Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri
Ma chi sarebbero li salvanése
I racconti di Fernando
Sparvieri
Un po' di storia locale raccontando personaggi
I Prepotenti
(Una storia magnifica)
di Fernando Sparvieri
All’improvviso il suono di
una chitarra elettrica sferzò l’aere. Era un suono nuovo,
mai udito prima e proveniva dalla bottega di Mastro Vito
Di Petta, il giovane barbiere che aveva aperto un salone,
anche se era un buchetto (m.2,50 x 3.60), in Via Roma,
ubicato tra i Bar di Biondo e di Emilie Filicille, proprio
dietro la pompa di benzina Agip del Cav. Cilli Virgilio.
Il suono di quella prima chitarra elettrica, un’ EKO
bianca madreperlata, collegata ad un minuscolo
amplificatore di appena 5 watt, che Mastro Vito orgoglioso
mostrava agli increduli astanti, creò in me, chitarrista
in erba, sensazioni irrepetibili, proiettandomi
immediatamente verso una nuova dimensione musicale, sino
ad allora sconosciuta, che era un frammisto di magia e
stupore.
Ciò che mi colpì, al di là dell’inverosimile volume
sonoro, fu il fatto che quello strumento, dalla
conformazione un po' marziana, ma nel contempo familiare,
lo si poteva suonare con la stessa tecnica della chitarra
acustica, stessa accordatura (mi-si-sol-re-la mi), stessi
accordi, solo che, a differenza della chitarra
tradizionale, era in grado di produrre sonorità senza
precedenti, rivoluzionarie, sbalorditive e quindi
stupefacenti.
La prima chitarra
elettrica sansalvese di Mastro Vito (1963)
Ebbi subito la sensazione che quella evoluzione moderna
della chitarra, ideata qualche decennio prima negli USA e
giunta ora dentro il salone di Mastro Vito Di Petta,
avrebbe decretato la fine di un’epoca musicale e aperto
nuovi orizzonti nel panorama nazional-popolare della
canzone, sino ad allora appannaggio esclusivo della musica
melodica e romantica.
Non trascorse tempo, infatti, che la moda della chitarra
elettrica divenne un fenomeno di massa in Italia e nel
mondo, un’ indifferibile esigenza musicale, capace di
contagiare un’intera generazione di nuovi talenti, che
diedero vita al fenomeno dei complessi musicali beat degli
'60.
Ed anche i giovani di San Salvo, ne rimasero contagiati.
In quel tempo, eravamo nei primi mesi del '63 e nonostante
fosse nell'aria l'arrivo della SIV, San Salvo era ancora
un paesino sperduto tra il mare e la campagna e gli unici
luoghi in cui si poteva ascoltare musica dal vivo,
prodotta per lo più da chitarre e mandolini, erano ancora
i saloni dei barbieri. Non esistevano negozi di strumenti
musicali e qualche chitarra la si mandava a prendere
all’Estudiantina, famosa fabbrica liutaia catanese. Se si
spezzava qualche corda era un dramma e la soluzione,
quando era possibile, era argnàngnele
(ricongiungere la corda con un nodo). I pochi chitarristi,
per lo più tutti anziani, autodidatti e con scarsa
preparazione, si limitavano a strimbellare con i famosi
tre famosi accordi di tonica, dominante e sottodominante,
che i nonni orgogliosamente chiamavano la 1ª, la 2ª, e la
3ª. Solo qualcuno, che si sentiva un professore, infilava
anche la 4ª e la 5ª che erano formati dagli accordi di
sopradominante settima e sopratonica minore.
L’arrivo della prima chitarra elettrica di Mastro Vito
segnò quindi una svolta epocale, un nuovo modo di
concepire la musica e di suonare da parte delle nuove
generazioni sansalvesi, che di pari passo con la crescita
economica e sociale dell’Italia degli anni '60, scoprirono
la modernità musicale.
Il salone di Mastro Vito
Di Petta
Gli artefici principali di questo mutamento musicale
generazionale furono sicuramente due ragazzi sansalvesi, i
quali pur nella loro diversità caratteriale, sono da
considerarsi i veri innovatori della musica locale.
Sto parlando di Tonine Mariscialle e Ujiérme
Lunghe, all’anagrafe rispettivamente Gaetano
Masciale e Angelo Longhi, due ragazzi del '46 e '47, i
quali, seppure per molti versi diversi tra di loro, tra
litigi e riappacificazioni, crescendo anagraficamente e
musicalmente insieme, diedero vita ad un percorso musicale
che iniziò alla fine degli anni '50, con prime orchestrine
estemporanee, per concludersi negli anni '60 con la
nascita del gruppo dei Prepotenti, il primo vero complesso
beat locale.
