca a
stu pajàse gna péscie la halléne ze ne va la limue?",
aggiungeva qualcuno per rincarare la dose (trad. Pompeo!
Santo Pompeo! E' mai possibile che a questo paese appena
fa la pipì la gallina debba andarsene la corrente
elettrica?)
Il destinatario di tali frasi, tra la supplica e
l’imprecazione, era Pompeo Marzocchetti, primogenito di
Pietro (
mastre Pitre) e della signora Angiolina
Sparvieri, il quale, essendo dipendente dell'UNES (Unione
Esercizi Elettrici), era un tecnico tuttofare della
compagnia elettrica e per questo era considerato dai
sansalvesi una specie di deus ex-machina dell'elettricità,
cioè "
de la léttreche".
Pompeo, effettivamente, per i tempi che correvano (eravamo
nell'immediato dopoguerra), come si direbbe oggi, stava un
po' avanti. Era un tecnologico. Appassionato di fotografia
sin da ragazzino, si era dotato di una camera oscura in
cui sviluppava le sue fotografie. Successivamente si era
comprato un piccolo proiettore con il quale si divertiva a
proiettare filmini muti agli amici.
Erano i tempi in cui i giovani sansalvesi andavano
a
lu cineme (al cinema) a Vasto, al Politeama Ruzzi,
percorrendo in bicicletta la vecchia e tortuosa SS.16,
ancora brecciata. La gran parte della gente, invece,
sopratutto quella anziana, aveva visto per la prima volta
il cinema in P.zza San Vitale, quando l'Istituto Nazionale
Luce proiettava, di tanto in tanto, i suoi storici
documentari.
Fatto sta che Pompeo, divenuto adulto, decise di unire
l'utile al dilettevole, ficcandosi in testa di aprire un
cinematografo a San Salvo.
Pompeo Marzocchetti, il
secondo seduto da destra. Nella foto in piedi da
sinistra: Antonio Mariotti, ?, Roberto Marzocchetti,
Salvatore Cardarella, Vito Napolitano, Domenico
Cervone, Vitale Pellicciotta. Seduti da sin.: Andrea
Ciavatta, Vito Marinelli,?, Berardo Granata, Pompeo
Marzocchetti, Giuseppe Ciavatta.
Ma dove aprirlo non avendo la possibilità economica di
costruire un cinema vero e proprio, e non esistendo, in
tutta San Salvo, un locale idoneo da affittare per essere
trasformato in una sala cinematografica?
Ad accendergli la lampadina, restando nel campo della
corrente elettrica, forse furono proprio quelle proiezioni
saltuarie in piazza San Vitale dell'Istituto Nazionale
Luce.
"Potrei farlo anch'io in piazza", pensò.
"Ma come renderlo privato?", fu il suo dilemma.
Chiese allora al Comune un pezzo di piazza da recintare,
in cui poter realizzare il suo cinema. La sua richiesta
venne accolta ed il Comune gli concesse uno spicchio di
piazza, ubicato all'angolo tra il palazzo scolastico (ove
oggi vi sono gli uffici comunali della Polizia Municipale)
e la chiesa di San Giuseppe.
Pompeo si mise all'opera e realizzò uno steccato in legno
con pali conficcati al suolo, collegati tra di loro con
assi di tavole. All'interno vi mise delle rustiche
panchine sempre in legno. L'ingresso era costituito da una
porta a due ante, che, quando finiva
lu cìneme (la
proiezione), venivano spalancate per far defluire meglio
il pubblico. Sopra un altro palo in legno (
nu
palangàune" di la léttreche) installò un lampione
per illuminare l’interno del recinto in attesa delle
proiezioni. Come in ogni cinema che si rispetti vi era la
biglietteria, che era una finestrella che dava
all'esterno, mentre la macchina di proiezione (una Prevost
da 35 mm.) , venne posizionata dentro ad un bagno al piano
terra del palazzo scolastico: da lì, l'operatore, che era
suo figlio Pietruccio, proiettava il fascio luminoso su
uno schermo che somigliava più ad un lenzuolo, che era
stato posto all'altezza del vecchio campanile della
chiesa.
L'unica carenza era che mancava la copertura.
