Tra le persone che hanno
caratterizzato la mia adolescenza, ve n’è una
particolarissima, che forse ricordo più di tutti con affetto,
tanta stima e simpatia.
Si chiamava Antonio Cilli e lo chiamavano
Ntonie
cucciulàune per via del fatto che aveva lievemente la
testa un po’ più grossa del normale.
Era persona linda, pulitissima, nell’animo e nel cuore.
Dicevano che fosse un sempliciotto ed un po' ingenuo lo era,
non per niente era invalido civile, ma era un bravo uomo, con
tanta voglia di apprendere e migliorarsi. Da bambino l'aveva
scampata ad una meningite e questo aveva condizionato un po'
la sua vita. I genitori l'avevano mandato
a lu
mastre a lu scarpáre (ad un mastro calzolaio)
dove
aveva imparato a cucire le scarpe a mano. Era bravissimo,
preciso, in casa aveva tutti i ferri del mestiere, ma non aprì
mai bottega.
Non aveva studiato Antonio. Non so con esattezza se avesse
conseguito la licenza elementare, ma credo di sì. Un giorno si
mise a parlare con me di storia risorgimentale, dei carbonari,
Garibaldi, Mazzini e Giovine Italia, e mi disse che era andato
alla scuola serale dai miei genitori, giovani insegnanti fuori
ruolo, e che erano stati loro ad insegnargli quelle nozioni
storiche. C’è n’erano tanti di ragazzi suoi coetanei che
avevano frequentato quella scuola serale nel dopoguerra,
appositamente istituita dallo Stato per fare loro prendere la
licenza di quinta, non avendo potuto studiare durante la
guerra. Antonio era stato uno di questi.
Ciò che mi stupì, frequentandolo, fu il fatto che ricordava a
memoria tutto ciò che aveva imparato, per filo e per segno. Si
esprimeva , quando non parlava in dialetto, in corretto
italiano, forbito, con una dizione tutta sua, quasi scandendo
le sillabe, con accenti chiusi, senza alcuna inflessione
dialettale, che potesse rivelarne il luogo d'origine. Leggeva
tutto ciò che gli capitasse a tiro.
Un giorno mi disse: “L’Italia è una repubblica democratica
fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la
esercita nei limiti e nelle forme della Costituzione…
stessa”,
usava concludere. Anche questa era una sua reminiscenza
scolastica.
“
Qua’ è lu preme articule de la Costituzione italiana”
(Questo è l'articolo 1 della Costituzione italiana), mi disse
quando terminò di citarmelo. Io, che ero un ragazzo, non lo
avevo mai sentito quell’articolo, non lo conoscevo. A dire il
vero non sapevo bene neppure cosa fosse la Costituzione.
Antonio invece lo sapeva e ne aveva imparati a memoria, da
autodidatta, tanti altri di articoli della Costituzione…
stessa,
come soleva aggiungere lui al primo articolo. Qualcuno in
paese diceva che addirittura li conoscesse tutti. Per questo
motivo i ragazzi, incitandolo a dirne qualcuno, dopo averlo
ascoltato, ridevano e lo prendevano in giro, specialmente
le
mannèbbele de le frabbecatiure (apprendisti muratori),
che a ripensarci bene, oggi, non so sino a che punto fossero
migliori di Antonio, culturalmente e non solo.
Aveva una memoria di ferro Antonio. Era il suo forte. Un
giorno mi cantò una canzone. Aveva saputo che io suonavo la
chitarra e volle farmela ascoltare. Gli piaceva tanto. Il suo
titolo era ”Rosetta e Peppino”. Mi disse: “
Qua’ è lónghe!
E’ sedici parte” (E' una canzone lunga. Costituita da 16
parti). E poi modulando la voce sulla vocale finale, stonando
un po’ con l’intonazione ad ogni inizio strofa, attaccò: “
Ognun
di noi abbiamo un destino-o-o-o, uno studente chiamato
Pepino-o-o-o-, era figlio di un grande dottore-e-e-e- …”
e via cantando, per sedici parti, tutte imparate a memoria.
Era una canzone tragica, di un amore contrastato dalle
famiglie dei due giovani innamorati.
Ed a proposito di amore, era scapolo Antonio e non sono certo
se avesse mai fatto all’amore. Qualcuno, per divertirsi un
po’, gli chiedeva se fosse stato qualche volta con una donna.
Lui rispondeva di sì e poi diceva a conferma: “
La ci... è
nuvandanove grade chiu’ dàggie de lu méle”. Per poi
concludere: “
Sole ca canda fenescie fa ggire’ la cóccie”
(La .... è novantanove gradi più dolce del miele. Solo che
quando finisci fa girare la testa).
Era davvero un simpatico personaggio Antonio. Era un figlio di
quella società contadina che non navigava come tanti nell’oro,
ma non si faceva mancare nulla. Viveva con la sua ottima e
laboriosa famiglia, brava gente, stimata e riverita da tutti
in paese. Terzogenito, era educatissimo e rispettosissimo del
prossimo, anche se il prossimo qualche volta non lo era con
lui. Quando se ne accorgeva si arrabbiava e se ne andava
dicendo: “
Sti disgrazijte, miserébbele e mìule”
(Disgraziati, miserabili e muli).
Aveva sulla fronte più che delle cicatrici, dei segni quasi
invisibili sulla pelle, giallastri. Mi disse che quando era
bambino
ave’ jttate a lu fucheláre le fedeléne (aveva
buttato nel caminetto "
le fedelene") e che erano
scoppiati al contatto con il fuoco bruciandogli la pelle in
modo non evidente, ma se ci si faceva caso si vedevano. “
Le
fidelene” erano esplosivi estratti da un tipo di bomba
bellica, simili alla pasta alimentare chiamata “capellini" (in
dialetto
fedeléne), che dopo la guerra, grazie a
zi’ Dumeneche
Izzarille, che sminava i campi disseminati di
ordigni, i sansalvesi usavano con molta attenzione per
accendere il fuoco.