Angelo Longhi, a sinistra,
e Tonino Masciale, ritratti in C.so Garibaldi -
imbocco VI Vico Garibaldi, all'altezza del bar di
Albefajurne (soprannome di Domenico Ialacci) .
Tonine Mariscialle, la chitarra solista del gruppo
ed il leader strumentale in assoluto, non era nato
chitarrista.
Figlio di Giuseppe (Zi' Pippine Maresciàlle), di
origine pugliese, e della signora Vitalina Di Rito,
sansalvese purosangue, avrebbe voluto fare da grande il
corridore di biciclette.
Suo padre però, uomo dai mille mestieri (era
contemporaneamente banditore cittadino, addetto al
servizio acquedotto comunale ed anche l’unico impagliatore
di sedie in San Salvo), forse perché da ragazzino aveva
sognato di diventare mandolinista, non riuscendovi dovendo
contribuire al sostentamento della famiglia d’origine,
aveva riposto in lui tutte le speranze di avere in casa un
musicista e così, quando Tonino venne promosso alla 3ª
Avviamento, gli disse: “Vuoi che ti compri la bicicletta
da corsa o la fisarmonica?”.
Tonino, dopo non poche titubanze, attratto dall’idea di
provare a suonare uno strumento musicale, che forse
incosciamente aveva sempre desiderato, scelse la
fisarmonica.
Giuseppe Masciale e
Vitalina Di Rito
Un’ imponente fisarmonica da 120 bassi, di colore nero,
munito di sordina, della Paolo Soprani di Castelfidardo,
che pesava come un accidenti, si posò sulle esigue spalle
di Tonino, raggiante di felicità.
A questo punto la fisarmonica era stata comprata, ma
bisognava impararla a suonare!
Zi' Pippine pensò allora che l’unico che potesse
impartire lezioni al figlio fosse Angiolino Ialacci (Angiuline
Ialacce), brioso fisarmonicista locale autodidatta,
il quale si mostrò entusiata di vestire i panni del
maestro. Tonino cominciò ad apprendere da Angiolino i
primi rudimenti della fisarmonica; costo della lezione:
una bottiglia di birra che Za' Vitaléne, mamma di
Tonino, (j cacciáve) offriva al maestro durante la
lezione, quando questi si recava nella loro casa in Largo
Amistà, l’attuale Piazza Europa.
Tonino, che aveva un talento straordinario, dopo qualche
tempo iniziò ad imparare una canzone ad ogni lezione
(quindi il costo della lezione divenne una bottiglia di
birra a canzone) e solo una volta ce ne vollero tre, di
bottiglie di birra, e fu quando Angiolino gli insegnò “
Fantasia americana”, che era una brano composto da tre
parti.
In breve tempo, come avvenne tra Giotto e Cimabue,
l’allievo superò in fretta il maestro e fu allora che Zi'
Pippine, da persona intelligente che era, intuì che
era giunto il momento che suo figlio andasse a studiare
seriamente musica a Vasto, da un famoso maestro dell’
epoca che corrispondeva al nome di Aniello Polsi, che
Tonino già conosceva essendo stato il suo professore alla
Scuola Avvviamento, che era stata istituita proprio in
quegli anni a San Salvo, con sede nel palazzo scolastico a
fianco della Chiesa di San Giuseppe. Tonino, quando il
tempo era buono, inforcava la bicicletta e se ne andava a
lezioni da Polsi a Vasto, che fortunatamente possedeva
anch'egli a casa una vecchia fisarmonica, altrimenti
sarebbero state molto più irte le salite.
Intanto, Angelo Longhi, figlio d’arte, iniziava a suonare
anch'egli la batteria con la famosa scritta sulla
grancassa “Follia Jazz”, appartenuta a suo padre
Guglielmo, che la leggenda popolare vuole essere stata
interamente realizzata a mano dal suo papà, mostrando un
eccezionale senso ritmico e l’interesse verso nuovi ritmi
che provenivano d’oltre oceano.
In realtà quella batteria, che i sansalvesi chiamavano lu
jazzband (il termine batteria non era proprio in
uso), l'unica in paese, non venne costruita da papà
Guglielmo, così come si narra, ma adattata. La grancassa
era infatti un comune tamburo regalatogli da Niculìne
lu panattire (Nicola Artese), panettiere, che non si
sa per quale motivo l'avesse. Guglielmo, si limito a
dotarla di piedini in ferro alla base, per non farla
scivolare in avanti con il colpi di pedale, nonchè ad
apporre alcune tavolette sul piano superiore, da picchiare
con le bacchette e da usare come reggipiatto. Si procurò
poi il pedale, troppo complicato da realizzare, un
rullante, le nacchere ed un piatto, a dire il vero un
piattino. L'unico accessorio che Guglielmo tentò di
autocostruire fu proprio quest'ultimo, cercando di fondere
un bossolo in ottone di un cannone, con scarsi risultati.
