Nei tempi passati, i mestieri
si tramandavano da una generazione all’altra. Se il padre
faceva il falegname anche il figlio era candidato a
diventare un falegname; se il padre era invece un
muratore, pure il figlio intraprendeva il mestiere del
muratore. Anche Rocco Castorio, personaggio della nostra
microstoria, sansalvese purosangue, non poteva che seguire
le “orme” di papà Giovacchino, fabbro ferraio e
maniscalco.
Ed ecco le tappe più significative della sua vita.
Rocco Castorio nasce a San Salvo nel 1915, pochi mesi
prima dello scoppio della Guerra Mondiale. San Salvo era
allora un paese di contadini. Carattere gioviale. Dopo
aver frequentato le elementari, ancora fanciullo, inizia a
lavorare nella bottega del padre Gioacchino rinomato per
la precisione con la quale mette i ferri a cavalli, asini,
muli. Coadiuva all’attività di fabbro anche Antonio, il
fratello maggiore di età. Rocco appena adolescente è gia
muscoloso. Assesta con il martello colpi micidiali sui
ferri da piegare. I Castorio, oltre ad essere maestri nel
ferrare, realizzano anche attrezzi per i lavori agricoli:
cesoie, falci, zappe, bidenti, roncole e lavorazioni in
ferro: ringhiere, balconi. Una terribile tragedia all’
improvviso sconvolge la serenità della famiglia Castorio.
Una mattina d’inverno, fa capolino nella loro bottega di
fabbro, un uomo proveniente da Cupello, con una canna di
fucile tra le mani, insistendo di ricavare dalla stessa,
un soffietto per i carboni. “Mastre Giacchéne” non sa che
dentro il fucile c’è un proiettile carico, che esplode
trapassandogli il fianco.La morte giunge dopo qualche
giorno. Rocco ha soltanto 13 anni. La famiglia “Castorio”
sprofonda in un acuto dolore e nel frattempo l’ attività
si interrompe. Rocco appena compiuto diciannove anni è
costretto a lasciare il lavoro di fabbro e vestire la
divisa grigio-verde con il 73° Reggimento di artiglieria
di Torino. E’ il primo distacco dalla sua famiglia e dal
suo paese d’origine. Soffre molto.
Durante gli obblighi di leva frequenta un corso da
maniscalco presso l’Accademia militare di Pinerolo. Nel
corso del secondo conflitto mondiale (1940) è richiamato
in guerra. Rocco è precettato per il fronte di guerra d’
Albania e della Grecia. Deportato prigioniero in Germania,
è costretto a lavorare in una fattoria di campagna.
Durante un duro bombardamento effettuato degli americani,
resta ferito ad un piede.
Trasportato in ospedale, è sottoposto ad un difficile
intervento chirurgico; resterà claudicante. Da più di sei
anni, la madre non riceve sue notizie; ormai lo crede
morto e fa celebrare una messa funebre. La guerra volge al
termine. Prima di affrontare la via del ritorno,
accompagna a Conegliano Veneto un commilitone che aveva
perso una gamba Dopo lunghe traversie, Rocco, stanco,
logoro, rinsecchito per la fame, finalmente
può fare ritorno a casa sua. La mamma appena lo vede
stenta a riconoscerlo, poi scoppia in un pianto dirotto,
ma felice che suo figlio è ancora vivo. Dopo qualche
tempo, insieme al fratello, torna al suo vecchio lavoro.
Nel 1951, Rocco si sposa con una giovane conterranea
Adele Cardarella.
Il fratello Antonio va in pensione. Rocco
resta solo a condurre l’attività. In pochi anni si fa
conoscere per la sua bravura da tutti. Diventa uno dei
migliori maniscalchi d’Abruzzo. Vengono perfino dai paesi
circostanti nella sua bottega a “ferrare” le bestie.
Purtroppo con l’esplosione industriale, con il boom
economico e con l’ inizio delle trasformazioni
sociali dei primi anni ‘60, l’ attività artigianale
subisce una profonda crisi. Scompaiono i carretti che
trasportavano i carichi di letame, di grano, di uva
e trionfa una tecnologia nuova, più al passo con i tempi.
La situazione economica consente a mastre Rocche di
acquistare solo macchinari indispensabili e non troppi
costosi.
La concorrenza, a quel punto, si fa spietata. Rocco cerca
di fronteggiare la crisi, ma non è in grado di
reggere alle nuove esigenze del mercato. Ha due figli agli
studi. L’officina è sempre aperta, ma è il lavoro che non
c’é. Va in pensione, ma diventa taciturno, triste,
pensieroso. Che fare? E’ difficile attuare progetti in
quel momento di grande “rivoluzione”. Il suo sogno è la
sistemazione dei figli. Mastre Rocche, uno dei più bravi
maniscalchi abruzzesi, umile, onesto, buono e due occhi da
“bambino” si ammala gravemente.
Dopo una lunga sofferenza passa alla gloria dei giusti. E’
il 27 novembre del 1991. Il buon Dio corre incontro
alle persone in difficoltà. I suoi figli hanno trovato una
dignitosa sistemazione. Se Rocco Castorio vivesse
oggi, ne sarebbe certamente fiero ed orgoglioso.
Michele Molino