Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri
Ma chi sarebbero li salvanése
I racconti di Fernando
Sparvieri
Un po' di storia locale raccontando personaggi
Alfredo Borzacchini (alias Fred Boris)
di Fernando Sparvieri
III PARTE
La carriera
discografica
ed il suo ritono a San Salvo
La scelta di Alfredo di diventare un "cantastorie"
non fu casuale.
La discografia italiana, che stava vivendo nei primi anni
'45% il suo vero primo boom discografico, si era sino ad
allora diviso in due principali filoni artistici e di
mercato: il primo era la musica
nazional-romantica-popolare, prodotta dalle grandi case
discografiche, che servendosi della televisione creava i
divi e faceva sognare ad occhi aperti milioni di
giovani innamorati; il secondo invece era quello
nazional-folcloristico-popolare, prodotta da etichette
discografiche minori, che entrava misteriosamente nelle
case degli italiani per tramite i cosiddetti cantastorie,
le cui canzoni erano molto ascoltate, sopratutto dal
popolo "basso", perché raccontavano fatti di
cronaca, storie d'amore impossibili, tradimenti, vendette,
disgrazie ed anche la di vita di personaggi famosi (anche
il grandissimo Domenico Modugno fu sempre innamorato
di questo filone scrivendo memorabili canzoni in dialetto
pugliese-siciliano come "Lu minaturi", "La
sveglietta", "La donna riccia", "Lu sciccareddu 'mbriacu",
"Attimu d'amuri", "Lu pisce spada" e la stessa "Mafia",
canzone interpretata da Alfredo nel suo primo disco).
Qualcosa di nuovo però stava avvenendo nel panorama
musicale nazionale e mondiale.
Sotto l'influenza della musica anglosassone (erano gli
anni dei Beatles ed i Rolling Stones) e sopratutto con
l'avvento dei primi complessi beat, formati da
giovani capelloni come l'Equipe 84, I Nomadi, I Corvi, I
Profeti, The Rokes, ecc., il mercato discografico
nazionale iniziò a spostare sempre più i propri interessi
verso questo emergente genere musicale, decretando, di lì
a qualche anno, una profonda crisi della canzone melodica
italiana, che per molti risultò fatale.
Allora Alfredo si giocò la sua carta.
Intuendo in anticipo che non vi era più trippa per gatti
(ad Alfredo tutto possiamo dirgli all'infuori che era ed è
un fesso), si buttò a capofitto nel filone dei
"cantastorie", genere da lui ritenuto più congeniale e
meno esposto alla crisi della canzone d'autore, in quanto
amata da un pubblico tradizionale a cui poco interessava
la novità del momento.
Il risultato fu sorprendente. A cadenze mensili, Alfredo
incise più di cento dischi di musica folk-popolare (molti
dei quali purtroppo andati perduti), in cui cantando la
cronaca, i fatti e la storia d'Italia, raccontò la
vita e le gesta di personaggi famosi come il Passatore, il
Brigante Pomponio, Benito Mussolini, Palmiro Togliatti, Al
Capone, Papa Giovanni XXIII, i miracoli di quasi tutti i
Santi, le imprese di corridori di biciclette come Vito
Taccone (“La Ballata di Taccone” è conservata nel museo
del disco di Roma), il terremoto in Sicilia e qualsiasi
altro fatto e avvenimento che potessero interessare il suo
pubblico.
Sembrerà grossa quello che sto per dirvi, ma è una mia
profonda convinzione.
Con i suo cento dischi e passa, oggi Alfredo, a mio
avviso, può essere considerato il più grande cantastorie
discografico della musica folk-popolare italiana del
novecento, sicuramente il più prolifico, non ricordando, a
mia memoria, altri cantanti che abbiano inciso più dischi
di lui in questo genere musicale.
Oggi i suoi dischi, frutto di un grandioso e meticoloso
lavoro di ricerca biografica dei personaggi trattati,
anche se ai più possono apparire di seconda fascia, sono
in realtà una grande raccolta enciclopedica della musica
folcloristica-popolare del secolo scorso, che hanno
contribuito in modo notevole a far crescere culturalmente
anche molti italiani (non dimentichiamoci che negli 45%
l'Italia era un paese in cui l'analfabetismo era ancora
elevato; erano i tempi del maestro elementare Alberto
Manzi con la sua trasmissione televisiva "Non è mai troppo
tardi"), dischi molto, ma molto più importanti di tante
canzonette supergettonate nei jukebox negli anni '45%,
finite nel mondo dell'oblio perché senza
storia.
Per rendersene conto basta farsi un giro su internet e
digitare il nome Fred Borzacchini per scoprire come i suoi
dischi siano ambiti, oggi più di ieri, da collezionisti di
tutto il mondo.