E' certo invece che le vecchie pelli del tamburo le
sostituì lui stesso con due di pecora, montate dopo averle
immerse per un periodo nella calce, lavate e poi fatte
esiccare al sole.
Tornando ai nostri due amici, l’incontro musicale tra
Tonino ed Angelo non si fece attendere. Ancora adolescenti
costituirono un primo trio composto anche da Vetale
Castellétte, all’anagrafe Vitale Ciavatta, così
soprannominato perché somigliava come una goccia d’acqua
ad un famoso calciatore della Fiorentina di cognome
Castelletti, il quale si divideva tra il fare
l’apprendista barbiere, il chitarrista dell’orchestrina
Follia Jazz e il calciatore della Tenax, antica squadra di
calcio di San Salvo (una testimonianza di un loro
concertino è la registrazione radiofonica della RAI
Radiosquadra a San Salvo del 1961, di cui uno
stralcio audio potrete udire di sotto.
Audio esibizione di
Follia Jazz
Angelo Longhi alla
batteria, Tonino Masciale alla fisarmonica e Vitale
Ciavatta alla chitarra.
L'ESPERIENZA VASTESE
Tonino, intanto, pur condividendo le prime esperienze
musicali con i suoi amici locali, continuava a studiare
musica dal maestro Polsi a Vasto, città ove aveva
cominciato anche a frequentare l’Istituto Tecnico per
Geometri, in cui qualche anno più tardi si diplomerà. E fu
proprio in questa incantevole città limitrofa che, come
avviene fra tutti i ragazzi che hanno la stessa passione,
strinse amicizia con dei coetanei vastesi, i quali avevano
già costituito dei complessini e suonavano con le prime
chitarre elettriche.
In uno di questi complessi, "I Modesti", Tonino conobbe
Franco Malatesta, chitarrista virtuosissimo, autodidatta,
un vero fenomeno probabilmente dall’orecchio puro, che
contribuì notevolmente alla sua crescita musicale. Dove
avesse imparato Franco a suonare così bene la chitarra,
sopratutto in considerazione dei tempi che correvano,
resta un mistero. Era un genio. Gli altri, al suo
cospetto, a Vasto (ed aggiungerei anche in complessi di
fama nazionale), che pur erano e si ritenevano chitarristi
moderni ed all'avanguardia, erano piccoli strimbellatori.
Tonino, infatti, restò impressionato dall'ecclettismo
musicale di Franco, capace di suonare di tutto con la
chitarra, dai walzer ai tanghi, dal beguine alla rumba,
dagli slows allo skake, dal rock and roll al twist, dalla
bossanova al jazz, e restò senza fiato quando gli
proposero di entrare a far parte del loro complesso,
sostituendo dapprima il batterista e poi il bassista.
Fu la svolta. Tonino imparò dapprima a suonicchiare la
batteria e poi in quattro e quattr’otto anche il basso,
iniziando a prendere le prime confidenze con la chitarra
elettrica. La sua esperienza con i bassi della fisarmonica
lo aiutò molto per capire gli accordi sugli strumenti a
corda, essendo il cosidetto giro tonale armonico identico
per ogni strumento di accompagnamento.
I MODESTI: in piedi il
cantante Giuseppe Fariello. Accosciati da sinistra
Franco Malatesta, suo fratello Lino Malatesta,
Giuseppe Di Cicco, Tonino Masciale. (Tratto
dall'opuscolo "Cominciammo a suonare le chitarre"-
complessi musicali a Vasto negli anni'60 a cura del
Comune di Vasto).
I MODESTI: A sin. Tonino
Masciale al basso ed al suo fianco il grandissimo, non
solo per statura, Franco Malatesta. Alle loro spalle
si intravede un grande della batteria: Rolando Di
Nardo.
Il fato volle che in quei giorni il virtuoso batterista
del gruppo Rolando Di Nardo, decidesse di passare ai
mitici “I 5 di stasera”, gruppo vastese di successo tra i
più importanti degli anni '60, liberando il posto di
batterista che venne ricoperto da Angelo Longhi, che già
studiava a Vasto, dove aveva conseguito la III media (a
San Salvo c'era solo la Scuola di avviamento
Professionale) e si era iscritto all l’Istituto d’Arte,
diplomandosi qualche anno più tardi.
Ed a proposito di Angelo...
"Bone pane!!!" (Buon pane sprecato), se ne uscì un
giorno, Zi' Cóle Scatenate (Zio Nicola Cilli), un
anziano dirimpettaio di Angelo in C.so Garibaldi, seduto
dinanzi casa a prendere il fresco, mentre Angelo,
rincasando dalla scuola, si accingeva ad aprire la porta
di casa.
