(Carta scritta e pica canta)
di
Fernando
Sparvieri
Si racconta che due fratelli sansalvesi avevano litigato e
non si parlavano da anni.
Abitavano nella casa paterna uno a fianco all’altro.
Dinanzi ai rispettivi ingressi delle abitazioni vi era
‘na
frátte (una siepe) che dave
‘mbéccie (dava
fastidio) ad entrambi.
Un giorno un fratello si fece coraggio e disse all’altro:
“
Uè... le vulàme luvua’ ‘ssa frátte?” (La vogliamo
togliere questa siepe?).
“
Va bbune! (va bene)”, gli rispose l’altro.
“
Però”, aggiunse il fratello che aveva proprosto di
toglierla, ”
carta scrétte e péche cante” (carta
scritta e pica canta), che è un modo di dire sansalvese
per mettere le cose in chiaro, nel senso di mettere il
patto per iscritto.
Presero
’na carte (un foglio di carta) e scrissero.
Trascorse qualche mese e
zétte ti e zétte jé
(zitto tu e zitto io): nessuno dei due fratelli, che
continuavano a non parlarsi, osava dire all’altro di
procedere alla rimozione
de la frátte.
E fu così che un giorno, il fratello che era stato
interpellato, trovandosi di fronte l’altro, gli disse:
“
Ue’ la carte sta scrétte, ma ‘ssa péche canda cazze
cande?” (Ue’ la carta sta scritta, ma questa pica
quando ca... cchio canta?).
Fernando Sparvieri