La guerra di Enrico
(Fatterelli)
di Fernando Sparvieri
La 'uerre è 'uerre (la
guerra è guerra), si dice a San Salvo.
Questo modo di dire, alquanto banale per la sua semplicità,
racchiude invece un'amara considerazione: quando scoppiano
conflitti in ogni angolo del pianeta e non si riesce a trovare
una soluzione pacifica, l'uomo si toglie la maschera, diventa
irragionevole e 'ccoppe mazzate, addo' coja coje (inizia
a dar botte senza guardare in faccia nessuno), compiendo atti
di un'efferatezza tale di cui solo il genere umano è capace,
senza alcuna vergogna.
Le immagini di città dell'Ucraina, come Mariupol, interamente
rase al suolo nel conflitto russo-ucraino, ad opera della
irragionevolezza umana, mostrano quanta ferocia possa
annidarsi nell'animo dell'uomo. E non ci sono santi che
tengano. E' inutile stare lì a parlare di Gesù, Maria, di
fratellanza, solidarietà ed amore fra i popoli. Parlano solo
le bombe che provocano distruzioni e mietono vittime
innocenti, peggio dei terremoti. E' una barbarie.
Ma chi ha ragione?
Vattele a pesche (Vattelo a pescare, ad indovinare),
si direbbe a San Salvo.
"Lu 'ndruvarelle sta troppe 'ncatricciate e ne z'arcape che
frasche e palme" (la vicenda è troppo intricata e non si
aggiusta con ramoscelli d'ulivo e palme della pace), diceva
Modesto Della Porta, il famoso poeta dialettale guardiese, in
una sua poesia dal titolo "La domenica delle Palme".
Mi limito solo a dirvi che scintille tra le parti, tra Russia
e Ucraina, erano già in atto dal 2014 per la penisola di
Crimea ed ultimamente per il Donbass, regioni ucraine abitate
in maggioranza da popolazione di lingua russofona e che tutto
nasce dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989 e dalla
dissoluzione nel 1991 dell'Unione Sovietica, con conseguente
scioglimento del Patto di Varsavia, che hanno mutato la
conformazione geopolitica del mondo. Non è la prima guerra in
quell'area. Qualcosa di simile era già successo in Georgia e
Cecenia, nonchè sull'altra sponda dell'Adriatico, con altri
protagonisti, sempre dopo il crollo del muro di Berlino, con
il discioglimento della ex Jugoslavia, che portò poi alla
guerra civile e fratricida nei Balcani dal 1991 al 2001.
Spettatrice interessata, almeno per il momento, la NATO, che
intervenne invece nel conflitto jugoslavo.
Vattele arcape 'ssa matasse (E' difficile trovare il
bandolo della matassa). Speriamo bene.
Lasciando le spiegazioni dettagliate sull'attuale conflitto,
agli esperti politici internazionali e strateghi militari, che
affollano le trasmissioni televisive e le pagine dei social,
che ne sanno sicuramente più di me, ciò che mi ha colpito in
questa triste ed ingarbugliata vicenda, che vede protagonisti
la potente Russia e la sorella Ucraina, patria di Nikita
Kruscev, russo di etnia ucraina, nato a Kalinovka, paese al
confine con l'Ucraina, presidente del Consiglio della
Repubblica Ucraina e segretario del Partito Comunista Ucraino,
e del suo successore Leonid Breznev, ucraino, potenti primi
ministri dell'URSS ai tempi della guerra fredda, è stata
sicuramente la figura dell'attuale Presidente dell'Ucraina in
carica dal 2019, Volodymir Zelens'kyj, un ex attore comico,
assurto agli onori della cronaca, che si dà un gran da fare,
appoggiato da tutto il mondo occidentale.
Poverino, lo ammiro per il suo coraggio e mi fa una gran
tenerezza.
Mi ricorda Errìche (Enrico) un ragazzo di San Salvo.
Errìche, studentello a Vasto, dal fisico mingherlino,
un giorno entrò in discussione per futili motivi con un suo
coetaneo vastese molto più robusto di lui, durante un filone
scolastico. La discussione degenerò e dopo un po' vennero alle
mani.
Il povero Errìche, piccolo com'era, era soccombente.
L'avversario l'alluttuáve, cioè nella lotta lo
allungava con le spalle a terra, vincendolo. Separati dagli
altri amici entrambi si rialzavano. Appena Errìche si
rialzava diceva al suo avversario. "Ue'! Cacaréne de lu
Vuáste! Se chésse 'nta' vastìute, vi' a ecche ca mo te
dinghe l'eddre" (Ehi! Fighetto di Vasto! Se le botte che
ti ho dato non ti sono bastate, vieni qui che te ne do altre).
E quelle l'arluttuáve 'nterre (E l'avversario lo
ributtava a terra).
Separati nuovamente dagli amici, Errìche ogni volta si
rialzava e si rivolgeva all'avversario sempre con la stessa
frase: "Ue'! Cacaréne de lu Vuáste! Se
chésse nta' vastiute, vi' a ecche ca mo te dinghe l'eddre"
.
Zelens'kyj mi ricorda Errìche.
Speriamo che anche in questa circostanza, disgraziata per
l'umanità, intervengano gli amici, dell'uno e dell'altro, che
invece di buttare benzina sul fuoco, aiutino a spegnere
l'incendio, pericolosissimo.
Ma ne dubito.
Chi trova un amico trova un tesoro, recita un vecchio detto.
Ma chi trova un tesoro non trova sempre amici disinteressati.
25 Marzo 2022