Un giorno Antonio mi raccontò di una sua disavventura.
Mi disse che un tardo pomeriggio
Nine de Remmecchele (Nino
De Francesco), un aitante macellaio del paese, se lo portò con
lui, insieme a “
Senzafamiglia”, il soprannome di un suo
aiutante in commercio, in una masseria vicino a Petacciato.
Andarono con una FIAT1100.
Lì Nino, che commerciava in cavalli ed altri equini, comprò
‘na
bistie (una bestia), così erano chiamati in dialetto
asini, muli e cavalli. Qualche ora prima dell’imbrunire
ripartirono.
Nino e
Senzafamiglia ritornarono in 1100 e dissero ad
Antonio di riportare a San Salvo
la bistie a péte (l'animale
a piedi).
Mi disse Antonio: “
Z’avè fatte schìure e jé, invece
d’armené a ve’ de Sande Salve, so’ sbajate ve’ e me ne so’
jute a ve’ de Ujunéscie. M’ave’ pérze. Caména caméne, a nu
mumènte aje veste ‘na lìuce a ‘na fenéstre de ‘na massare’.
So’ jute a lóche, so’ tuzzuluáte. Che le disgrazijte, appene
m’hanne vèste m’hanne scagnìte pe nu ladre de bìstie.
M’hanne acchiappìte, m’hanne fitte ‘na sunìte de mázzate,
m’hanne attacchìte vicéne a ‘na róte de nu trajéne e hanne
chiamìte le carabbenìre. M’hanne purtìte a la caserme de
Mundenìre e lu marescialle ha dette ca me mettàve ‘ngalé.
J’aje dette: Nessun cittadino, può essere arbitrariamente
arrestato, né detenuto, né esiliato” (art.9 della
Dichiarazione Universale dei diritti umani).
«
Ue’ pure gli articoli di legge tu conosci?»,
m’ha
dette lu marescialle. Hanne telefunìte a Sande Salve e dóppe
nu páre d’hàure e meniùte Nine de Remmecchéle e m’hanne
arlassìte. Che le disgrazijte, meserébbele e mìule”, concluse.
Traduzione: "Si era fatto buio ed io, invece di tornare a San
Salvo, sbagliai strada e me ne andai verso Guglionesi. Mi
persi. Cammina, cammina, ad un momento vidi una luce ad una
finestra di una masseria. Mi recai lì e bussai. Quei
disgraziati dei padroni, appena mi videro, mi scambiarono per
un ladro di cavalli. Mi saltarono addosso, mi malmenarono, mi
legarono vicino alla ruota di un carro e chiamarono i
carabinieri che mi condussero alla caserma di Montenero di
Bisaccia. Lì il maresciallo mi disse che ero agli arresti. Io
gli risposi: "Signor maresciallo! Nessun cittadino, può essere
arbitrariamente arrestato, né detenuto, nè esiliato". Ed il
maresciallo mi rispose: "Ehi! Conosci pure gli articoli di
legge tu?". Poi telefonarono alla stazione dei carabinieri di
San Salvo e dopo un paio d'ore venne Nino di Remmichele, il
macellaio, e mi rilasciarono".
Eh sì! Antonio conosceva gli articoli della costituzione e non
solo, e si difese, anche se ieri come oggi, serve a poco,
haimé,
conoscerli. Ne sapeva tanti di articoli a memoria
Antonio. Qualcuno diceva che li conoscesse addirittura tutti
quelli della costituzione e per questo lo prendevano in giro.
E’ proprio strana la vita. Spesso succede che si prenda in
giro qualcuno, quando ad essere presi in giro dovrebbe essere
chi prende in giro gli altri.
Lo chiamavano
'Ndónie cucciulàune perché aveva la
testa lievemente più grande del normale.
A ripensarci oggi era davvero
nu cucciulàune
(un uomo colto)
'Ndónie cucciulàune, rispetto a tanti
altri, che avevano la testa più piccola, anzi piccolissima,
senza materia grigia, in quella società analfabeta, in cui
l'ignoranza sfociava spesso nella stupidità.
Antonio era invece una persona buona, rispettosa del prossimo
e piena di voglia di apprendere. L’avrei visto bene in un
convento
a fa lu picozze (a fare il picozzo), un
frate laico che non dice messa. Sarebbe stato il suo posto
ideale.
Visse gli ultimi anni della sua vita in una casa riposo a
Vasto Marina, in una meravigliosa villetta signorile con
giardino, ad un passo dalla Chiesa Stella Maris ed a due dal
mare. Avrei voluto andare a trovarlo quand’era lì, ma non feci
in tempo.
Ogni volta che passo di lì lo ricordo con tanto affetto e
nostalgia.
Grazie Antonio della tua semplice e sana amicizia.
Eri persona semplice e meravigliosa.
Se mi stai leggendo, lassù in Paradiso, ti prego di scusarmi
se qualche volta ho riso anch'io di te insieme
a le
mannébbele de le frabbecatiure e ti confesso una cosa
che non sai: grazie a te un giorno feci un figurone dinanzi ad
una commissione d’esami, quando durante l’interrogazione,
dissi: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul
lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nei
limiti e nelle forme della Costituzione”. Non aggiunsi...
stessa... perché avrebbero scoperto che non era farina del mio
sacco.
Un po’ di merito in quella mia promozione è anche tuo. Grazie.
25 Agosto 2022
Video
''Ndónie a la scóla serale