Sancti Salvi è
probabilmente è un toponimo agionimico ovvero una
denominazione derivata dal nome dell’abate fondatore del
convento attorno al quale si sviluppò il borgo. Non si può
escludere però che tale nome è un derivato gentilizio
antroponomico originato dall’antica stirpe familiare
(italica o latino-romana) del fondatore. Termine che che
poi trovò l’aggiunta di santo con l’arrivo del monachesimo
medioevale.
Il pagus italico sansalvese era un abitato pre-esistente
alla conquista romana epoca in cui il sito divenne un
accampamento militare stabile nel meridione dell’area
histoniense. Divenne in seguito un abitato coloniale per
la gestione rurale del produttivo latifondo agricolo
zonale. Decaduto l’impero capitolino, il monachesimo
medioevale recuperò le molte “
villae”, eredità
dell’antico sistema abitativo romano,provate dalle orde
distruttive barbariche.
Diversi antichi “
locus”, semidistrutti o
all’abbandono,divennero siti di insediamento di conventi
basiliani e monasteri benedettini che con il passare degli
anni arriveranno ai circuiti templari e al nuovo ordine
cistercense. In terra teatina il monachesimo benedettino
iniziò a sovrapporsi in alcuni eremi rurali e siti
basiliani. Nel passaggio dalla tardo antichità al medioevo
sorsero lungo i tragitti tratturali diverse chiesette
conventuali “minor tituli” attorno alle quali originarono
abitati zonali rivitalizzati o ridenominati con nomi di
santi o abati delle conventualità badiali limitrofe.
Ritornando al nome dell’abitato sansalvese,va rimarcato
che l'etimologia spesso ricalca le vecchie radici dei
duraturi connubi tra borghi e personaggi. Secondo
Quintilliano: ”
L' etimologia contiene in se molta
erudizione sia quando trattiamo temi di derivazione
greco-latina e sia quando ricerchiamo dall‘ istoria
antica notizie su‘ nomi de' luoghi , de' città e de‘
stirpi“
(Calendario de'
Principi-Cal.Etim.istorico-morale,Tip.L.Nobile,Napoli
1828, pref.. p..XIV).
Sono a volte molto utili le assonanze come la voce latina
“Saulia” ,che indica “
salice”, oppure il vero nome
“
Saulo“ appartenuto all’apostolo S. Paolo, che in
greco sta a significare “delicato“. Il termine “Salvo”
indica un sopravvissuto ovvero colui che è scampato alla
morte. Il detto “
san e salv“ (sano e salvo) ,
deformato al vernacolo sansalvese sta al detto : “
Sant'salv....
chi si salva,si salva !” e presumibilmente rimarca
il celebre motto del “Si salvi chi può ! ”,grido
allarmante dei bucani indotti a ricercare rifugi sicuri in
tutta fretta tra le boscaglie vicine per scampare alla
cruenta vendetta del dittatore romano Lucio Cornelio Silla
oppure alle micidiali sciabole dei paladini carolingi.
"
San e Salve“ .... “
Sant’ Salve“,
probabilmente riecheggia la paura degli sfollati
dell'antica città italica di Buca o semplicemente solo il
nome del frate basiliano
S.Sava o dell’abate
benedettino cassinese di origini campane S.Salvo .
Salvo, diminutivo del nome Salvatore, è ancora oggi
diffuso non solo in terra siciliana o campana. Salvo
indica il “
Cristo Salvatore” e diversi “castra et
ecclesiae“ vennero titolati al Salvatore in terra
abruzzese teatina come ad esempio il castrum S.Salvatore
di Casalbordino.Antichi liberti latini, esponenti della “
gens
Salvia“ ,presumibilmente legarono il loro nome
gentilizio al nostro abitato. La gens Salvia in età romana
era da tempo nelle aree del larinate, come la gens Blittia
a Sepino e la gens Eclana nelle terre di Venafro.
(Bullettino Archeologico-Minervini-Anno 1862-p.17)
SALVIUS ( all’origine della toponimia del borgo
salvanese) compare in molti marmi romani rinvenuti nel
circondario di Larino e nel gargano apulo. Un interessante
marmo d’epoca romana venne ritrovato a Canosa di Puglie e
citava il censore quinquennale Sesto Salvio Senelis:
F(ilius)
IIII VIR I(ure) D(icundo)
QUINQUENNALIS.......PROVINC(iae)
HELLESPONT(i) PROC(uratori) PROVINCIAE
ASIAE..........................
M(arcus) ATILIUS RUFINUS
SEX(tus) SALVIUS SENELIS
Anche un marmo inciso,rinvenuto a S.Salvo, citava la
stessa provincia romana ”Asiae” che fu citata da Tacito in
De Agricola nel Lib.VI dove scrisse:“...
Provinciam
Asiae, proconsule Salvium Titianum......“.
La “
gens salvia” ebbe origine nella provincia
picena cioè nella V Regio a nord dell‘Aterno.
