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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi








La chiamerò...
(Fatterelli)

di Fernando Sparvieri


Oggi, nell'era della scienza medica tecnologica, dopo pochi mesi di gravidanza, già tra la diciottesima e la ventiduesima settimana di gestazione, il ginecologo, per tramite esami ecografici, è in grado di svelare il sesso del nascituro, ma un tempo, da quel che ricordo io, bisognava attendere il primo vagito del neonato per apprendere se era venuto alla luce un maschietto o una femminuccia.

L'ecografia non si faceva perchè non c'erano gli ecografi. C'era però chi azzeccáve (chi indovinava), o meglio teréve a 'nduvune' (tirava ad indovinare).

Erano per lo più le donne del popolino che per tramite delle supposizioni empiriche, guardando la pancia della gestante, riuscivano a predire il sesso del nascituro.

Panza pezzìute ne porte cappelle (pancia appuntita non porta cappello), recitava un vecchio detto popolare a significare che se la donna incinta aveva una pancia appuntita, sarebbe nata una femminuccia e quindi non avrebbe indossato il cappello, all'epoca prerogativa solo dei maschi; se la pancia invece era tonda, sarebbe arrivato una maschietto. Altro metodo, che però riguardava solo la nascita della prole successiva al primo figlio, consisteva in quest'altra teoria: se il giorno che era nato l'ultimo bimbo (ad esempio un maschio) c'era stata la luna crescente , anche il prossimo figlio sarebbe stato di sesso maschile, mentre se la luna, in quel giorno, era stata calante sarebbe arrivata una femminuccia. Stesso discorso valeva nel caso l'ultima nata fosse stata una bambina. Tutto dipendeva dalla luna, se era crescenze o mancanze, e dal sesso dell'ultimo nato.

Non essendoci in ogni caso certezza assoluta, i genitori, durante la gravidanza, sceglievano due nomi, uno maschile e l'altro femminile, per non farsi trovare impreparati al momento della nascita del bimbo, anche se, a ripensarci bene, almeno per il primo figlio maschio e femmina della coppia, c'era poco da scegliere: z'aveva arnuva', che significava che bisognava chiamarli con i nomi del nonno e della nonna paterna.

In pratica, giusto per fare un esempio, se il nome del nonno paterno era Pasquale bisognava chiamarlo Pasquale anche se il bimbo nasceva a Natale, oppure, se la nonna paterna si chiamava Pasqua e la bimba nasceva a Capodanno, quindi il primo giorno dell'anno, il suo nome era sempre Pasqua e mai Anna.

Scherzi a parte, questo tacito obbligo, cioè quello d'arnuvua', in realtà in uso tutt'oggi, anche se ormai considerato fuori moda dalle nuove generazioni, che hanno studiato, anticamente era pressochè tassativo ed era dovuto in modo perentorio solo dal primogenito maschio della famiglia. Gli altri fratelli, dal secondogenito in poi, e le sorelle, pur appartenenti allo stesso nucleo familiare, non erano vincolati da questa usanza, anche se spesso capitava, sopratutto nelle famiglie patriarcali, che i nonni venissero arnuvuìte anche dagli altri germani, causando omonimie da parte di cugini, che una volta divenuti adulti, mandavano in confusione il postino che spesso consegnava una lettera di uno all'altro.

Tutto era frutto di una mentalità diffusa sin dall'antichità. Ne andava di mezzo l'onorabilità dei nonni paterni e la rróbbe (la proprietà), in particolare la despunébbele (la disponibile), che era ed è una quota dell'eredità che per volontà testamentaria, una persona può liberamente riservare a chiunque.

In altri termini, un tempo, non era come oggi, con le dovute eccezioni di chi è rimasto fedele all'antica usanza, che uno mette ai propri figli il nome che gli pare. Il nonno si sarebbe incavolato di brutto se non veniva arnuvuáte, ma, se ciò non avveniva, la prima ad offendersi, anche se era stato il nonno a subire l'onta, era la nonna, che aveva dimenticato di quando era stata lei ad aver dovuto ingoiare il rospo, ed ora un bel dispettuccio alla nuora, come avviene nelle migliori famiglie, glie lo doveva pur fare.