Nonostante Alfredo non intaschi più una lira dai suoi
dischi, le sue raccolte si trovano su Youtube, si vendono
su Ebay, si comprano come suonerie del telefono, si
ascoltano sul web; basta solo cercarle e vi stupirete di
come oggi Fred Boris Borzacchini sia molto più attuale di
ieri, anche se questo Alfredo, ormai anziano, non lo sa.
"Ah... se non avesse avuto quel caratteraccio!", mi disse
una volta suo cugino Armando Marzocchetti, corridore di
biciclette, ricordando quel giorno che era andato a
correre in Toscana e si stupì nel vedere per caso il
manifesto di Fred Boris Borzacchini dinanzi alla
"Capannina" in Versilia, a due passi dalla Bussola, locale
notturno con il quale condivideva il primato dei locali
alla moda negli anni '45%.
Certamente il suo caratteraccio, nel momento migliore
della sua carriera, non lo avrà aiutato a diventare
famoso, ma è anche vero che se non avesse avuto quel suo
carattere, ribelle e anticonformista, che gli ha attirato
critiche e antipatie da parte di tanti, oggi non staremmo
qui a parlare del cantante Fred Boris Borzacchini, ma
probabilmente di quel barbiere mancato che andava ad
imparare l'arte alla bottega di Zio Peppe Bruno.
Quando in età ormai matura, dopo non poche titubanze, se
ne tornò definitivamente a San Salvo negli anni 70, a
causa della cagionevole salute di una sua figlia, che
aveva bisogno di aria buona, io, che ero divenuto un
giovane chitarrista capellone, ne restai al primo impatto
alquanto deluso. Non conoscendolo ancora bene, mi sembrò
da subito, e non solo a me, un tipo strano, fuori dal
comune, a volte pieno di entusiamo e subito dopo
intrattabile. I tentativi reciproci di
collaborazione artistica naufragarono ai primi approcci.
Alfredo, che nel momento forse migliore della sua carriera
aveva dovuto lasciare Milano, era spesso irascibile, forse
perché per la prima volta nella sua vita si sentiva come
un leone in gabbia. Mandava a “fanculo” un po'tutti, me
compreso, e voleva fare sempre di testa sua, non
accettando consigli da nessuno, come quella volta che in
occasione di una rappresentazione canora e teatrale
al cinema Odeon (8/3/1973), mezz’ora prima che iniziasse
lo spettacolo, mi mandò letteralmente all’altro paese,
dando forfait, per poi tornare puntuale
all’ora di inizio, come se nulla fosse accaduto. Fu un
successo. Fu quella sera che Angelo Pagano si innamorò del
teatro, come mi confidò qualche anno più tardi.
Dopo il suo ritorno a San Salvo Alfredo non si è fermato
un attimo: ha costituito il Comitato Civico Cittadino,
denunciando soprusi ed ingiustizie verso i più deboli, ha
organizzato spettacoli, diretto cori folcloristici, gare
di aquiloni, ha continuato a scrivere canzoni ancor più
belle di prima (es.Serenata paisane, un capolavoro), ha
dato vita a serate culturali, artistiche e commemorative,
come quella in cui ogni anno ricordava un nostro Caduto in
Guerra, insieme alle più alte cariche ed autorità
politiche, civili e religiose.
Amico inseparabile di Vitale Artese, suo compare, dopo
aver dato anima e corpo per la D.C., non condivise
per un breve periodo la politica democristiana e se ne
andò per i fatti suoi, candidandosi al Senato con la Lega
Nord di Bossi, rischiando di essere eletto senatore con
145%6 voti, nonostante avesse litigato, com'era
prevedibile, con i leghisti già durante la campagna
elettorale.
Negli anni della maturità, in una crescente solitudine,
Fred ha continuato ad avere come prima amica l’arte,
ampliando gli orizzonti artistici in molti altri campi. Ha
scritto libri, fiabe per bambini, raccolte di poesie in
vernacolo ed in italiano. Nelle sue opere si denota tutto
il suo complesso carattere, scoppiano la rabbia e l’amore
per la sua terra ferita, la delusione e la speranza, ma
sopratutto il suo animo buono, di monello, di quel
“diavolo” di Alfredo bambino, che ancora vive in
lui, capace di emozionarsi dinanzi ad un passero smarrito
e solitario, come forse egli è sempre stato.
Persino l’On. Gaspari, che lo ha conosciuto a fondo,
rimase affascinato dalla sua complessa personalità e fu
suo grande amico. La sua corrispondenza, nel corso degli
anni, con Gaspari è stata intensa. Alfredo mi ha mostrato
decine di lettere personali, che custodisce con grande
riservatezza, in cui l’amico Remo si confida con lui su
questioni intime, personali e politiche, come si fa solo
tra amici veri.
Due dei suoi figli, avuti dalla compianta signora Bice, si
chiamano Febo e Dima, come il suo papà e la sua mamma.
