di Fernando Sparvieri
Negli anni ’50 la lotta
politica era serrata.
I democratici cristiani, avevano installato un
autoparlande
(altoparlante) nei pressi della loro sezione che era in
una camera al piano terra del palazzo di Don Gaetano De
Vito, subito dopo imitati dai comunisti, che ne misero un
altro
a la Porte de la Terre, vicino la loro
sezione all’inizio di Via Fontana.
Era una novità per l’epoca.
Parlavene a lu mucrofene
(parlavano al microfono) e se ne dicevano di due colori:
bianco e rosso. I sansalvesi lo chiamavano
lu
contraddetorie (il contradditorio). Erano accese
discussioni via etere, in cui gli speaker trascendevano
spesso e volentieri tra loro, con attacchi personali che
esulavano dalla politica e sfociavano spesso in questioni
familiari. La gente era lì e li ascoltava, anche
divertita. Ognuno parteggiava però per il suo partito.
Guai a cambiare il colore politico della casacca. Era un
sacrilegio. L'onore sarebbe rimasto macchiato a vita.
Anche le campagne elettorali erano infuocate.
I democristiani parlavano dal balcone di
Tummuasine
Russe, in Piazza Municipio, che poi diverrà Piazza
San Vitale.
Tumuassine era il loro segretario
politico e quindi metteva il suo balcone a disposizione
del partito. I comunisti, invece, parlavano sul muraglione
grande di Via Fontana, dirimpetto alla vecchia fontana,
non essendoci nessuno in piazza disposto a farli parlare
da un balcone.
Subito dopo arrivò la moda
de le bancarelle (dei
palchetti in legno), addobbati con drappi e bandiere con i
colori e gli stemmi dei relativi partiti ed i comizianti
scesero dall'alto dei balconi e muraglioni, parlando più
terra terra.
Ed una sera su una bancarella, all’incrocio tra Via
Fontana e Via Savoia, il quartier generale dei comunisti
(lì abitava
zi' Carmene Chinni, tra i leader
massimi del partito), salì Mimì Vicoli, giovane segretario
locale dei socialisti, all'epoca alleatissimi con i
comunisti. I compagni andarono a dargli manforte e
riempirono in massa la discesa del muraglione piccolo,
quello sulla destra, partendo dalla Porta della Terra.
Mimì era un ottimo oratore e piaceva tanto ai comunisti.
Peccato che fosse socialista. Aveva studiato a Chieti
nella scuola del partito e sapeva quel che diceva.
E quella sera Mimì attaccò il comandante della locale
stazione dei carabinieri, il brigadiere Dino Vannini,
chiamato dai sansalvesi
muschettàune, per via
della sua nera e fluente barba a moschetta sul mento.
“L’attacchino municipale”, disse Mimì, “mi ha riferito che
il brigadiere gli ha proibito l’affissione dei manifesti
del mio partito perché non siamo in possesso della
autorizzazione della Questura”, volendo far intendere
indirettamente che si trattava di una manovra scorretta
della Democrazia Cristiana, che all’epoca comandava in
Questura, in Prefettura ed in ogni dove.
Non era vero.
Zi’ Peppine marescialle, fontaniere,
banditore ed attacchino comunale, tra l’altro compagno
comunista, impagliatore di sedie a tempo perso, non aveva
fatto in tempo ad affiggere i manifesti e si era inventata
una scusa.
Ciò causò l'immediata reazione del brigadiere, che era in
servizio tra la folla per garantire l’ordine pubblico, che
interruppe il comizio, recandosi a parlare con Mimì
Vicoli, sotto a la bancarella, affinchè chiarisse che si
trattava di una falsità.
Mentre i due parlottavano tra di loro, la tensione salì
tra la folla, iniziando un vocio tra gli astanti. Ognuno
diceva la sua. C’era chi diceva che Mimì Vicoli aveva
detto la verità e che quindi il brigadiere volesse far
valere in qualche modo la sua autorità e chi temeva invece
che fosse incappato in una clamorosa gaffe che gli poteva
costare cara.
Ed a quel punto
zi’ Pitre, comunista, a cui
piaceva "spizzicare" in italiano, volle dire anch'egli la
sua, e rivolgendosi ad alcuni compagni, lì vicino, disse:
“
E che j vo' fa' lu brihattìre a Mimì. Se glie lo
ha detto
il
tacchino!!!
”.
21 Settembre 2022
Comizio dei comunisti
all'inizio di Via Savoia
La discesa di Via Fontana
in cui parlavano i comunisti.