Domenico Ialacci il 4° da
sinistra, con il pullover blu
Sono passati 10 anni dalla
morte di don Antonio Fusilli.
Era il 10 ottobre 2002.
Quel “tarlo”, che furtivamente penetra nel corpo dell’uomo
e in un breve lasso di tempo ne divora le carni, ci ha
portato via don Antonio Fusilli.
Antonio, ultimo di quattro figli, nasce a San Salvo. A
nove anni sente già il desiderio di diventare prete. Dopo
aver conseguito la licenza elementare, entra nel seminario
di Francavilla d’Ete. Ordinato sacerdote a Vasto da mons.
Loris Capovilla, diventa responsabile della parrocchia di
Sant’Achille a Roma dove rimane per circa cinque anni.
Vice parroco provinciale a Milano per altri 15 anni. Un
compito mantenuto con grande impegno. Dieci anni nel
Santuario di Madonna delle Grazie di La Spezia. La gente
lo stima e gli vuole bene. Se uno cerca in un uomo un
padre lo trova in don Antonio che con il suo buon umore,
con il suo sorriso è sempre pronto ad aprire il cuore alla
speranza. E’ l’uomo del popolo.
Torna ogni anno nella sua amata San Salvo, in occasione
della festa del santo patrono San Vitale. Penetranti le
sue parole nelle omelie:“ I nostri nonni , quando passava
la processione di San Vitale, si prostravano in ginocchio
davanti alla statua del martire, e con gli occhi pieni di
lacrime pregavano intensamente”.
Don Tonino, come lo chiamavano gli amici più cari, a
novembre dello scorso anno, ottiene il “passaporto” per
far ritorno come sacerdote nel suo paese natale. E’ felice
Antonio ed è felice anche il vescovo Edoardo Menichelli
per aver “acquistato” un prete, oltre che giovane, anche
preparato, dinamico, estroso, intelligente, vivace,
trascinatore. A Don Antonio viene affidato l’incarico di
vice parroco del santuario della Madonna delle Grazie di
Monteodorisio. Il suo sogno è quello di possedere una
casa-ritrovo in cui accogliere tanti giovani e persone che
hanno bisogno del suo aiuto. Riesce ad edificare una
splendida casetta in cima ad una collina di Montenero di
Bisaccia, a qualche centinaia di metri da una Comunità di
tossicodipendenti. I giovani ricoverati in quel centro,
una quindicina in tutto, nutrono una grande “venerazione”
per don Antonio. La sua casa è aperta a tutti. Ha in mente
tante cose.
Don Antonio comincia a sentire dei dolori fittissimi.
Il suo stato di salute peggiora di giorno in giorno. Gli
esami clinici confermano l’esistenza di uno dei tumori più
terribili. Comincia per lui il calvario. Dopo atroci
sofferenze, la sera del 10 ottobre 2002, don Antonio
assistito dai suoi cari, rende l’anima al Padre eterno.
L’intero paese soffre di un grande dolore per la sua
scomparsa. Un via vai di gente in chiesa, dove è allestita
la camera ardente, a rendergli l’estremo saluto. Il rito
funebre è officiato da mons. Edoardo Menichelli.
Le persone che l’hanno conosciuto e amato nei luoghi, dove
ha operato ( Roma, Milano, La Spezia ecc.) sono presenti.
Dietro il feretro anche i giovani della comunità, con gli
occhi inondati di pianto. Sulla lapide del sarcofago,
incise a caratteri cubitali, le parole pronunciate da lui
stesso, un istante prima del “fatal respiro”: NON IMPORTA
CIO’ CHE HAI FATTO O NON HAI FATTO, IMPORTA CIO’ CHE HAI
ATTESO”.
Il vuoto che lascia è enorme.
PRENDILO DIO AMATO E CHE PRESTO RISORGA!
Una sera di luglio ho avuto il piacere di trascorrere una
meravigliosa serata con don Antonio ed altri amici. Alla
fine, ha voluto che visitassi la sua graziosa dimora,
dalla quale si ammira: il profilo azzurrino della Maiella,
lo sfondo bluastro della vallata, San Salvo lunga e
distesa come un serpente a sonagli. “Il mio desiderio -
disse- è quello di viverci insieme agli amici, ai giovani,
ai parenti e ai parrocchiani. Ho accolto amici di Roma, di
Milano e di La Spezia. E’ per tutto questo che mi sono
persuaso a realizzare una casetta fuori dalla città”.
Quella casa arroccata sul colle e illuminata dalla luce
calda del sole è rimasta vuota.
Don Antonio non c’è più.
Restano il suo sorriso, la sua immensa ricchezza
spirituale, ella sua dipartita.
Michele Molino