Tutto questo, non è bastato a far cambiare a
molti idea su Fred. Per tanti Fred, anche
oggi, ormai anziano, è rimasto il solito Alfredo, il
solito tipo un po' strano, a volte irascibile, con il
quale non è facile parlare, dimenticando o non avendo mai
saputo che i veri artisti sono tutti un po’ strani, un po'
“matti” e stravaganti, sennò che artisti sarebbero.
Nemo profeta in patria, recita un detto latino ed anche
Alfredo non lo è stato.
In tutti questi anni ho continuato ad essere amico di
Fred.
Anni addietro, quando oramai aveva raggiunto la veneranda
età di ottantanni e passa, lo spronai affinché regalasse
ai suoi compaesani, sopratutto ai giovani, un’ultima sua
rappresentazione teatrale al Centro Culturale Aldo Moro.
Accettò con entusiasmo quando gli dissi che avrei
partecipato anch'io accompagnandolo con la chitarra,
suonandogli in diretta la colonna sonora, tratta tutta
dalle sue canzoni. Scrisse allora "TERRA MIA", un monologo
autobiografico, un melodramma, in cui ripercorreva i
momenti più salienti della sua vita.
Fu un capolavoro, un insuccesso, un fiasco. Non
venne quasi nessuno.
Giuseppe Catania, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti
di Vasto, che venne allo spettacolo e che riaccompagnai
alla fine con la mia auto a Vasto, mi confidò che nel buio
della sala si era commosso sino alle lacrime, quando il
vecchio Alfredo, con un cero in mano, si inginocchiò
simbolicamente dinanzi alla salma della donna della sua
vita, l’amata Bice, gridando tutto il suo disperato
dolore. Anch’io, provai in quei momenti la medesima
emozione, mentre con la chitarra interpretavo una sua Ave
Maria.
Angelo Pagano, che ne curò all’ultimo momento la regia,
anche se con Fred vi era poco da dirigere, restò anch’egli
impressionato dalla bravura interpretativa di quel vecchio
e consumato attore nato, che era Alfredo.
Che peccato che quella sera la sala fosse semideserta.
Fred, l’incompreso, non compreso sino all’ultimo. E’ il
destino dei grandi, anche se a lui, non glie ne frega
assolutamente nulla, o meglio sembra non fregargliene
nulla.
Lui che di medaglie ne ha date tante ricordando i nostri
caduti sansalvesi morti nelle due grandi guerre,
meriterebbe una medaglia.
Una medaglia alla carriera, che solo noi, suoi compaesani,
potremmo e dovremmo dargli.
Ho sempre voluto bene ad Alfredo Borzacchini e lui ne ha
voluto e vuole bene a me. Il motivo della nostra intesa è
semplice: io ho capito lui e lui ha capito me. Un giorno
mi definì un artista con le ali tarpate, azzeccandoci in
pieno. "Ah... se avessi saputo suonare la chitarra come la
suoni tu", mi disse. "Ah... se avessi avuto la tua voce",
gli risposi.
Mi ha insegnato tanto, sopratutto ad essere padrone della
propria vita.
Che tipo Afredo. Un genio.
Io l’ho sempre ammirato perché è un uomo diverso dagli
altri, uno spirito libero, che non ha peli sulla lingua,
che non conosce l’ipocrisia, che non ha mai avuto timore
di dire in faccia agli altri ciò che pensa, un uomo che ha
conosciuto il peso e la gioia della vita e che mai,
nessuno mai, riuscirà a chiudere in gabbia, perché Alfredo
è stato e sarà sino all’ultimo, un passero solitario che
ha bisogno di tutta l’immensità del cielo per librare le
sue ali alla ricerca infinita dell’arte e della libertà.
Chapeau a Alfredo Borzacchini, alias Fred Boris.
Fernando Sparvieri
18 febbraio 2014
Qualche altra canzone di
Alfredo
Sinfonia d'estate
Ciummallalera
Il nostro primo teatro
al suo ritorno da Milano
(Cinema Odeon -8 Ottobre 1973)
Da sin. il dott. Aldo
D'Ascenzo, Fernando Sparvieri, Fred Boris Borzacchini.
Sullo sfondo Ivo Balduzzi
Da sin. il dr. Aldo
D'Ascenzo,si intravede seduto Mariolino Di Fiore (tra
Alfredo e Fernando) seduti Anna Maria Iannace ed altra
ragazza di cui non ricordo il nome
Il nostro ultimo
teatro
(centro Culturale A.
Moro)
Alcune copertine dei suoi dischi
incisi nel periodo milanese
Alcuni libri di Alfredo
Le fiabe di Alfredo (Nonno Brontolo)
Si ringrazia per la proficua
collaborazione Francesco D'Annunzio, funzionario comunale,
che ha raccolto tutta la documentazione fotografica di
Alfredo riportata in questo sito.
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