Il giorno seguente: "Bone pane!"
"Muah!", pensò Angelo dentro di sé
arrecchiénne (udendo, ma facendo finta di non
capire), "me sa ca que' ci l'ha l'ha nghe mà" (mi
sa che questo qui ce l'ha con me).
"Bone pane!!!", gli ripeteva ogni giorno Ze'
Cole, alla solita ora,a significare che
mentre i genitori erano in campagna i figli, mangiapane a
tradimento, facevano la bella vita da spranzìune
(oziando).
"Bone pane!!!"
Era diventato un ritornello. Nu tálúrne, modo di
dire in dialetto quando qualcuno ripete sempre la stessa
cosa, scocciando.
E 'na vo'... e dìue e trà... e quattre cénghe
(E una volta... e due e tre... e quattro e cinque), come
disse una volta Pierine Rasannéle (Pierino
Argentieri), alla fine Angelo perse la pazienza e
rivolgendosi a Zi' Cole, con piglio adirato, gli
disse: "Ue' Ze' Co'! Ma che cazze ve truvuénne! Che se
fatte ti nella vita! Me t'arcorde sempre assettate a
esse annente ecc.ecc. cc." (Ue'! Zio Nicola! Ma che
cavolo vai cercando! Cosa hai fatto tu nella vita! Mi
ricordo di te sempre seduto dinanzi casa ecc.ecc.ecc.).
Le sue parole vennero udite da Teresina, la figlia di Zi'
Cole, una gran brava e bella donna, nubile, 'na
santucchiáreo vezzóche (donna che
frequenta molto la chiesa), che uscì fuori e gli fece una
ramanzina, con Angelo che si giustificò dicendo: "Scusa!
Mi spiace. Capisco che è anziano, che è una brava persona!
Ma ogni giorno mi dice bone pane e bone pane,
pur dovevo dirgli qualcosa per farlo smettere".
Tornando alla nostra storia, a parte "Bone pane",
che infastidì Angelo in quei giorni, storiella che ho
voluto raccontarvi per sorridere un po' e nel contempo
capire la differenza di mentalità generazionale in atto in
quel periodo, furono giorni meravigliosi e spensierati per
i nostri due ragazzi quelli trascorsi a Vasto, che solo la
gioventù sa regalare.
Ma l'esperienza vastese stava per giungere al termine.
Sebbene Tonino ed Angelo fossero legatissimi agli amici
vastesi, la distanza tra Vasto e San Salvo a quei tempi
era notevole ed era una vera impresa, per dei ragazzini in
età adolescenziale, recarsi tutti i giorni a Vasto con la
corriera, andare a scuola, tornare a casa per pranzare,
ritornarvi per le prove, sperando alla sera in un raro
ritorno in paese in autostop.
Salutano gli amici vastesi, ma il tarlo del complessino
elettrificato era entrato nelle loro teste.
ZI' PIPPINE
MARISCIALLE
(Il mecenate)
Tornano a San Salvo e provano a formare gruppi musicali
con Mastro Vito Di Petta ed altri ragazzi del luogo, ma
bisognava ricominciare daccapo e di soldi per acquistare
gli strumenti non ce n’erano.
A questo punto rientra in azione Zi' Pippine
Marisciàlle, il papà di Tonino.
Zi' Peppine compra la prima chitarra elettrica al
figlio e non contento acquista un basso, di cui si
innamora e prova a suonarlo direttamente lui, nonostante
non susciti molto entusiasmo in Tonino, che da figlio
rispettoso qual'era non trova il coraggio di dirglielo.
Compra poi una batteria madreperlata gialla, da far
suonare ad Angelo, sperando di recuperare in qualche modo
i soldi spesi.
Una prima formazione
estemporanea ad un matrimonio. Angelo Longhi, a
sinistra, con la batteria acquistata da Zi' Peppine,
osserva divertito Zi' Pippine al basso. Alla
fisarmonica Pierino Stivaletta, che aveva un negozio
di alimentari a Vasto ed al suo fianco, un violinista
vastese, di cui mi sfuggono le generalità, che pare
anch'egli osservare curioso Zi' Pippine.
Non ancora soddisfatto, Zi' Pippine, passata la
cotta per il basso, fa realizzare una camicia rossa, con
finiture chiare, che diventa la divisa del gruppo e
pretende che come ogni orchestra che si rispetti, ogni
orchestrale abbia dinanzi a sé quei legii di tavola
colorati, in voga negli anni '50, con il nome
dell’orchestra scritto sul davanti. L'idea viene
immediatamente bocciata.
