Questa afa mi fa pensare al
mio paese quando ero ancora una ragazzina.
Sto leggendo, sul giornalino di San Salvo, i racconti sui
carabinieri e non posso fare a meno di ricordare cosa
avvenne a San Salvo forse quando avevo più o meno sedici
anni.
Le ragazze della mia età frequentavano tutte o quasi
l’Azione Cattolica ed eravamo assidue alle funzioni in
chiesa.
Naturalmente ci piaceva anche seguire i dettami della moda
e le nostre maniche corte non coincidevano con le idee di
Don Cirillio, il prete.
Così, per non tornare a casa a cambiarci, molte di noi,
avevano adottato delle mezze maniche da tenere in borsetta
che, prima di arrivare in chiesa, provvedevamo ad
indossare per coprire le nostre "nudità", che poi erano
una parte delle braccia verso il polso. Non ricordo bene
ma se proprio in quel peiodo, dopo la moda dei vestiti
lunghi, si cominciarono anche ad accorciare i vestiti,
fatto sta che le ragazze iniziariono a portare vestiti con
mezze maniche.
Capitava a volte di incrociare Don Cirillo e cercavamo di
nascondere le braccia avvolgendole a quelle della
compagna, cercando di passare inosservate.
Avvenne che in pieno Agosto, il quindici, alla festa della
Madonna, con la chiesa gremita e noi al nostro posto della
scuola cantorum, Don Cirillo, forse perchè il giorno prima
aveva incontrato due di noi con le maniche corte o forse
con i vestiti meno lunghi del solito, salì sul pulpito e
invece di tenere il solito sermone esordì con inveire
contro il malcostume che le nostre ragazze iniziavano ad
adottare: “Ieri ho incontrato (e qui fece due nomi) tizia
e caio che indossavano vestiti sconvenienti”.
Immaginatevi la piega che prese il sermone. Una delle due
era già con noi e sentendo ciò svenne, dandoci un bel da
fare per soccorrerla.
Nel frattempo entrò l’altra ragazza che, ignara,
attraversò tutta la chiesa nel silenzio del pubblico che
la seguiva con lo sguardo, mentre Don Cirillo terminava la
sua predica. Arrivata da noi, nella navata dove eravamo
per cantare, vide la sua amica svenuta e appreso il
motivo, vi lascio immaginare come rimase.
Raccontare tutto il nostro disappunto sarebbe dilungarmi e
per tornare ai carabinieri, finì che i genitori delle
stesse, sporsero denunce contro Don Cirillo.
Naturalmente cominciò una inchiesta ed il comandante di
stazione (si diceva in giro che fosse un bel giovane) si
vide costretto ad invitare noi ragazze come testimoni. Non
aveva fatto i conti con il comune pensare. Una ragazza non
poteva andare alla caserma senza poi essere additata e
così faticò molto ad avere queste testimonianze.
Dopo parecchi giorni anch’io, accompagnata dalla nonna,
varcai la famosa porta della caserma per essere
interrogata.
Varcammo quella soglia con molta segretezza e discrezione.
Non ne parlammo con nessuno.
Tutti cercarono di ignorare l’accaduto, ma non la
giustizia.
Non so come finì la storia perché, per il buon nome delle
ragazze, la cosa fu raccontata poco.
Forse fecero in modo che la denuncia venisse ritirata e
non se ne parlò più.
Maria Mastrocola in Dulbecco