di Fernando Sparvieri
Osvaldo Menna, da un
decennio attuale proprietario e gestore del "Bar il
Quadrilatero", ex "Bar Sport" in piazza San Vitale, non è
nuovo ad esperienze da barista. Anzi si puo affermare che
sebbene abbia fatto più mestieri nel corso della sua vita,
ricoprendo anche cariche istituzionali in Comune ed in
Provincia, ha esperienza più che cinquantennale nel
settore baristico.
Eravamo nei lontani anni '60 ed i suoi genitori
Silvine
(Alessio Menna), originario di Atessa, ed Adele
Angelozzi, che nel ’63, con l’arrivo dei primi operai
della costruenda SIV, avevano aperto in XIV Vico Garibaldi
la “Pensione Menna“, ospitando successivamente anche i
primi lavoratori dell’industria vetraria, aprirono nel
'67, anche un bar, nella stessa casa in cui vi era la
pensione. Ricordo alcuni loro clienti: Giorgio La Rocca,
lu
rumuáne (il romano), il primo costruttore di
palazzine condominiali sansalvesi, i giovanissimi Luciano
Viaggi, geometra, Biagio La Corte, infermiere, l'ing.
Gaetano D'Addario, un mio ex professore di matematica a
Vasto, zio dei F.lli D'Addario che hanno oggi l'industria
delle porchette, insomma tantissimi giovani, che venivano
a San Salvo, ancor piccolo paese, per lavorare alla SIV.
Era un bel bar, moderno, luccicante, a conduzione
familiare quello della "Pensione Menna". A dar manforte
dietro al bancone, c’era anche Osvaldo, il secondogenito
della coppia, che all’epoca aveva 15 anni, e Consiglia,
sua sorella maggiore, ancora signorinella. Ogni tanto,
dietro al bancone, faceva apparizioni fugaci anche Alfonso
Franciotti, il futuro Foto Clic, giovane fidanzato di
Consiglia.
Eravamo amici fraterni io e Osvaldo, mio compagno di
scuola alle elementari ed alle medie. Stavamo sempre
insieme. Avevamo formato in quegli anni anche un piccolo
trio musicale insieme a Michele De Filippis, a cui Osvaldo
aveva dato il nome de “Gli sciacalli”, per cui ogni giorno
ero lì,
a lu bbuar de Osvalde, così lo chiamavamo
noi ragazzi, anche se probabilmente non aveva alcun nome.
Naturalmente anche in quel bar, così come in tutti gli
altri del paese , si giocava a carte e si beveva birra.
All’epoca la birra più conosciuta era la famosa “Peroni”,
che tutti i baristi avevano nei loro bar. A rifornirli era
la ditta Perrozzi di Vasto, che era distributrice zonale
anche della birra “Wührer”, che faceva parte del gruppo
Peroni. Il marchio “Peroni”, però la faceva da padrone.
Dicevano che la Wührer fosse una birra un po’ dolce e
quindi i clienti, preferivano la Peroni, scolandone intere
casse, soprattutto la domenica, in quelle interminabili e
chiassose “passatelle”, di cui ho già scritto in un altro
racconto che
potrete
leggere cliccando qui.
L’unico bar a non averla, per modo di dire, era
lu bar
de Osvalde, che aveva la birra “Forst”, marca
italiana antica e prestigiosa, che haimé all’epoca,
nell’allor ancor piccolo paese, era quasi del tutto
sconosciuta. A rifornirla erano i fratelli Nicola ed
Umberto Pollutri, figli di
Frangìsche (Francesco)
e
‘Nduniàtte de Fusélle (Antonietta Fusilli), i
quali dopo aver chiuso il loro bar del Corso, all'incrocio
di Via de Vito con C.so Garibaldi. avevano aperto, nella
loro casa, una fabbrichetta di bibite, che vendevano
all’ingrosso, insieme alla birra Forst, di cui erano
concessionari in zona. Ma non c’era nulla da fare.
Nonostante i fratelli Pollutri tentassero in tutti i modi
di rifornirne quanti più bar possibili in paese,
incontravano qualche difficoltà. La gente pareva
apprezzarla, ma gira e rigira, alla fine preferiva bere la
birra Peroni, al cui gusto i palati, così come avviene per
il proprio vino , si erano abituati.
Per questo motivo Osvaldo, per cautela, oltre ad avere nel
frigo del bancone una scorta notevole di birra “Forst”,
aveva in minima parte anche bottiglie della Peroni, che
serviva a richiesta di quei clienti che, malauguratamente
per lui e per i fratelli Pollutri, la preferivano.
Ma succedeva spesso che anche quelle poche casse di birra
Peroni che aveva in frigorifero, sopratutto durante le
passatelle, prima o poi finissero ed il giovanissimo
Osvaldo, che ere
nu mortaccése, nel senso che
aveva una marcia in più quando c'era lui dietro al
bancone, escogitò un semplice stratagemma: staccava dalla
bottiglia della birra Peroni l’etichetta adesiva e la
riappicicava in una della Forst. L’operazione era
facilitata dalle goccioline d’acqua che si formavano sulle
bottiglie di birra nel frigorifero, che rendevano molli le
etichette e facilmente rimovibili. C’è da dire che molti
avventori anziani, all’epoca, erano semianalfabeti e
guardavano solo l’etichetta non leggendo che sulla
bottiglia della Forst vi era impressa sul vetro, a piccoli
caratteri rialzati, la marca.
E lì continuavano a scolarsi bottiglie e bottiglie di
birra Forst, felici e contenti di bere la Peroni.
Senonchè strappa ora e ristrappa dopo, appiccica ora e
riappicica dopo, anche le etichette della Peroni
iniziarono inevitabilmente a deteriorarsi ed allora
Osvaldo, anche perché stanco di fare l'attacchino, o
meglio "il tacchino", come disse un illustre sansalvese
parlando in italiano, diceva ai clienti: “
Ue’! La
Perone z’è feniute. Se le vulàte sta la Forst” (La
birra Peroni è finita. Se la volete posso darvi la Forst).
“
Púrte! Púrte!” (Porta pure la Forst), gli
rispondevano.
E poi, dopo che uno di loro aveva riempito sino all’orlo i
bicchieri, pian pianino per non far fare la schiuma, c’era
sempre qualcuno che dopo il primo sorso diceva: ”
La
Forst ne è ca ne è bbóne. E' nu ccuàune amáre” (Non
è che la Forst non è buona. E’ un po’ amara).
31 Agosto 2022
"Gli sciacalli" nome dato
da Osvaldo Menna al nascente gruppetto musicale . Da
sin. Fernando Sparvieri, Michele De Filippis e Osvaldo
Menna. La foto è stata scattata in 14° Vico Garibaldi,
vicino alla casa di Pasquale Scandàlle.
"I Facili", altro nome
scelto in piena epoca beat da Osvaldo Menna al
gruppetto musicale. Da sin. Michele De Filippis,
Osvaldo Menna, Ivo Balduzzi e Rino Di Cola. La foto è
stata scattata al bordo della vecchia
fontana al Monumento ai Caduti.