Tonino, intanto era diventato chitarrista virtuosissimo,
ai livelli di Franco Malatesta, da cui aveva appreso
tantissimo sia dal punto di vista tecnico che da quello
dell’eccletismo musicale, ma le cose non andavano sempre
bene con Angelo, che nel frattempo si era comprato un
sassofono e non si capiva bene se ambisse ad essere
batterista o sassofonista del gruppo. Nonostante si
conoscessero da una vita ed erano come fratelli siamesi,
ognuno legatissimo all’altro, quando Angelo tirava fuori
il sax spesso litigavano, poi "ripaciavano", poi
rilitigavano, poi facevano pace. Ad ogni litigata si
cambiava batterista e nome del complesso. Una volta arrivò
Francesco Raspa e si chiamarono gli Ideal, poi arrivò
Carmine Tascone, poi altri aspiranti percussionisti, un
vero turbillon di ingressi e uscite di provetti batteristi
dal gruppo.
Prove al giardino di Don
Mario e Donna Lidia Artese, di cui si occupava la
mamma di Tonino, la cui casa confinava a fianco in
Piazza Europa. Nella foto a sin. vi è Tonino con la
sua prima chitarra elettrica, alla sua sinistra Silvio
Sapio, futuro cognato di Tonino, che con il mantice
chiuso fa finta di suonare la fisarmonica di Tonino,
alla batteria Francesco Raspa, mastro Vito Di Petta
con la sua madreperlata chitarra elettrica e Angelo
Longhi con il suo sax nuovo di zecca. La bambina nella
foto, che guarda ammirata Angelo, è Eva, sorella
minore di Tonino.
27 Dicembre 1963. Un'altra
estemporanea formazione con la divisa rossa ai tempi
dei litigi tra Tonino ed Angelo. Da sin. alla batteria
Carmine Tascone, Vito Di Petta, con la sua chitarra
elettrica, Angiolino Ialacci, il primo maestro di
Tonino, anch'egli in divisa, e Tonino Masciale alla
chitarra elettrica solista.
Di Angelo, però ce n'era uno solo e così tra una lite e
l’altra si arrivò agli inizi degli anni '60, a quel
periodo in cui gli italiani cominciarono a comprare il
primo frigorifero, la prima lavatrice, la Vespa, la 500;
ai tempi, tanto per intenderci in cui Mastro Vito comprò
la prima chitarra elettrica.
LA NASCITA DEI
PREPOTENTI
Erano quelli gli anni i cui in Italia era in atto il boom
economico e le prime televisioni cominciavano ad
illuminare le case degli italiani, rendendo noti e
familiari volti e fatti di personaggi illustri come Papa
Giovanni XXIII, il papa buono, Jhonn Fitgerad Kennedy, il
Presidente degli Stati Uniti, assassinato a Dallas, Nikita
Krusciov, il Presidente dell’URSS, Fidel Castro, Che
Guevara, dell'apice della guerra fredda, in cui si sfiorò
il 3° conflitto mondiale, ma erano anche gli anni in cui
incominciavano ad affacciarsi sul piccolo schermo artisti
emergenti del mondo dello spettacolo come Mina, Celentano,
Peppino di Capri, il Quartetto Cetra, Nicola Arigliano ed
altri.
I primi jukebox irradiavano musica moderna, nei bar e
nelle spiaggie; il twist, l’hulli-gulli, il surf, il
Madison, divennero i balli preferiti dai giovani ed un
nuovo fenomeno musicale, dopo l’epoca dei cantautori,
stava nascendo: la moda dei complessi beat, dei figli dei
fiori, delle prime canzoni di protesta.
La musica italiana era cambiata subendo sopratutto
l’influenza di quella anglosassone, così come erano
cambiati anche Tonino ed Angelo, che erano diventati
giovani non più di primo pelo.
E così, mentre il mondo discografico viveva in quegli anni
il fenomeno irripetibile dei Beatles e dei Rolling Stones,
ed in Italia incominciavano a riscuotere un successo
strepitoso gruppi di capelloni come l’Equipe 84, The
Rokes, I Corvi, i Profeti ecc. , i nostri due amici,
sentirono l'esigenza di costituire un gruppo musicale
all’avanguardia, dapprima denominato The Matches”, la cui
traduzione secondo loro era "I Cerini", ma c'era una e di
troppo (all'epoca a scuola si studiava il francesce e non
l'inglese) e poi I PREPOTENTI, i veri protagonisti della
nostra storia.
THE MATCHES con i primi
strumenti acquistati in gran parte da Zi' Pippine
Mariscialle, con le divise rosse, volute sempre da Zi'
Peppine, con il solo Angelo Longhi (a sin.) a non
indossarla, mostrando sin da allora lati del suo
carattere di non allineato e contestatore. Da sin:
Angelo Longhi, il cantante Mario Ciavatta, Antonino
Chioditti e Tonino Masciale.
