Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri
Ma chi sarebbero li salvanése
I racconti di Fernando
Sparvieri
Un po' di storia locale raccontando personaggi
Lu capedanne
(canto tradizionale augurale)
di Fernando Sparvieri
Ivo Balduzzi a sin. e Fernando Sparvieri
Audio
(Alla fisarmonica Ivo Balduzzi, alla chitarra
Ergilio Monaco
ed al mandolino Fernando Sparvieri)
Il canto del capodanno è una canzone popolare augurale,
purtroppo da qualche anno in disuso, che veniva cantata
nella notte tra il 31 dicembre ed il 1° gennaio allo scopo
di augurare un buon principio d'anno a tutti e sopratutto
alle famiglie a cui era diretta la serenata.
A mio avviso è il canto più bello fra quelli di gennaio.
La sua origine si perde nella notte dei tempi. Molto
popolare sino agli '60, l'avvento dei veglioni e dei
cenoni di fine anno ha fatto sparire del tutto questa
antica e bellissima tradizione che apriva il mese dei
canti (gennaio).
A cantarla erano adulti e bambini.
Cominciavano prima i bambini. Frotte di ragazzini, già
all'imbrunire della serata del 31 dicembre, si riunivano
nei vicoli del piccolo paese ed andavano cantando il
"Capodanno". Ne usciva fuori una versione alquanto
originale, con voci bianche spesso stonate, accompagnate
da qualcuno che "suonava" l'organetto a bocca (che il
padre gli aveva comprato a la putéche (al negozio)
di alimentari in C.so Garibaldi di Mastro Guido Monacelli.
Altri suonavano invece "li stagnarìlle" (tappi
metallici di bottiglia appiattiti con il martello, bucati
al centro, ed applicati con un chiodo su una stecca di
legname in modo che potessero emettere un suono sbattendo
tra di loro).
I bambini, con portamento serioso, si recavano nelle
povere case del quartiere, sperando, innanzitutto che
qualcuno aprisse la porta, e poi una volta entrati, di
ricevere in dono, per aver cantato, qualche dolcetto
natalizio, come nu cagginàtte (un
calcionetto) o 'na scrippelle (scrippella).
Ad una certa ora, che era tarda per i ragazzini,
scendevano per le strade gli adulti.
Era una bellisima sensazione ascoltarli a notte fonda,
dopo essere stati svegliati dalle loro voci robuste, che
improvvisamente squarciavano la quiete notturna.
Gli adulti, uscivano, per quei tempi, abbastanza
organizzati. Facevano già da qualche giorno prima le
prove, in un clima di amicizia e fratellanza.
Cantavano accompagnati generalmente da una fisarmonica o
da" 'na du' bbátte", mentre altri improvvisati
musicisti, provvedevano alla parte ritmica con "li
stagnarìlle", la tavele de le pénne (la
tavola per fare il bucato), sui cui denti veniva fatto
scorrere, a tempo, una stecca di legno che produceva un
suono particolarissimo.
Qualche gruppo, che voleva fare le cose all'ingrande,
aveva pure "lu búche e búche", strumento
tradizionale mono tono, costruito artigianalmente, il cui
suono somiglia molto a quello di una pernacchia.
Lo scopo degli adulti, con la miseria che c'era, era
quello di trascorrere una serata in allegria, mangiando e
"sbicchirjando"(brindando) nella case degli amici e
conoscenti.
Era sovente tra di loro qualche 'mbracase , cioè
qualcuno che non era stato invitato a far parte del
gruppo, ma che vi si intrufolava per poter partecipare e
divertirsi in compagnia.
"Il canto del capodanno" era una bellissima tradizione
nella società contadina. Con esso si rinnovava
innanzitutto l'augurio di una buona annata, ma sopratutto
si rinsaldava, già dall'inizio dell'anno, il sentimento
dell'amicizia e della fraternità, in una piccola comunità
che era davvero piccola, ma che era tutto il mondo.
Fernando Sparvieri
La Ialacceria, con Zi'
Angele Ciuffia lu búche e búche
Nota: Lu búche e búche è uno strumento
musicale artigianale realizzato usando un recipiente di
forma cilindrica (in legno, in rame, in terracotta
ecc.), su cui viene applicata, sul lato superiore,
aperto, una pelle di capra o di pecora. Sulla pelle,
prima del tiraggio a mo' di tamburo, viene praticato un
foro, dentro il quale si inserisce in
perpendicolare un pezzo di robusta canna, oppure una
stecca cilindrica. Sfregando una pezza bagnata, stretta
con forza tra le mani, dall'alto in basso sulla canna (a
da 'ngrambà), si ottiene un suono grave, simile ad
una potente pernacchia, somigliante a quello di una nota
del trombone.
I racconti di Fernando Sparvieri
Indice Gente, usi e costumi del mio paese
Un libro sul web MA CHI SAREBBERO LI SALVANESE
di Fernando Sparvieri
Indice I forestieri a San Salvo
I racconti del mare
I pionieri del mare ed altro
di Fernando Sparvieri Indice Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)