LE SAGNE AL MULINO
di Evaristo Sparvieri
La sfilata dei cavalli negli
anni '50
Lo sapevi perché a San Salvo si usa ogni anno, durante il mese
di aprile, andare a mangiare le “Sagne” al mulino nel giorno in
cui si porta a macinare il grano destinato alla produzione dei
cosiddetti ”Porcellati” per la festa di San Vitale Martire?
L’origine della tradizione, ormai, si perde nel tempo, ma è
certo che, allorchè i nostri Antenati iniziarono l’usanza, non
vi era in essa, nulla di significativo, o nulla che potesse
avere una particolare importanza.
E’ da sottolineare che il “grano” veniva condotto, per la
molitura, per mezzo di cavalli, al “Mulino Pantanella” ubicato
nei pressi della Stazione Ferroviaria, ad una distanza di circa
cinque chilometri dal centro abitato di San Salvo.
Tale distanza, per quei tempi, in cui non vi erano mezzi celeri
di locomozione, era considerata notevole e, pertanto, si rendeva
difficile, se non addirittura impossibile, per gli addetti ai
lavori, raggiungere le loro case, in tempo utile, per la
consumazione del pasto di mezzogiorno.
Era giocoforza, quindi, provvedere “in loco” a ciò che doveva
servire per il sostentamento nell’intera giornata.
Così nacque l’ormai consuetudine delle “Sagne”, che, in seguito,
portò alla estensione del “piatto di minestra” anche a chi, per
motivi di vario genere, si trovava presente nel posto, o vi si
era recato per assistere alla popolare manifestazione, col fine
di trascorrere una giornata in festosa e lieta compagnia.
E’ da escludere, pertanto, nel modo più categorico, la falsa
credenza che vuole che l’usanza sia scaturita da motivi di
carattere assistenziale in favore della gente povera o comunque
bisognosa.
Per la popolazione di San Salvo, il giorno delle “ Some al
Mulino” ha sempre rappresentato una data di eccezionale
importanza: l’attesa era grande e costituiva il preludio alla
grandiosa e sentita festa del loro amato e glorioso Protettore.
La gente vi prendeva parte affratellata e unita e, pervasa
unicamente dal nobile sentimento dell’amicizia e da una profonda
devozione, caratterizzata da puro misticismo e da sincera
religiosità.
Durante il secondo conflitto mondiale, però, l’usanza subì una
fase di stasi, causata, non solo dalla carenza di grano (che
allora, per legge, doveva essere conferito all’Ammasso di Stato)
ma, principalmente perché non si era predisposti a
festeggiamenti, a causa dei lutti e delle sofferenze che
affliggevano il Paese, e per la continua apprensione destata
dalla lontananza di numerosi giovani e padri di famiglia
chiamati o richiamati alle armi.
Ma l’usanza dei “porcellati” non venne completamente cancellata:
essi, annualmente venivano prodotti in misura molto ridotta, con
la poca farina che si riusciva a racimolare fra la popolazione,
e venivano consegnati in Chiesa (durante la Messa il giorno
della festa del Protettore), non a “taralli” interi, ma ridotti
in piccole parti, data la carenza di essi.
La piena ripresa della manifestazione si ebbe dopo la fine della
guerra, allorchè la vita tornava a sorridere e le attività umane
riprendevano il loro normale svolgimento, nella speranza e nel
desiderio di un domani migliore, pervaso da nobili sentimenti di
fratellanza e di amore fra tutti i popoli della terra.
Ma il tanto amato” Mulino”non c’era più: gli eventi bellici
l’avevano crudelmente cancellato dalla “faccia della terra”, e
di esso non rimanevano altro che un mucchio di macerie
(frammiste a povere cose) ed il ricordo di un passato che, nel
rimpianto, ancor oggi, rende l’animo triste e profondamente
malinconico.
Si dirottò, allora , la tradizione alla volta del cosiddetto
“Mulinello” (pur esso ad acqua) ubicato nei pressi del greto del
“Torrente Treste” nel territorio di Lentella e a breve distanza
dal ponte sul torrente stesso.
E qui continuò per alcuni anni, fino a quando, cessata
l’attività il vecchio” Mulinello”, non si passò (ad anni
alterni) ai due mulini funzionanti nel centro abitato di San
Salvo, ove, tuttora si ripete annualmente la fastosa e
suggestiva cerimonia.
E’ da mettere in evidenza, che la manifestazione odierna, pur
essendo quasi uguale a quelle del passato, ha perduto molto
della sua semplicità, poesia e originalità.
I trattori agricoli, con il loro assordante rombo, al posto dei
silenziosi e pazienti cavalli, portano il pensiero a ritroso, e
fanno rimpiangere, con nostalgico desiderio, i tempi di una vita
semplice e modesta, ma pervasa da alti sentimenti di sicera
amicizia, di bontà e di buona creanza.
Evaristo Sparvieri
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I due mugnai storici
La vera storia delle "Sagne di San Vitale"
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