I PREPOTENTI nel periodo
del massimo folgore. Da sin.Tonino Masciale, Antonino
Chioditti, Mario Ciavatta, Ennio Di Petta e Angelo
Longhi . Le divise vennero confezionate: i pantaloni
dal giovane sarto Domenico Raspa e le magliette dalla
giovanissima Teresa Chinni, che aveva aperto in quel
periodo un laboratorio da majáre.
Angelo Longhi con il suo
sax, al ristorante di Rocco Martelli in C.da Stingi,
all'epoca ancora aperta campagna.
I Prepotenti, nome dato al gruppo in una sorta di
contrapposizione a "I modesti", il complesso vastese in
cui Tonino ed Angelo si erano formati a Vasto, erano
costituiti oltre che dai suddetti, anche da Ennio Di
Petta, alla chitarra elettrica ritmica, dal fulvo Antonino
Chioditti al basso e dal compianto Marie lu cioppe
(all’anagrafe Mario Ciavatta), voce solista del gruppo,
che da giovanissimo era rimasto vittima di un incidente appresse
a la trèbbie (lavorando con la trebbia), che gli
causò l'amputazione di una gamba.
Con l’arrivo dei Prepotenti e la continua crescita della
vena musicale di Tonino, la musica a San Salvo fece il
primo vero salto di qualità verso la professionalità
artistica, in linea con le mode del momento. I Prepotenti
avevano tutto per affermarsi: la giovinezza, un aspetto
professionale, i fans, l’ambizione e le giuste
motivazioni; facevano tournée nei paesi limitrofi; erano
famosi nei paesi del circondario; era un successo
assicurato averli come ospiti nelle serate danzanti, nei
matrimoni, nei primi veglioni di capodanno.
Sull'onda dell’entusiamo, cambiarono, come si dice oggi
in gergo, anche look: cominciarono ad indossare
pantaloni dapprima alla Celentano e poi fiorati alla
“figli dei fiori”, si fecero crescere i capelli, si
fecero nuove divise, insomma seppero integrarsi con
professionalità nel panorama musicale beat in voga del
momento.
I Prepotenti ad un
veglione di fine anno (31.12.1966). Da sin. Antonino
Chioditti al basso, Angelo Longhi alla batteria,
Ennio Di Petta alla chitarra ritmica, Tonino
Masciale alla chitarra solista ed all'organo, ma
faceva finta di suonare, il cantante Mario Ciavatta.
Presi sempre da maggiore entusiasmo comprarono, per quei
tempi, una marea di strumenti musicali a rate: impianto
voce, microfoni, chitarre nuove. Tonino si comprò una
Jupiter Meazzi (costò all’epoca 180 mila lire, circa 4
stipendi di un operaio); Angelo una luccicante
batteria blu Holliwood Meazzi superaccessoriata, che
faceva le spricchialétte (che luccicava);
Ennio ed Antonino, qualche tempo dopo, una
chitarra ed un basso della Vox di colore bianco latte,
con corpo trapezoidale
(solid-state) e Mario un microfono
professionale della Davoli, come quelli che si vedevano
al Festival di Sanremo. Acquistarono poi amplificatori
della Davoli come il Super Tigre, un bestione di
amplificatore da 120 watt, con cassa sottostante,
l’Organ Bass per il basso da 80 watt, l’impianto voce
della Geloso da 100 watt e relative casse della Davoli,
l’eco Binson per la voce (gli strumenti
venivano pagati a rate alla brava e paziente sig.ra
Baccelli di Vasto, proprietaria di un locale di
strumenti musicali, con il ricavato delle serate).
I Prepotenti a Lentella,
in una Festa dell'Unità. Notare parte della
strumentazione: da sin. Angelo con la sua nuova
batteria Holliwood Meazzi; Ennio ed Antonino con le
trapezoidali chitarra e basso della Vox; il Super
Tigre della Davoli, il mastodontico amplificatore,
il massimo per l'epoca. Nella foto manca Tonino: vi
è la sua nuova chitarra elettrica la Jupiter Meazzi
visibile tra Mario, il cantante, e Antonino, usata
in quegli anni dai chitarristi delle orchestre RAI,
al pari delle batterie Holliwood Meazzi da parte dei
batteristi. Motivo dell'assenza di Tonino? Era stato
colto da improvviso bisogno corporeo.
Angelo Longhi con la sua
nuova batteria Hollwood Meazzi.