E' inutile stare lì a dire che le nuore, ieri come oggi, mal sopportavano tale usanza, ma in un'epoca in cui i suoceri venivano chiamati per rispetto mamma e papà, e che doveva apparire che fossero i mariti a portare i pantaloni in casa, alle povere puerpere non restava altro che allattare, anche per non far vedere alla gente che erano sempre loro, le donne, da che mondo e mondo, sotto sotto, e per fortuna, a comandare.

E non sia mai un figlio arnuvuáve il consuocero o la consuocera: si finiva il mondo. Era l'offesa più grave che i nonni paterni potessero ricevere ed era consentito solo quando la coppia aveva già adempiuto a le runnuvuamìnde (ai rinnovamenti) dei genitori del marito. Spesso entravano in gioco anche i nomi di zii scapoli o che non avevano avuto figli. Lo si faceva per onorarli, ma sotto sotto pe' la róbbe (la proprietà), sperando in lasciti testamentari al figlio che portava il loro nome. L'aveva asséste però (accudirli durante la vecchiaia).

Meno male che a quei tempi, non essendovi, in casa, come succede oggi, televisori ed altre evasioni tecnologiche serali, appena si spegneva il fuoco al focolare, i genitori andavano a riscaldarsi nel talamo nuziale, e lì, con i figli céme e pedéle, il cui significato potrete apprendere guardando il video di sotto, si sbizarrivano a procreare, dando alla successiva prole finalmente un bel nome scelto da loro, non proprio bello straniero, come si usa oggi, ma almeno originale.

Ed a proposito di nomi originali, i tempi erano quelli che erano dal punto di vista culturale e spesso ci pensavano gli ufficiali di Stato Civile, al momento della registrazione della nascita del bimbo in Comune, a dare vita a nomi e cognomi particolari. Un esempio per tutti quello dell'ex Sindaco di San Salvo ins. Renaldo Altieri. I suoi genitori avrebbere voluto chiamarlo Rinaldo, come un suo zio frate missionario, al quale l'Amministrazione Comunale ha pure intestato una via nella zona della vecchia C.da Stingi. Rinaldo, dopo la registrazione al Comune, divenne Renaldo.

E restando in tema di nomi originali e del grado culturale della gente, si racconta che un giorno Duméneche, un futuro padre, oramai libero da vincoli di rinnovi di nomi de tutte lu sciùppunate (di tutta la parentela), entrò nel pallone, che più di così non ci poteva entrare.

"Sta vo', gna ze féje majme
(Ora che partorirà di nuovo  mia moglie), confidò a Nécole, suo amico, "se fa fàmmene, j'aje màtte nu bélle nome!" (se sarà una femmina, le metterò un bellissimo nome).

"E gna j métte nome?" (E come la chiamerai?), gli chiese incuriosito Nécole.

"Nte le puzze déce!" (Non te lo posso dire), gli rispose Duméneche.

"E peccà?" (E per quale motivo?), gli chiese nuovamente l'amico.

"Tinghe pahìure ca me le fréchene" (Temo che qualcuno lo metta prima di me), gli rispose preoccupato.

"Ue'! Tante è puténte 'ssu nome?" (Ue'! Tanto è strabiliante questo nome?), gli disse a questo punto Nécole ancor più incuriosito.

"E' nu nome bèlle bèlle bèlle" (E' un nome bellissimo), gli rispose Duméneche, finalmente deciso a rivelarglielo. "L'aje leggìute a nu maneféste a lu Vuáste (E' un nome bellissimo. L'ho letto ad un manifesto a Vasto), continuò. E poi aggiunse: "Vabbu'! Mo te le déche! Però me raccummánne! Ne dèce a nesciune" (E va bene! Adesso te lo dirò. Però mi raccomando. Non dirlo a nessuno):

J' màtte nome... Ernia" (La chiamerò Ernia).


Video
Ceme e pedéle
Video



NOTA

In dialetto sansalvese il suffisso "issimo"  del superlativo assoluto non esiste. Si ripete l'aggettivo qualificativo più volte, ad esempio per dire bellissimo si dice bbélle bbélle bélle, e maggiore è la bellezza di cui si parla, maggiore è anche la quantità della ripetizione dell'aggettivo, es. bbélle bbélle bbélle bbélle e bbélle. 






I racconti di Fernando Sparvieri

Indice

Gente, usi e costumi del mio paese



Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

di Fernando Sparvieri

Indice

I forestieri a San Salvo



I racconti del mare

I pionieri del mare ed altro


di Fernando Sparvieri
Indice

Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)















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