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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri

Sfogliando pagine ingiallite dal tempo, ho incontrato mio padre.
Fernando Sparvieri

Sopr'a 'na culline tra li fiure
se trove stu paese 'ncantate,
sciabbindette chi ci l'ha piantate
loche chiù belle 'n pute' truvà.
Evaristo Sparvieri





LE SAGNE AL MULINO

di Evaristo Sparvieri


La sfilata dei cavalli negli anni '50

Lo sapevi perché a San Salvo si usa ogni anno, durante il mese di aprile, andare a mangiare le “Sagne” al mulino nel giorno in cui si porta a macinare il grano destinato alla produzione dei cosiddetti ”Porcellati” per la festa di San Vitale Martire?

L’origine della tradizione, ormai, si perde nel tempo, ma è certo che, allorchè i nostri Antenati iniziarono l’usanza, non vi era in essa, nulla di significativo, o nulla che potesse avere una particolare importanza.

E’ da sottolineare che il “grano” veniva condotto, per la molitura, per mezzo di cavalli, al “Mulino Pantanella” ubicato nei pressi della Stazione Ferroviaria, ad una distanza di circa cinque chilometri dal centro abitato di San Salvo.

Tale distanza, per quei tempi, in cui non vi erano mezzi celeri di locomozione, era considerata notevole e, pertanto, si rendeva difficile, se non addirittura impossibile, per gli addetti ai lavori, raggiungere le loro case, in tempo utile, per la consumazione del pasto di mezzogiorno.

Era giocoforza, quindi, provvedere “in loco” a ciò che doveva servire per il sostentamento nell’intera giornata.

Così nacque l’ormai consuetudine delle “Sagne”, che, in seguito, portò alla estensione del “piatto di minestra” anche a chi, per motivi di vario genere, si trovava presente nel posto, o vi si era recato per assistere alla popolare manifestazione, col fine di trascorrere una giornata in festosa e lieta compagnia.

E’ da escludere, pertanto, nel modo più categorico, la falsa credenza che vuole che l’usanza sia scaturita da motivi di carattere assistenziale in favore della gente povera o comunque bisognosa.

Per la popolazione di San Salvo, il giorno delle “ Some al Mulino” ha sempre rappresentato una data di eccezionale importanza: l’attesa era grande e costituiva il preludio alla grandiosa e sentita festa del loro amato e glorioso Protettore.

La gente vi prendeva parte affratellata e unita e, pervasa unicamente dal nobile sentimento dell’amicizia e da una profonda devozione, caratterizzata da puro misticismo e da sincera religiosità.

Durante il secondo conflitto mondiale, però, l’usanza subì una fase di stasi, causata, non solo dalla carenza di grano (che allora, per legge, doveva essere conferito all’Ammasso di Stato) ma, principalmente perché non si era predisposti a festeggiamenti, a causa dei lutti e delle sofferenze che affliggevano il Paese, e per la continua apprensione destata dalla lontananza di numerosi giovani e padri di famiglia chiamati o richiamati alle armi.

Ma l’usanza dei “porcellati” non venne completamente cancellata: essi, annualmente venivano prodotti in misura molto ridotta, con la poca farina che si riusciva a racimolare fra la popolazione, e venivano consegnati in Chiesa (durante la Messa il giorno della festa del Protettore), non a “taralli” interi, ma ridotti in piccole parti, data la carenza di essi.

La piena ripresa della manifestazione si ebbe dopo la fine della guerra, allorchè la vita tornava a sorridere e le attività umane riprendevano il loro normale svolgimento, nella speranza e nel desiderio di un domani migliore, pervaso da nobili sentimenti di fratellanza e di amore fra tutti i popoli della terra.

Ma il tanto amato” Mulino”non c’era più: gli eventi bellici l’avevano crudelmente cancellato dalla “faccia della terra”, e di esso non rimanevano altro che un mucchio di macerie (frammiste a povere cose) ed il ricordo di un passato che, nel rimpianto, ancor oggi, rende l’animo triste e profondamente malinconico.

Si dirottò, allora , la tradizione alla volta del cosiddetto “Mulinello” (pur esso ad acqua) ubicato nei pressi del greto del “Torrente Treste” nel territorio di Lentella e a breve distanza dal ponte sul torrente stesso.

E qui continuò per alcuni anni, fino a quando, cessata l’attività il vecchio” Mulinello”, non si passò (ad anni alterni) ai due mulini funzionanti nel centro abitato di San Salvo, ove, tuttora si ripete annualmente la fastosa e suggestiva cerimonia.

E’ da mettere in evidenza, che la manifestazione odierna, pur essendo quasi uguale a quelle del passato, ha perduto molto della sua semplicità, poesia e originalità.

I trattori agricoli, con il loro assordante rombo, al posto dei silenziosi e pazienti cavalli, portano il pensiero a ritroso, e fanno rimpiangere, con nostalgico desiderio, i tempi di una vita semplice e modesta, ma pervasa da alti sentimenti di sicera amicizia, di bontà e di buona creanza.


Evaristo Sparvieri

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I due mugnai storici 
La vera storia delle "Sagne di San Vitale"
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