Era nato
lu cineme de Pumbè, il primo
cinematografo di San Salvo, una specie di preistorico
"drive-in" (locale cinematografico all'aperto in cui si
assiste alle proiezioni da dentro l'automobile). L'unica
grossa "fregatura" era che all'epoca nessuno aveva
l'automobile e quindi, quando pioveva, gli spettatori
aprivano gli ombrelli.
Il cinema di Pumbe' in un
disegno rievocativo di Tonino Longhi.
Nella foto, sulla destra,
si intravede una parte dello steccato del Cinema di
Pumbe'.
I sansalvesi, seppure attratti inizialmente da quella
innovazione tecnologica, incominciarono timidamente a
frequentare quell'inconsueto locale cinematografico, che
era preso d'assalto invece dai giovani e dai bambini che
si appostavano all'esterno, tra
'na scacchiátàure e
n'andre dello steccato (sbirciavano tra le fessure
delle tavole), litigando tra loro per prendere
la
scacchiatàura migliore, fino a quando non usciva
Pompeo che li faceva scappare. I ragazzi, con la miseria
che c’era in giro, si inventavano di tutto pur di entrare
al cinema.
Udúccie Ciavatta (Guido Ciavatta), mi
raccontò che una sera fregò un uovo dalla dispensa della
madre e mostrandolo a Pompeo gli disse: “
Te puzze da
cuà' ” (ti posso dare questo uovo). Pompeo, che era
anche un buon gustaio, si prese l’uovo e gli disse:
“Entra”. Era sempre meglio di niente.
Con il sopraggiungere dell'inverno e del freddo, Pompeo
chiese ed ottenne dal Comune l'autorizzazione di
trasferire il suo cinema in un corridoio dentro il palazzo
scolastico (al piano seminterrato), sino a quando non
realizzò, qualche anno più tardi, dopo aver acquistato il
terreno a
Cirascìlle (a Don Angelo Cirese), un
cinematografo in muratura, in Via San Giuseppe, a cui
diede il nome ODEON.
Il cinema Odeon - seconda
casa a sinistra con la scritta sulla porta d'ingresso
CINEMA ODEON - Via San Giuseppe.
Data la mancanza di copertura economica, realizzò senza la
copertura anche l'ODEON, che quando pioveva faceva acqua
da tutte parti, sino a quando non costruì, qualche anno
più tardi finalmente il tetto, dando un grosso dispiacere
a
Harebbalde, Garibaldi Sabatini, che vendeva gli
ombrelli, tessuti, e cappelli nel suo negozio all'inizio
di C.so Umberto, quasi dirimpetto
a la Porte de la
Terre (ora vi è la prima vetrina, venendo da C.so
Garibaldi, del negozio di strumenti musicali Anna Modsart
di Annamaria Iannace).
Il cinema divenne in breve tempo l'unico svago vero dei
sansalvesi, che cominciarono sempre più a frequentare la
"sala cinematografica", sopratutto la domenica, quando il
cinema si riempiva anche di coppie di fidanzati,
accompagnati rigorosamente da fratelli o sorelle minori
che avevano il compito, nella speranza dei genitori, di
vigilare.
Famosi restano in quel periodo i bandi di
Zi'
Pauluccie De Lìque (Zio Paolo De Luca), il
banditore, fatti "buttare" da Pompeo per pubblicizzare le
pellicole in proiezione in serata e rimasti impressi nella
memoria dei sansalvesi più anziani.
Lo stesso locale, raramente, fungeva anche da piccolo
teatro, come quella volta che vi fu ospite "La donna
uomo", un'attrazione di un personaggio ibrido,
mezze
fàmmene e
mezze homméne: femmina dalla
cintola in giù e maschio con la barba sino ai capelli.
L'artista (da notizie certe era di sesso femminile) venne
accompagnata durante lo spettacolo dalla estemporanea
orchestrina dei poeti dialettali Antonino Sparvieri,
ottimo mandolinista e violinista, e dalle chitarre dei
suoi inseparabili amici Raffaele Artese, futuro maestro
elementare, a cui viene oggi dedicato il premio letterario
omonimo, e da Dino Artese, estroso chitarrista,
appartenente
a chélle di Don Pitre (alla famiglia
di Don Pietro) che abitava in corso Garibaldi, nei pressi
della Chiesa di SAn Nicola, emigrato prima a Vasto Marina
e poi a Mestre.
