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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri







Ma chi sarebbero li salvanése

I racconti di Fernando Sparvieri



Un po' di storia locale raccontando personaggi










Scuse Don Ciri'
(Scusa Don Cirillo)

(Fatterelli)

di Fernando Sparvieri

Succede a volte nel corso della vita, di incappare in fatti o avvenimenti che è 'na rése e nu chiánte (sono una risata ed un pianto), nel senso che, pur nella drammaticità del momento, non si sa se ridere o piangere, trattandosi di un qualcosa di tragico e nel contempo di buffo.

Mi raccontò mio padre Evaristo Sparvieri, che un pomeriggio primaverile della fine degli anni '50, insieme al sindaco pro-tempore Vitale Artese ed a Don Cirillo Piovesan, il prete, si recò in C.da Stazione, nei pressi del passaggio a livello, oggi sostituito dal sottopassaggio del ponte ferroviario, perchè erano iniziati i lavori per la costruzione della chiesetta della Madonna di Fatima, dirimpetto alla vecchia distilleria.

Giunti sul posto, dopo aver salutato i manovali, tutti sansalvesi , che con picchi e pale stavano scavando le pedemìnde (le fondamenta), si allontanarono dal cantiere e chiacchierando tra di loro, si fecero una passeggiata lungo la strada che costeggia la ferrovia e conduce alla vecchia stazione ferroviaria di San Salvo, all'epoca ancora funzionante.

Era bello passeggiare lungo quella strada a primavera. Dava una sensazione di pace e modernità. L'odor di ferrovia arrivava alle narici, mentre il profumo delle prime margheritine appena sbocciate, ai lati dell'asfalto, insieme al frinio delle cicale, preannunciava l'arrivo della bella stagione.  Vi era una quiete bucolica lungo quella strada, interrotta ogni tanto dal transito di qualche rara automobile, o dall'improvviso sferragliare sui binari delle ruote del treno, che annunciava, con il suo fischio, che era ancora poesia, il suo arrivo al passaggio a livello ed al capostazione.

Ma d'un tratto, quando i tre amici, non si erano allontanati neppure cento metri dal piccolo cantiere, ecco udire, all'improvviso, alle loro spalle, delle forti esplosioni che sembravano provenire proprio dalla zona in cui stavano lavorando gli operai.

Allarmati, di gran carriera, temendo che qualche operaio con il piccone avesse colpito un ordigno bellico sotterrato, sfuggito alla bonifica nel dopoguerra, tornarono indietro: una nuvola di fumo e di polvere avvolgeva il piccolo cantiere, con gli operai, che come anime nella nebbia, si intravvedevano in lontananza.

Quando la nuvola di polvere e di fumo iniziò a diradarsi, ecco, prendere forma, nello scavo, una figura umana, in piedi, immobile, piegata in avanti, come una statua pietrificata al momento di dare un colpo di piccone al terreno. Era Zi' 'Ndónie Carnevále, che sbiancato in volto per la polvere e lo spavento, dopo istanti di interminabile silenzio, alzando lentamente lo sguardo verso il cielo, con voce tremolante, finalmente parlò:

"Córe de Sande Vetále!", bestemmiò. "Scuse Don Cirì'..." (Scusa Don Cirillo), aggiunse subito dopo la bestemmia scorgendo con la coda dell'occhio la tonaca di Don Cirillo ai bordi dello scavo, e poi esplodendo egli stesso in un impeto d'ira, continuò:" Ma se jé acchiappe che lu feje de puttáne c'ha mésse..." (Ma se io acchiappo quel figlio di buona mamma che...)

Cosa era successo.

Qualche giorno prima vi era stata in paese la festa di San Vitale e Vetále Capàune, un operaio che stava scavando le fondamenta della chiesetta, aveva trovato 'na tráccie (una treccia) di tric e trac (fuochi d'artificio) rimasti inesplosi nel sito in cui vi erano stati i fuochi pirotenici in onore del Santo Patrono, e se li era portati in cantiere, volendo farli esplodere per divertimento.

Ma cosa aveva combinato. Aveva realizzato nu 'ngiunèlle (un piccolo uncino) con il ferro filato, e dopo aver aggangiato ad esso i tric e trac inesplosi, lo aveva infilato in un passante posteriore dei pantaloni di Zi' Ndónie Carnevále, saltando come un grillo fuori dallo scavo, subito dopo aver messo fuoco alla miccia.

Nessuno ebbe il coraggio di dire a Zi' Ndónie chi era stato il fuochista.

Zi' Ndónie, per il resto dei suoi giorni, in molti lo ricordano camminare sempre con le mani congiunte dietro al sedere e quando si intratteneva a parlare con qualcuno in prossimità di una casa, si appoggiava con la schiena ed il deretano al muro, forse traumatizzato da quell'incredibile scherzo.

A distanza di anni, Vetále Capàune, penso di confidargli che era stato lui l'autore.

Zi' 'Ndónie z'ha cacciáte lu curtélle (Zio Antonio tirò fuori il coltello), ca l'aveva 'ccéte (ché doveva ammazzarlo).


25 Febbraio 2022



Nota: Dopo la battaglia del Trigno dell'autunno del '43, con i tedeschi asserragliati sul fiume Sangro, gli inglesi realizzarono un aeroporto militare sull'arenile dell'attuale San Salvo Marina e trasformarono, per chilometri, la vecchia strada Trignina, che conduceva dalla stazione ferroviaria sino al paese,  in un campo di munizioni a cielo aperto, dove trovarono lavoro anche giovani sansalvesi, pagati dall'esercito dell’VIII Armata britannica. Molte casse ripiene di questo materiale bellico, dopo l'avanzata degli alleati a nord,  vennero buttate in mare dagli inglesi al largo della costa sansalvese,  in quanto ritennero non conveniente trasportarle tutte sulla nuova linea del fronte. Ciò dà dimostrazione di quanto materiale bellico disponesse l'esercito alleato nell'impari lotta contro l'esercito tedesco. (Fonte Tonino Longhi).





I racconti di Fernando Sparvieri

Indice

Gente, usi e costumi del mio paese



Un libro sul web

MA CHI SAREBBERO
LI SALVANESE

di Fernando Sparvieri

Indice

I forestieri a San Salvo



I racconti del mare

I pionieri del mare ed altro


di Fernando Sparvieri
Indice

Emilie de Felicìlle
(Emilio Del Villano)















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