I ragazzi del campo del
pero
Corrono gli anni “50”.
A San Salvo non esiste alcuna struttura per la pratica
dello sport. Regna il buio tetro. Manca perfino un
campetto per giocare a pallone. Unico spazio dove ci si
può divertire giocando a calcio, è un piccolo fazzoletto
di terra, dietro “lu campesande” lastricato di profondi
fossi e di cespugli spinosi. Alcuni studenti sansalvesi
che frequentavano a Vasto le scuole medie superiori,
stanchi ormai di aspettare, decidono di realizzare da soli
un campetto di calcio, in una delle tenute di campagna del
giovane medico don Mario Artese, vicino all’attuale via
Socrate. Una notte, al chiar di luna, senza il permesso
del proprietario:chi con il bidente, chi con la zappa, chi
con la carriola, chi con la pala, liberano il terreno
dalle insidiose erbacce . Dopo tre notti di lavoro, tra
sberleffi, canzoni e risate, il sospirato campo di calcio
può dirsi pronto. Don Mario non sa nulla. Al centro del
campo resta un vecchio albero di pere “spadone”, che i
giovani non hanno il coraggio di metter giù.
Ma l’allegra combriccola, la sera prima dell’incontro con
la squadra del Cupello, decide che è necessario abbattere
il pero per poter giocare una partita regolare. Dopo
averlo fatto a pezzi, lo caricano su un carretto e lo
trasportano a casa del dottor Mario Artese, che accortosi
della beffa comincia ad urlare e a mandare imprecazioni
contro i componenti della brigata. Il medico vuole andare
all’avvocato, ma ci ripensa quando scopre che tra quei
giovani “impertinenti”, ci sono anche due suoi parenti
stretti .Quasi tutte le domeniche c’è una partita di
calcio. Le squadre di Cupello, Fresagrandinaria, Montenero
di Bisaccia sono le principali avversarie del San Salvo. I
ragazzi del campo del “pero”, diventano gli idoli del
paese. La squadra gioca anche un buon calcio. Doruccio
Artese terzino potente e implacabile sull’uomo, Renato
Sorge un centroavanti alla Meazza, Sandro Cilli un
portentoso mediano di spinta, Raffaele Artese un roccioso
stopper, Nino di Rito portiere imperforabile. Dopo
l’incontro della domenica; il ritrovo è davanti al solito
bar; i commenti fino a notte fonda. Una birra fresca e
frizzante, poi tutti a casa. Domani si va a scuola. Il
campo del “pero” non esiste più, al suo posto è cresciuto
un grande quartiere abitato da tante persone. Anche alcuni
“ragazzi” della squadra del “pero” non ci sono più :
Doruccio Artese, Antonio Giovenale, Erpinio Labrozzi e il
dirigente-allenatore Roberto Pascale.
Corrono gli anni “50”; quando il calcio non era ancora
incontaminato dalla logica del profitto e della violenza,
quando giocare a pallone significava passione, allegria,
poesia, emozione, magia, vita.
Michele Molino