Qualche anno più tardi fu Don Cirillo Piovesan, il prete,
ad aprire un altro cinematografo, originariamente
parrocchiale: il Cinema San Vitale, poi divenuto
concorrenziale all'Odeon a tutti gli effetti.
L'aprì nell'angusto seminterrato della casa di
Donn'Andonie lu ràfece (Don Antonio Vicoli,
l'orefice), ubicata nella ripida discesa in 1° vico
Fontana/imbocco Via Savoia, oggi di proprietà degli eredi
di Checchia Vito, dove al primo piano vi abitavano anche
le monache comboniane, le prime venute a San
Salvo, che vestivano di bianco, che causarono, quando
andarano via, il primo dei due famosi scioperi contro
Don Cirillo, accusato di esserne stato il
responsabile.
La palazzina dell'orefice
Don Antonio Vicoli. Il cinema era ubicato al piano
seminterrato scendendo la discesa di 1° Vico Fontana.
Notare l'ampia finestratura al piano 1°, che era
l'alloggio delle monache comboniante.
La rivalità fra i due cinematografi divenne con il tempo
sempre più accesa, tanto da poterci scrivere un libro alla
Guareschi dal titolo Don Cirillo e Pompeo. Pare che Don
Cirillo, dall’alto del suo pulpito, nonostante la rigida
censura dell'epoca, accussasse spesso la concorrenza di
proiettare films la cui visione, per un buon cristiano,
era meglio evitare (il massimo di una scena scabrosa era
un bacio appassionato tra gli interpreti principali
maschile e femminile).
Certamente il cinema in quegli anni ebbe una funzione di
crescita formativa e culturale per i sansalvesi: il grande
schermo divenne una grande finestra sul mondo, sconosciuto
ai più, e per questo affascinante e sbalorditivo. Non a
caso
lu cinéme z'arcuntuáve (si raccontava la
trama del film) ad amici e conoscenti dopo averlo visto e
la stessa pellicola veniva visionata, sopratutto dai
ragazzi, per due tre volte nella stessa giornata, senza
alcun costo aggiuntivo, entrando nel cinema di pomeriggio,
per uscirne la sera.
Fu allora che nacquero nel detto popolare le parole
l'attore
e
l'attrice, pronunciate in dialetto alla francese
senza la "e" finale, che erano rispettivamente i
protagonisti principali maschio e femmina del film, le cui
gesta venivano raccontate ed emulate dai ragazzi che
impararono i loro nomi d'arte, eleg gendoli a loro idoli.
"
Hésse quesse eh! Vo' fa l'attore", divenne un modo
di dire quando qualcuno assumeva atteggiamenti spavaldi e
voleva dimostrare di essere un super uomo, parole entrate
in quel periodo nel vocabolario dialettale con lo stesso
significato di
sbrafánte o di hallejéreze (da
gallo, pavoneggiarsi), termine, quest'ultimo, derivante
dalla società contadina.
Pompeo, intorno alla metà degli anni '50, vendette il suo
cinema che passò di mano in mano a diversi gestori, sino a
quando non venne acquistato nel 1959 da Biondo Tomeo, già
titolare in Via Roma del Bar-Trattoria dell'auto. Per la
cronaca, nel 1968, una notte, il tetto
de lu
cinéme de Bionde, così veniva chiamato, crollò
all'improvviso, subito dopo l'ultima proiezione serale:
tragedia sfiorata. Era come se l'Odeon, nato senza
copertura, non ne volesse proprio sapere di avere un tetto
e sognava i tempi in cui dal suo interno si potevano
ammirare le stelle.
Don Cirillo, invece, che aveva aperto il suo primo cinema,
come già detto, in 1° vico Fontana/imbocco Via Savoia,
realizzò negli anni '50 un locale cinematografico vero e
proprio nel giardino posteriore del palazzo lasciato in
eredità alla Chiesa da Don Camillo Artese, grande medico
antifascista sansalvese, con accesso da un viale che dava
sull'attuale Piazza Giovanni XXIII.
In primo piano, sulla
sinistra, il cartellone pubblicitario posto accanto
all'ingresso del cinema San Vitale e sullo sfondo,
all'angolo del Monumento ai Caduti, quello dell'Odeon.