Il duumviro quinquennale Gaius Salvius Vitellianus
intrecciò la stirpe dei Salvi con gli Arniensie portò le
nostre contrade sotto il censore quinquennale Gaius
Salvius Liberalis.
La gens Salvia ,della città picena di “
Urbs Salvia“
(Urbisaglia) , era una stirpe di liberti (ex-schiavi) che
per meriti aveva riscattato la libertà. I romani da tempo
erano nella provincia picena presso Urbs Salvia
(Urbisaglia), città anche descritta dai geografi Strabone
e Tolomeo. La città era stata annoverata come Oursabalouja
e collocata a 36°e 56‘di longitudine e 42° e 56' di
latitudine.
Prima della ripartizione augustea, le terre picene e
frentane, fino ai confini apuli, avevano in comune un
unico censore amministratore romano. Reperti rinvenuti
negli agri larinatensi citavano la gens Salvia, come il
cippo votivo ritrovato nel 1989 a Morrone del Sannio,la
cui iscrizione incompleta venne così ricostruita:
Tale iscrizione votiva attesta la presenza di liberti
della stirpe salvia nelle terre della frentania.
Al rientro di Rectina,scampata per miracolo dall'eruzione
vulcanica di Pompei dell’anno 79 d.C., Caio Salvio Eutico
(liberto di stirpe Salvia della nobildonna Rectina)
sciolse l’ex-voto fatto alle divinità (
Lari) per
invocarne il provvidenziale aiuto a favore della
nobildonna padrona in pericolo.
La ricca patrizia Rectina era l’amante di Plinio il
giovane, il quale a Pompei trovò la morte nella eruzione
vesuviana. La ricca Rectina negli agri del larinate aveva
diversi poderi anche a confine il latifondo rurale
histoniense . Il liberto Caio Salvio Eutico non era altro
che uno dei “magistri vici et compiti“,cioè liberti di
Rectina ascesi agli uffizi sacerdotali. Caio Salvio Eutico
aveva offerto sacrifizii votivi alle divinità (
Lari)
durante le feste capitali peri richiedere il loro
intervento miracoloso. Poi sciolse l’ex-voto con una nuova
offerta di sacrificio agli stessi Lari,divinità
protettrici di mura domestiche e guardiani invisibili di
beni personali, città, strade e campagne.
Spesso alcuni predicati distinguevano tali divinità in
Lari : viarii, rurali, patrii, campitali, ecc.
I Lari erano spiriti custodi di fanciulli, progenie,
comunità e collegi zonali.
Diverse lapidi ritrovate nel circondario vastese citavano
liberti della stirpe salvia ascesi ai servigi sacerdotali
ed altri liberti come : Cajo Frigello (iscr.26); Aspro
(iscr.29); Lucio Scanzio Modesto (iscr.15); Publio Paquio
Azmeno (iscr.24).
(L.Marchesani-Storia di Vasto- Napoli 1838- pag 80)
Vicino Campomarino è stato ritrovato un marmo romano
inciso che ricorda il patrizio carricino Caio Helvidius
Priscus, incaricato dal senato capitolino ad arbitrare una
lite per confini rurali di alcuni agri contesi tra il
fundus Vellanus e l’attiguo fundus Herianicus
histoniensis. Quest’ultimo latifondo rurale si invaginava
nella periferica area di Campomarino.
Caius Helvidius Priscus, anche citato da Tacito nel
liber IV di “
Historia“ , era un patrizio carricino
frentano della città di Cluvia. Visse ad Histonium tra il
60 e 70 d.C ma aveva anche una domus residenziale vicino
Cliternia, tra Campomarino e S.Martino in Pensilis.
Caio Helvidio Prisco,patrizio frentano del municipio
romano di Cluvia,nel 44 d.C divenne questore della
provincia di Acaja e nel 51 d.C. della provincia romana di
Armenia.
La via Trajano-Frentana collegava il larinatense alle
diverse città frentane. Tale strada fiancheggiava il
Biferno e conduceva alle terre daune verso l’oppido di
Teano Apulo.
La chiesetta sansalvese venne citata nell’inventario
postumo del cronista cassinese Leone Ostiense ovvero nel
chronicon di Leone de‘ Marsi detto Ostiense perchè nel
1112 era vescovo di Ostia . L’abbate Bertario nel IX
secolo resse il monastero benedettino cassinese,
precisamente dall’anno 856 all’ 884 . In tale epoca,
secondo il chronicon dell’ Ostiense, la chiesetta S.Salvi
apparteneva al cenobio monastico cassinese. La chiesetta
S.Salvi,secondo l’Ostiense, venne fondata dal frate
benedettino d‘origine campana SALVO, ex-abbate del
monastero di S.Clemente, il quale , in odore di santità
dopo la morte operò diversi miracoli sul suo stesso
sepolcro tombale nell’omonima chiesetta della badia di sua
fondazione.