Ciò che era strabiliante nell'ascoltarli, al di
là della loro bravura, erano quei moderni suoni, dal
vivo, che la gente non era ancora del tutto abituata a
sentire, come quelle profonde note di basso, che
fuoriuscivano simili solo dall'altoparlante di quei
primi juke box, oppure cantare al microfono con l'eco o
il reverbero, che applicati sulla voce e sulle chitarre,
davano quel tocco di magia che li rendevano divi tra i
ragazzi, rendendoli protagonisti di un mondo musicale
nuovo, sino ad allora visto solo in televisione o
ascoltato in quei primi dischi 45 giri, che proprio in
quel periodo entravano nei giradischi dei giovani, una
novità, o nei mangiadischi collocati nelle plance delle
prime automobili, che qualche genitore aveva da poco
iniziato ad acquistare.
LA FESTA DI SAN
VITALE
Fu in quel periodo che il comitato feste locale lì
scritturò per la festa di San Vitale. Fu un evento
storico: per la prima volta, ad artisti, seppure in erba,
sansalvesi, veniva affidato lo spettacolo più importante
della festività del paese.
Ricordo quella sera come fosse ieri. La cassarmonica, dove
i nostri amici erano già saliti più volte da ragazzini,
quando durante le pause delle orchestre di musica leggera,
scritturate per la festa (quelle con le prime signorine in
minigonna per intenderci), si esibivano ragazzi del paese
attratti dal palcoscenico, quella sera fu tutta loro, da
protagonisti unici ed assoluti.
Ricordo che piazzarono la cassa del Supertigre della
Tavoli da 120 watt sul balcone del bar di Vitarille
(oggi nei concerti si usano amplificazioni minimo da 1.000
- 3.000 watt, Mastro Vito ne aveva uno di 5watt), le casse
della Davoli sui pali di sostegno della cupola della
cassarmonica e quella sera, con la piazza gremitissima,
sbalordirono il mondo giovanile, anche se a detta dei
matusa (gli anziani), che erano ancora abituati ad
ascoltare strumenti classici e non amplificati, misero a
rebbélle la piazza(suonarono ad alto
volume), stappando loro di fatto le orecchie, che
all'epoca in molti avevano otturate da sordidà senile, dal
rifiuto di accettare l'epoca beat e quindi i capelloni e
le nuove mode musicali, e spesso anche dal cerume naturale
e culturale. E meno male che suonavano con soli 100 watt.
Io, che avevo poco più di dieci anni, chitarrista in erba,
mi mangiavo con gli occhi Tonino, che con la sua Jupiter
Meazzi, suonava da Dio. Cercavo di carpirgli tutti i suoi
segreti della chitarra: come metteva il barrè, di capire
le posizioni che usava, come le 7 diminuite, le 7+, le
seste, le none, le quarte, le 5+, le undicesime, accordi
che alla maggior parte dei chitarristi dell’epoca erano
sconosciuti. Ed a tal proposito credo di poter affermare
oggi, senza ombra di dubbio, che Tonino Masciale, sia
stato e lo è ancora, con la fisarmonica e la chitarra, un
maestro, un musicista con la conoscenza delle regole
musicali dell’armonia come pochi, un interprete unico e
dal tocco musicale sopraffino, un punto di riferimento per
le successive generazione ed infine, consentitemi di
dargli un merito: quello di essere stato indirettamente il
mio maestro, anche se egli non lo ammetterà mai.
CESARE
DE CESARIS
E IL CANTAGIRO REGIONALE
La fama dei Prepotenti si sparse anche al di là della
realtà locale e cominciarono a mietere successi e
riconoscimenti in ogni luogo si esibissero.
Fu in quel periodo che la bravura di Tonino giunse alle
orecchie di Cesare De Cesaris, il maestro fisarmonicista
dell'omonima orchestra, la più famosa in Abruzzo, che si
alternava nelle nostre feste paesane con quella di Mario
Mari.
E cosi, con Tonino scritturato dall'orchestra Cesare De
Cesaris, il massimo per un chitarrista dell'epoca, che
unì l'utile al dilettevole buscandosi qualche quattrino,
che oggi come allora per un giovane non è poca cosa, "I
Prepotenti" non si esibirono più insieme, per un'estate
intera.
A sin. Tonino Masciale,
chitarrista nella mitica Orchestra Cesare De
Cesaris. Alla sua sinistra, con la sua fisarmonica
Cordovox, il virtuoso maestro Cesare De Cesaris,
autore anche del famoso brano Zi' Nicola, che
riscosse un successo straordinario in Abruzzo e nel
meridione d'Italia. Alcuni sansalvesi, notarono in
quel periodo una straordinaria somiglianza di Cesare
De Cesaris con Don Peppine, anche se era più piccolo
di statura rispetto al nostro medico. Il
trombettiere a destra, di nome Alvaro, aveva un
labbro d'oro con la sua tromba. Famosa era la sua
interpretazione de "Il silenzio" di Nini Rosso,
brano in voga in quel periodo.