Il cinematografo di Don Cirillo venne acquistato nel 1961
da Angelo di Biase (
Angiuline Biascille), che può
essere considerato uno dei primi veri imprenditori moderni
locali. Angelo, infatti, rimasto orfano di entrambi i
genitori sin da bambino, alle prime avvisaglie del
progresso, abbandonò il suo giovanile mestiere di
scarpare
(ciabattino), molto diffuso tra i ragazzi dell'epoca,
acquistando dapprima i primi motori agricoli e
successivamente dedicandosi ad altre attività
imprenditoriali, tra cui anche quella di gestore
proprietario del Cineteatro Biagino, nome da egli scelto
in "onore" del suo soprannome "
Biascille" (piccolo
Di Biase), derivazione dialettale del suo cognome.
Entrambi, sia Biondo che Angelo, in forte concorrenza tra
di loro, realizzarono tra la fine del 1960 e gli inizi
degli anni '70, due nuovi modernissimi locali
cinematografici; Biondo lo riedificò sulle rovine del
crollato tetto dell'Odeon in Via San Giuseppe e Angelo Di
Biase su nuova area in VII Vico Umberto I. I due locali,
all'avanguardia, divennero veri fiori all'occhiello tra i
cinematografi di questo lembo di terra d'Abruzzo e Molise,
veri punti di riferimento da parte degli appassionati di
cinema e dello spettacolo dell'intero comprensorio.
L' avvento prima della televisione e la crisi del cinema
alla fine degli anni '80, ne decretarono per sempre le
chiusure dei botteghini e quindi delle attività,
nonostante gli innumerevoli sforzi di entrambi i titolari
di non mollare con musicali e teatrali dell'ATAM
(Associazione Teatrale Abruzzo e Molise). Calcarono quei
palchi i più grandi interpreti del mondo dello spettacolo
canoro, es. Lucio Dalla al Biagino, i maggiori attori del
teatro nazionale e le prime pornostar).
Tornando a Pompeo, il pioniere del cinema sansalvese, dopo
la vendita dell'Odeon continuò a lavorare come tecnico
ENEL, dedicandosi all'altra grande passione della sua
vita: quella del buongustaio.
Adorava la carne di maiale, per la quale nutriva una vera
venerazione.
Si racconta che quando la Barilla negli anni '60, lanciò
dagli schermi televisivi la famosa pubblicità: "Con pasta
Barilla è sempre domenica", Pompeo così replicava dinanzi
al televisore: "
Se ni 'nci métte la carne de pórcie
però è sempre venàrdè!" (se non ci metti la carne di
maiale però è sempre venerdì).
Questo a dimostrazione che nonostante la rivalità
cinematografica con Don Cirillo, Pompeo era un buon
cristiano e rispettava la dottrina cattolica che all'epoca
proibiva di mangiare la carne il venerdì.
Anzi per i sansalvesi era addirittura un santo.
Altrimenti non si spiegherebbe perché al buio lo
supplicassero di far tornare la luce, invocando invece di
Sanda Luciè (Santa Lucia):
"
Pumbè! Sande Pumbè!!!".
Fernando Sparvieri
2 Dicembre 2014
NOTE
- Mastre Pitre (Pietro Marzocchetti) e
sua moglie signora Angiolina Sparvieri furono
coppia molto prolifica che, complice anche la
mancanza di moderne distrazioni serali, preferiva
ingannare il tempo a letto, procreando la bellezza
di 11 figli, di cui uno solo non sopravvissuto.
- Molte cartoline di San Salvo, come ad esempio
quella famosa della Porta della Terra, che
tuttoggi fa il giro del web, vennero realizzate da
Pompeo, commissionategli proprio da suo padre, che
aveva un piccolo emporio all'inizio di C.so
Garibaldi, dove oggi vi è foto Gino. Il figlio
Armando, suo ultimogenito , mi ha raccontato che
in occasione di una ristrutturazione della sua
casa, ha buttato decine di negative di fotografie
sviluppate in camera oscura da suo padre. Un vero
peccato.
- Al Politeama Ruzzi il generale inglese
Montgomery tenne un discorso di congedo il 30
dicembre 1943, dopo la liberazione di Vasto
dall'occupazione tedesca del 5 novembre dello
stesso anno. Tanti aneddoti di Mastro Luigi Di
Iorio, il sarto, citati in questo sito, sono
legati proprio al Politeama Ruzzi.