“ECCLESIA SANCTI SALVI IBIDEM.QUI VIDELICET SALVIUS EX
CAMPANIA NATUS HUIUS MONASTERII EXITITIT MONACHUS,ET
TENUIT PREDICTAM ECCLESIAM SANCTI CLEMENTIS IN
OBBEDENTIAM,UBI DEFUNCTUS FUISSET,MULTA MIRABILIA DEUS
AD SEPULCRUM ILLIUS OPERATUS“
(Chr.Monasterii Cassinensi-Leo Ostiensis Liber I cap
XLIV-anche riportato da Muratori in Rerum Italicarum
Scriptores).
Dell‘abate Salvo però non si hanno altre memorie
documentali.
(G.B.Federici-Degli antichi duchi e consoli-1791-pag
596)
L’abate campano Santo Salvo è anche annoverato tra gli
abati del IX secolo nel catalogo deifrati cassinesi
intitolato “
Di tutti li monaci del Sacro Archicenobio
di Monte Cassino, illustri per dottrina e santità o
dignità ecclesiastica“. (descrizione Istorica del
monastero di Monte Cassino-1775,pag 320)
Oltre all’abate benedettino Salvo vissuto nel sec.IX
citato dalla chronica dell’Ostiense, la storia
ecclesiastica riporta diversi santi e beati con il nome
SALVO o SALVIO.
Secondo lo scrittore Mario Sgarbossa ce ne furono almeno
sei :
Il più antico di loro era il santo cristiano Salvo
martirizzato nella provincia romana d’Africa che visse nel
III secolo. Il martirologo romano illustrato lo festeggia
il giorno 11 di gennaio e lo riporta nel Tomo I a pag 674.
Il vescovo francese S.Salvo d’Alby invece visse nel VI
secolo durante il regno franco-merovingio di Childerico.
Di lui scrissero i Bollandisti a pag 703 nel I tomo ed
anche Encherio nel Commenda rio. Una miniatura medioevale,
oggi alla biblioteca nazionale di Parigi, raffigura gli
abbati S.Salvo e S.Gregorio in visita ufficiale presso re
Childerico. Questi due santi abati vennero raffigurat coi
nobili fregi del mitria e del pastorale. Nel 580
parteciparono entrambi al sinodo di Brennac sulla Santa
Trinità. Il francese abate San Salvo vescovo d‘Alby lasciò
i suoi beni ai poveri e visse in estrema povertà . Questo
abate arcivescovo albygese venne citato nel martirologo
romano e San Gregorio di Tours scrisse di lui nel I tomo
di “Gallia Christ.Nova“.
(J.F. Godescard-Vies des Péres, Martyrs et autres
principaux saints-1836, pag 522)
Era francese anche il vescovo S.Salvio d’Amiens,di cui
scrisse nell’anno 801 Sigeberto e poi anche il Baronio.
Secondo l’Ughelli le sue spoglie erano conservate al
monastero d’Amiens.
Salvio d’Amiens, non fu un martire ma solo un vescovo
francese confessore che visse nel 686 sotto Teodorico
III,il successore di re Childerico II . Si interessò del
ritrovamento e della traslazione delle reliquie di
S.Firmiano , un santo martirizzato nel 303 sotto
Diocleziano in terra frentana nell’anfiteatro di Larino.
Le reliquie del martire S.Firmiano erano incomplete perché
alcune parti erano state murate nella chiesetta monastica
abruzzese di S.Stefano ad Rivomaris. Le restanti reliquie
erano state traslate e nascoste in Francia, come i resti
di S.Vito e altri martiri cristiani. L’abate S.Salvio
d’Amiens localizzò in una visione onirica la cripta di
sepoltura segreta del marire S.Firmiano. Le spoglie
recuperate vennero poi traslate nella cattedrale d’Amiens.
Il vescovo San Salvio d‘Amiens perciò fu più volte
ritratto nei dipinti antichi con in mano il cofanetto
delle sacre reliquie di S.Firmiano,evangelizzatore della
frentania.
Dissertazioni sopra S.Salvi-Francesco Antonio
Zaccaria-1780-da pag.36 a pag 43)
I carteggi ufficiali della Santa Sede citarono per la
prima volta il monasterium Sancti Salvi il 28 settembre
1173 nella bolla di papa Alessandro III il quale annoverò
tale chiesetta ed altre zonali chiesette tra i possessi
dell’arcivescovo di Chieti . Il pontefice Alessandro III
citò il monasterium Sancti Salvi assieme al monastero
Sancti Martini de‘Pallita, al mona-stero Sancti Martini in
Valle ed altri.
(Ughelli-ITALIA SACRA-tomo VI-pag.707-709- Venezia
1720
Il 19 ottobre 1208 anche la bolla del papa Innocenzo II
riconfermò sempre gli stessi possessi all‘arcivescovo di
Chieti e citò ancora i monasteri di: “Sancti Martini in
Palectu… Sancti Salvi … Sancti Martini in Valle“.
(Ughelli-ITALIA SACRA-Tomo VI-pag 713-715-Venezia
1720) Peppino Romondio