Mastr'Andonie
lu scarpare
(Ma
ne 'lle fenéte a rraggiuná')
(Fatterelli)
In questi terribili giorni in cui, con il conflitto militare
in atto tra la Russia invaditrice e l'Ucraina invasa, il mondo
teme che da un momento all'altro possa succedere
l'irreparabile, seguendo in diretta i notiziari televisi, che
ora dopo ora ci aggiornano sulle drammatiche vicende belliche
in corso nell'est dell'Europa, spesso mi sono tornate in mente
frasi pronunciate da sansalvesi, dette così tanto per dire,
che dopo averle udite sono diventate per me dei modi di dire,
che uso spesso ripetere in talune circostanti in cui
ci
caschene a pennélle (ci calzano a pennello), nel senso
che rendono perfettamente l'idea.
Una di queste frasi, l'ho sentita dire da
Ntonie lu
scarpare (Antonio Perrucci), il mastro calzolaio che poi
diverrà anni dopo un importante imprenditore della scarpa, con
punti vendita alla moda nella San Salvo dell'era industriale.
La pronunciò negli anni '70 dentro il Bar del Corso, che
Umberto Pollutri aveva aperto al piano terra della sua casa,
ubicata salendo da Corso Garibaldi sulla sinistra, prima
dell'imbocco di Via de Vito.
Mastr'Antonio, già uomo adulto, che dall'età di tre anni si
era trasferito con i genitori da Montazzoli a San Salvo e
quindi parlava, con la sua voce bella e robusta, perfettamente
il dialetto sansalvese, stava giocando a carte insieme ad
alcuni suoi conoscenti nel bar.
Come succede quasi sempre al termine di ogni partita a
tressette, i suoi amici, i perdenti, cominciarono a discutere
tra di loro su errori di gioco, dando vita, senza alzare la
voce, ad accuse reciproche su chi aveva sbagliato nelle
giocate.
Antonio, che aveva vinto, li ascoltava e seguiva la
discussione in silenzio. Mentre il cartaro ridistribuiva le
carte, i due continuavano a rinfacciarsi l'un l'altro
l'errore, e fu allora, che in un attimo di silenzio, udii dire
ad Antonio: "
Ne'lle fenéte a rraggiunà nghe 'sse cocce
ammalite?" (Ma non la finite di ragionare con queste
teste malate?).
Mi è tornata in mente questa frase in questi terribili giorni
di guerra, mentre seguivo in televisione il susseguirsi dei
tragici eventi bellici in Ucraina.
Putin, il presidente russo dava del nazista a Zelens'kyj,
presidente dell'Ucraina; Zelens'kyj rispondeva a Putin
dandogli del dittatore incosciente, definendolo un pericolo
reale per il mondo intero; Biden, il Presidente degli Stati
Uniti, dava del macellaio a Putin, regalando i suoi affilati e
modernissimi coltelli a Zelen'skì, affinche li potesse usare
per scannare Putin; Johnsson, il presidente del Regno Unito,
aveva un diavolo per capello biondo, incazzatissimo contro
Putin, lo voleva fare
a paste di saggiegge (a pasta di
salsicce), inviando anch'egli a Zelen'skì
lu daccialarde
(mannaia da macellaio) ed altri affilati coltelli della sua
antica premiata macelleria britannica; l'Unione Europea, che è
un'unione che non è un'unione, almeno militare, faceva quel
che gli diceva
lu capaddózie (il capo, Biden), pur
temendo di restare con i fornelli spenti, senza il gas di
Putin non solo per la cucina.
Dulcis in fundo ci mancava
Pezzáte, con i suoi
temperini. Chi era
Pezzáte? Per scoprire chi è, se non
avete già letto un mio precedente racconto,
andate
a leggervelo cliccando qui.
E fu allora, che mi ritornò in mente quella frase detta al Bar
del Corso dal saggio amico
'Ntonie lu scarpare:
"
Ue'! Ne'lle fenéte a rraggiunà nghe 'sse cocce ammalìte?"
Intervista a Mastr'Antonio Perrucci