Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri
Ma chi sarebbero li salvanése
I racconti di Fernando
Sparvieri
Un po' di storia locale raccontando personaggi
Pure
Pezzáte
di Fernando Sparvieri
"Pure Pezzáte", così esclamò mio nonno Sebastiano
Napolitano, anziano capo comunista dell'antico politburo
locale, insieme ai compagni Zì' Carmine Chinni e Carlo
Alberto Camicia, quando, ormai anziano, udì in televisione che
l'Italia aveva inviato otto cacciabombardieri Tornado alla 1ª
guerra del Golfo del '90, quella scatenata da Saddam Hussein,
dittatore iracheno, che aveva invaso il Kuwait, per annetterlo
all'Iraq ed impossessarsi dei suoi pozzi di petrolio.
Chi era Pezzáte?
Era un povero disgraziato, un bracciante agricolo tra i più
poveri del paese, comunista anch'egli, a cui era toccato
zappare sempre i terreni degli altri per poter campare.
Mio nonno, con quella sua allegoria, ce l'aveva con l'Italia e
con il suo governo, presieduto da Giulio Andreotti. Voleva
dire che anche il nostro Paese, all'epoca governato dal
pentapartito (DC, PSI, PSDI, PRI e PLI), pur non essendo una
potenza militare, se paragonato ad altri stati che avevano le
armi nucleari, aveva deciso, insieme ad una potente coalizione
mondiale, costituita da ben 35 nazioni, di partecipare alla
guerra contro Saddam Hussein, andando a dar manforte a George
Bush senior, il presidente pro-tempore degli Stati Uniti, ex
ricco petroliere, che non aveva perso tempo ad inviare i suoi
marines in Kuwait, per ricacciare indietro, come fece,
l'esercito iracheno invasore. Per la cronaca, uno di quegli
aerei italiani, non fece quasi in tempo a librarsi in volo,
che venne abbattuto dalla contraerea irachena, alla loro prima
missione.
Mi è tornata in mente in questi giorni, quella similitudine di
mio nonno, che paragonò l'Italia al povero Pezzáte,
perché anche nell'attuale tragico conflitto tra la Russia
invaditrice e l'Ucraina invasa, che tiene il mondo con il
fiato sospeso, la nostra nazione, nonostante la sua dipendenza
energetica ed alimentare al gas ed al grano russo, non si è
tirata indietro nell'applicare, all'unanimità con gli altri
stati Europei, in unità d'intenti con gli Stati Uniti
d'America ed il Regno Unito, le sanzioni contro Putin e gli
oligarchi russi, per fiaccarne l'economia, fornendo anche armi
al governo di Kiev, per sostenere il diritto del popolo
ucraino a difendersi.
Avrà fatto bene o male? E' difficile dirlo. Premettendo che il
governo italiano non poteva sicuramente fare la figura dello scìvule
e cásche, che in dialetto significa non prendere alcuna
decisione in attesa di quella che fa più comodo, ho
l'impressione che l'Italia, che è nella NATO e
nell'Unione Europea, te' pahìure e ne treme (abbia
paura ma non tremi).
Sarà la storia futura, se sarà consentito all'umanità
scriverla ancora, a chiarire se sia stato giusto, per l'Unione
Europea, assecondare in toto quanto voluto dagli Stati Uniti
in primis, oppure se fosse stato meglio non precludersi a
priori canali diplomatici di mediatrice tra le parti, ruolo
intrapreso dalla sola Turchia, in attesa che la Cina si
esprima chiaramente in merito.
Probabilmente, ma è un mio modesto parere, con quest'ultima
posizione, ne avrebbero beneficiato tutti: sia la martoriata
Ucraina, che sta pagando un prezzo altissimo all'invasione
russa ed anche la stessa Russia, che sembra essersi cacciata
in un imbuto in cui è difficile tornare indietro, se non dopo
aver dimostrato al mondo ed a sé stessa di esserne uscita
vincitrice con le armi, pur pagando un prezzo altissimo,
compreso quello di riconquistare la fiducia del mondo, con le
ferite ucraine difficilissime da guarire, anche dopo
un'augurabile pace tra le parti.
Una cosa è certa, la situazione è gravissima.