Durante l'inverno il gruppo si ricostituì, e l'estate
successiva, dopo che Tonino rifiutò la nuova offerta di
De Cesaris, a cui suggerì di ingaggiare Franco
Malatesta, che accettò, I Prepotenti, consigliati da
Tonino, vennero ingaggiati da una coppia di manager
romagnoli, i cui cognomi erano Casaroli e Montefusco,
che li scritturò per farne l'orchestra di base al
Cantagiro Regionale Abruzzo e Molise, oltre che
concorrenti con altri gruppi, girovagando per tutta la
stagione per la regione, che all’epoca non era ancora
divisa. Solo Mario, il cantante, non li seguì,
andandosene a lavorare di lì a poco alla SIV, che
proprio in quei giorni stava entrando in pieno regime.
I PREPOTENTI: cartolina
pubblicitaria. Da sin.Tonino Masciale, Antonino
Chioditti, Mario Ciavatta, Ennio Di Petta e Angelo
Longhi
Quest'ultima esperienza, haimè, decretò la fine dei
Prepotenti.
Angelo non si trovò a suo agio e dopo qualche tempo se
ne ritornò a casa. Idem Antonino, che emigrò per un
periodo in Germania. Rimasero con l'orchestra solo
Tonino ed Ennio, con quest'ultimo che divenne
collaboratore di Casaroli e Montefusco, in qualità di
"manager" procacciatore di serate.
Come tutte le belle favole della vita, anche la loro, al
loro ritorno, terminò, con mia enorme delusione.
I Prepotenti non si ricostituirono più.
Il tempo passa e pone gli uomini dinanzi a nuove sfide
ed a responsabilità che l’età adulta impone.
San Salvo all’epoca era un paesino di 5 mila anime, tra
il mare e la campagna.
Sono convinto, però, che se i Prepotenti, nel massimo
del loro fulgore, fossero nati e vissuti in centri più
visibili al mondo discografico, avrebbero calcato
PREPOTENTEMENTE le scene e le luci della ribalta.
Fernando Sparvieri (uno dei tanti fans).
10 maggio 2013
I PREPOTENTI fotografati
durante una serata amarcord l'8 Agosto 2012 in P.zza San
Vitale, voluta dall'Amministrazione Comunale, di cui era
Assessore alla Cultura il Prof. Giovanni Artese. Da sin.
Antonino Chioditti, Ennio Di Petta, Angelo Longhi,
Fernando Sparvieri, presentatore della serata e Tonino
Masciale.
VIDEO
I Prepotenti l'8 Agosto 2012
in P.zza San Vitale.
IVideo
I Prepotenti
NOTA
L'orchestra spettacolo Mario Mari era quella
antagonista a Cesare De Cesaris. A San Salvo o veniva
l'una o l'altra. Ricordo che Mario Mari, all'inizio
della serata, mentre l'orchestra con le trombe suonava
la sigla iniziale "Love letter in the sand", prendeva il
microfono e con voce rauca, mezzo sgrammaticato,
annunciava: "Signore e signori buonasera, l'orchestra
Mario Mari augura a tutti buon ascolto ed una felice
serata...", passando subito dopo il microfono a sua
moglie, cantante e presentarice ufficiale, truccata alla
Moira Orfei, che presentava tutta l'orchestra ed
annunciava il nome delle giovani cantanti con le prime
minigonne, le cui gambe accendevano i bollenti spiriti
di molti ragazzi. I ragazzi, tutti davanti alla
cassarmonica, applaudivano e commentavano la bellezza
delle cantanti, tutte truccate. Alcuni adolescenti,
nonostante i carabinieri presenti, con la cassarmonica
che nella parte posteriore, vicino al muro della chiesa,
era sollevata di circa 20-30 cm rispetto al piano
stradale, per ovviare alla pendenza della piazza,
strisciavano come vermi incuneandovisi sotto, per meglio
scrutare, tra le fessure delle tavole del palco,
qualcosina in più delle gambe delle belle signorine. Non
durava molto: se ne accorgeva il padrone della
cassarmonica, che chiamava i carabinieri, che li
mettevano in fuga, come ladri colti in flagrante. Anche
il sesso era ancora tabù per i giovani di quegli anni.
I racconti di Fernando Sparvieri
Indice Gente, usi e costumi del mio paese
Un libro sul web MA CHI SAREBBERO LI SALVANESE
di Fernando Sparvieri
Indice I forestieri a San Salvo
I racconti del mare
I pionieri del mare ed altro
di Fernando Sparvieri Indice Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)