Morte
e véve
(Morto
e vivo)
(Fatterelli)
di Fernando Sparvieri
"
Gna è la 'uerre?" (Com'è la guerra?)
"La uérre!!!" (La guerra!!!)
"La 'uèrre è nu uaje: fucilatánne,
mitrajatriciánne, cannonatánne, ropolanánne! Za Annachiara
mia non ti puoi parari". (La guerra è un guaio:
fucilate, mitragliate, colpi di cannoni, bombardamenti aerei.
Cara zia Annachiara, non ti puoi parare).
Così rispose
'Ntonie, un giovane soldato sansalvese,
appena tornato dalla guerra, quando
Za' Annachiare gli
chiese com'era la guerra.
La guerra, ahimé, è stata sempre vissuta dalla popolazione
civile con ansia ed apprensione, sopratutto per la sorte dei
propri figli impegnati direttamente al fronte, ma un tempo,
quando non c'era la televisione, che mostra in diretta
atrocità di ogni genere, e le scene belliche si vedevano solo
sulle foto di rari giornali o nei disegni illustrati della
"Domenica del Corriere", la gente non aveva un' idea precisa
di cosa succedesse realmente nei campi di battaglia, ed ognuno
immaginava scenari di combattimenti secondo la sua fantasia.
La domanda, quindi, quando qualche soldato tornava dalla
guerra, sorgeva spontanea: "
Gna è la 'uérre".
Da ciò probabilmente nacque anche la curiosità di
Za'
Annachiare a chiedere ad Antonio come fosse terribile la
guerra, e la risposta del giovane soldato, per sottolinearne
le atrocità, non si fece attendere, spiegandole: "
Fucilatànne,
mitrajatriciánne, cannonatánne, ropolanánne! ".
Non tutti i giovani soldati, però, ebbero la fortuna di
tornare in paese come Antonio e rispondere a questa domanda.
Molti di loro non fecero mai ritorno a casa, morti o dispersi
in guerra. I loro nomi, figurano tutti nella lapide sotto al
Monumento ai Caduti, nel giardinetto pubblico in Via Roma.
Tra loro, fortunatamente, ne manca uno.
Successe, che durante il 2° conflitto mondiale, giunse in
paese la ferale notizia, che un giovane sansalvese,
appartenente
a chélle de Capurale, era morto in
guerra.
Vi lascio immaginare lo straziante dolore che si impadronì
della famiglia. Tra urla e pianti dei familiari, qualcuno
corse ad avvisare l'anziano nonno che era in campagna. Il
povero vecchio, distrutto dal dolore, tornò a casa e tra la
folla accorsa per esprimere la sua vicinanza alla famiglia, si
sedette su una sedia, in silenzio, attonito, con lo sguardo
frastornato ed il cuore a pezzi.
All'improvviso, in un momento di silenzio da parte dei
convenuti, il vecchio, con voce alta e tremolante, esclamò:"
Je'
ne me le péje nghe lu ruà! Je' me le péje nghe che lu porcie
de Sande Vetale" (Io non me la prendo con il re, ma con
quel ... di San Viale).
Questa sacrilega imprecazione, dettata dalla rabbia e dal
dolore, racchiudeva in sé una perenne riflessione: l'uomo è
imperfetto e perciò fa la guerra, ma perchè la volontà divina
permette lutti e dolori di questo genere?
E' un mistero, come la vita e la creazione dell'Universo.
Non so, e nessuno saprà mai, se San Vitale udì il vecchio.
Fatto sta che al giovane soldato morto in guerra, i suoi
familiari avevano già fatto dire la messa funebre, quando un
giorno, dopo l'armistizio, se lo videro ripresentare in casa
sano e salvo.
Si buscò solo un altro soprannome oltre a quello che già
aveva: "
Morte e vève" (morto e vivo).
25 Febbraio 2022