E tornando a mio nonno, che in vita era in contrapposizione
perenne con mio padre, democristiano, chissà se anche in
questa guerra, avrebbe paragonato l'Italia, ancora una volta a
Pezzáte.
Egli, che aveva conosciuto gli orrori della Grande Guerra,
quella del '15 - '18, come soldato sull'Adamello, che chiamava
i nemici austriaci poveri figli di mamma chiamati a combattere
contro altri poveri figli di mamma, che erano i soldati
italiani; che con la seconda elementare aveva coniato il
termine sorellanza ancor prima di Papa Giovanni Paolo
II, e per questo veniva anche preso in giro dalle persone
istruite del paese; che aveva sognato un mondo più giusto e
migliore inseguendo i sogni di pace e giustizia dietro una
bandiera rossa, chissà cosa avrebbe pensato oggi, nel vedere
la sua ex Unione Sovietica, il suo paradiso del comunismo,
l'ultima barriera contro il capitalismo e l'imperialismo
americano, lacerata da guerre fratricide.
Sebastiano Napolitano
E chissà cosa avrebbe pensato, se fosse ancora in vita, Nikita
Kruscev, il segretario generale del PCUS (Partito Comunista
dell'Unione Sovietica) e primo ministro dell'Urss, nato a
Kalinovka (ex Russia imperiale), città al confine con
l'attuale Ucraina, ma etnicamente e politicamente ucraino,
stato in cui si trasferì da ragazzo con la famiglia rivestendo
la carica di presidente del Consiglio della Repubblica Ucraina
e segretario del Partito Comunista Ucraino, il quale nel 1954
donò la russa Crimea all'Ucraina per celebrare i 300 anni
dell'unione tra i due popoli, tanto non sarebbe politicamente
cambiato nulla. Di lui resta alla storia l'invio nel 1962
delle navi da guerra con missili balistici sovietici da
dispiegare a Cuba di Fidel Castro, in risposta a quelli
statunitensi schierati in Italia,Turchia e Gran Bretagna, in
vicinanza della frontiera con l'URSS. Si temette lo scoppio
della 3ª guerra mondiale. La storia si ripete.
Nikita Kruscev e Jonn
Kennedì (1961)
E chissà cosa avrebbe pensato l'altro illustre defunto, Leonid
Breznev, anch'egli ucraino di Kamenskoe, successore di Kruscev
in tutte le sue cariche politiche ed istituzionali, che il 1°
maggio di ogni anno, assisteva con il colbacco alle parate
militari sovietiche dal lunghissimo balcone sulla piazza
Rossa, dinanzi al Cremlino, quando Mosca era la capitale
dell'Unione Sovietica e prima forza del Patto di Varsavia.
Chissà se oggi bacerebbe in bocca Putin, così come baciò, per
amore del socialismo, Honecker, il presidente della DDR, la
Germania dell'Est socialista, bacio immortalato da uno scatto
fotografico, riprodotto sotto forma di murales anche sul muro
di Berlino.
Leonid Breznev, a sinistra,
e Erich Honecker
E chissà cosa avrebbe scritto oggi Giovannino Guareschi, se
fosse ancora in vita, raccontandoci di Don Camillo e Peppone,
personaggi di un mondo che non c'è più.
Don Camillo e Peppone
Forse avrebbe scritto che il mondo è cambiato, che va sempre
più a la capechìule (al contrario), anche in Italia, in
cui politicamente molti bianchi sembrano essere diventati
rossi e molti rossi bianchi, con la sola eccezione dei
macellai del mondo, che da oriente ad occidente, cambiano il
pelo, ma non il vizio, accusandosi da sempre a vicenda, come
in quel detto popolare che in sansalvese dice: "Lu vóve
dece curnute all'aséne" (il bue dice cornuto all'asino).
Temo, ahimè, con l'aria che tira, che ne vedremo ancora delle
brutte.
7
Aprile 2022
I racconti di Fernando Sparvieri
Indice Gente, usi e costumi del mio paese
Un libro sul web MA CHI SAREBBERO LI SALVANESE
di Fernando Sparvieri
Indice I forestieri a San Salvo
I racconti del mare
I pionieri del mare ed altro
di Fernando Sparvieri Indice Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)