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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










L'aranciata di Ciocco
(Bar Balduzzi)

(Fatterelli)

di Fernando Sparvieri




Il Bar Balduzzi, di cui ho già abbondatemente parlato in alcuni racconti precedenti, era luogo di ritrovo di tutte le categorie sociali sansalvesi.

Lo frequentavano, per la sua modernità un po’ tutti, e quindi non potevano mancare i signorotti ed i professionisti del paese.

Fra questi vi era anche il dr. Vitaliano Ciocco, medico condotto, ex capo gerarca fascista del paese.

Dopo la caduta del “Fascio” e del turbolento periodo che ne fece seguito, z’avè’ rmésse a la fàda cattoleche (si era rimesso alla fede cattolica), modo di dire dialettale per indicare che una persona era tornata nella normalità.

Quindi anch’egli, Do’ Vitaliáne, così lo chiamavano i sansalvesi, alla sera, specialmente durante le serate estive, se ne andava al bar Balduzzi ed in compagnia di amici, ex camerati e non, si sedeva ad un tavolino del bar e si beveva una bella aranciata.

Era diventata una moda quella dell’aranciata a San Salvo.

A produrla era la ditta Perrozzi di Vasto.

Balduzzi, non essendoci ancora i frigoriferi, la mettàve a dembrásche (a rinfrescare), insieme alla birra Peroni ed alle gazzose, in mezzo a lastre di ghiaccio, ammantite da ‘na saccàtte (ricoperte da un sacco di iuta), che lo stesso Perrozzi forniva ai baristi.

Ne vendeva a centinaia di bottigliette d’aranciata Perrozzi nel suo bar Balduzzi, ma dopo qualche tempo, come fece per tantissimi altri prodotti di marca, ”fece venire” anche l’aranciata San Pellegrino, famosissima perché la beveva anche Gino Bartali con la sua squadra di ciclismo, di cui egli era un gran tifoso insieme a mio padre, suo grande amico.

Bartalialla guida del camion, con la sua squadra nel cassone.


Naturalmente, essendo la San Pellegrino un prodotto di marca nazionale, famosissima in tutta Italia, costava il doppio rispetto all’aranciata Perrozzi di Vasto.

Per questo motivo Balduzzi, conoscendo già le tasche dei suoi clienti, ogni qualvolta gli ordinavano un'aranciata al tavolino, serviva quella di  Perrozzi a coloro che secondo lui non potevano permettersi di pagare una della San Pellegrino, mentre se era un signorotto del paese, gli portava direttamente l'aranciata di lusso, quella della San Pellegrino.

Una sera arrivò Ciocco: “Leone un’aranciata”, gli disse.

Balduzzi gli portò un’ aranciata San Pellegrino.

Seduto in un tavolino a fianco, c’era anche Mastro Luigi Firpe (Di Iorio), il sarto filosofo, che non si parlava con Ciocco.

“Un’aranciata!”, ordinò anch’egli. E Balduzzi gli portò un’aranciata Perrozzi.

Chi te l’ha dette a ta ca jè vuje n’arangiate de Perrruzze!!!”, disse a Balduzzi, diventando rosso per la rabbia. “A mà m’ha da purtà ‘n’arangiate San Pellegrine. Si' capìute?”.

Balduzzi, sorpreso ed impacciato, perché non si aspettava una simile risposta, se ne tornò mogio mogio al bancone, e mentre si accingeva a sostituire a Mastro Luigi l'aranciata Perrozzi con quella della San Pellegrino, disse a mio padre, suo grande amico, che era lì con lui: “N'é niende! Mastre Lueggie, m’ha urdunate n’arangiate. Bàve sempre quàlle de Perrúzze. Massàre me z’è vuddáte gné nu dujavele. Ma fatte ‘na parte dicénneme: “A ma purte la 'rangiáte de Perrúzze, pe' chi mi si 'cchiappate! A mà m'ha da purtà' n'arangiate San Pellegrine”.

Mio padre, che tutti i giorni stava ficcato dentro alla bottega di Mastro Luigi (ci abitava a fianco) e ne conosceva bene il carattere, disse a Balduzzi: “Si chi vu fuà? Peje ‘na buttijccie vúdde de la San Pellegrine e mettece dandre la 'rangiate de Perrúzze e purtejle”.

E Balduzzi, seppure titubante, temendo che sarebbe successo il finimondo se Mastro Luigi se ne fosse accorto, così fece: svuotò l'intera bottiglietta dell’aranciata Perrozzi, la mise dentro una vuota della San Pellegrino, e glie la riportò a Mastro Luigi, che nel frattempo ave’ attubbuánate de fìmue a Ciocche (aveva riempito di fumo il dottor Ciocco).

“Mo sciè!”, gli disse Mastro Luigi, guardando sott’ucchie (con la coda dell’occhio) Ciocco.

Mastro Luigi, che era stato un antifascista, non sopportava, ancora a distanza di anni, il dr. Ciocco, perché quand’egli era giovane Balilla, si era dovuto fare una notte al fresco, nel carcere, che stava in un seminterrato di una casa di Don Gaetano de Vito, in 2° vico Piazza.

Il motivo?

Aveva risposto ad un istruttore dei Balilla, che gli aveva chiesto cosa fosse lo spirito di corpo:

“E' lu scardìlle” (Una scorreggia).

11 Ottobre 2022


Comizio dei comunisti all'inizio di Via Savoia



La discesa di Via Fontana in cui parlavano i comunisti.







I racconti di Fernando Sparvieri

Indice

Gente, usi e costumi del mio paese



Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

di Fernando Sparvieri

Indice

I forestieri a San Salvo



I racconti del mare

I pionieri del mare ed altro


di Fernando Sparvieri
Indice

Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)















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