I
due capitali
(Il capitale e lu capetále)
(Fatterelli)
di Fernando Sparvieri
Come si suol dire, ogni mondo è paese ed in ogni paese, ieri
come oggi, succedono all’improvviso, fatti e fatterelli, che
poi, venuti a conoscenza della collettività, suscitano, per il
modo in cui sono avvenuti, l’ilarità della gente.
Molte volte, probabilmente, non sono neppure fatti del tutto
veri, ma la gente li racconta, mettendoci ognuno
'na pezze
a chelàure (una pezza a colore), nel senso che ognuno
aggiunge qualcosa di suo alla storia originale.
Uno di questi fatterelli, riguarda
Donn’Antonie lu ràfece
(Don Antonio Vicoli, l’orefice), personaggio molto famoso
e facoltoso nel periodo ante e post bellico, che aveva avuto
la sua oreficeria dapprima nella sua casa in Via Savoia e
successivamente, essendogli servito quel locale come sede del
suo ufficio di Corrispondente del Banco Di Napoli, (insomma
era anche un mezzo banchiere), lo aveva trasferito in Via
Fontana, dirimpetto al piccolo muraglione dello spaccio
de
Miccheline de Crapacótte (Michele Fabrizio), rivendita
di Sali e Tabacchi n.1 del paese.
Giusto per descriverlo un poco, da quel che ricordo come un
sogno, Don Antonio era un personaggio sui generis. Di
carnagione chiara, capelli bianchi, con il vestito ed un un
borsalino nero in testa, spiaccicava un italian-dialettale
arzeccucculujéte,
cioè un un dialetto più di lusso, per non confondersi con la
parlata del popolino, com'erano soliti esprimersi un po' tutti
i signorotti del paese. Aveva un modo di fare, calmo, sereno,
somigliante, per molti tratti, ad un anziano commerciante di
quei films di Holliwood in un ghetto ebreo.
Era una persona, quindi, che per mestiere, se ne intendeva di
capitali, una mezza specie di piccolo orefice finanziere.
E siccome anche a quei tempi c'erano i ladri, e mi riferisco a
quelli con le pistole e non a quelli autorizzati disarmati,
che ieri come oggi, apparentemente facevano tutt'altro
mestiere, anche Don Antonio, per difesa personale, si era
comprata una pistola. Più che una pistola vera e propria, era
una pistoletta, simile ad un'arma schiacciacani. Sparava
eccome però. Da quel che si racconta, pare che non l'avesse
mai usata e non la sapesse manco tanto tenere in mano. Troppo
pericolosa per una persona anziana.
"
Ma che me le so' 'ccatate a fa 'sta pistole", pensava
ogni tanto tra sé e sé. "
M'arrive a scappa' nu cólpe, me
jóche tutte lu capetále.
Me l'aja arvénne. Ma
chi zi l'accátte?", si preoccupava.
Ed invece un pomeriggio saltò fuori un acquirente.
"Donn' Ando'! Haje sapute ca ti 'na pistole. E' lu vuére?
Me le vu' vénne?", gli chiese un tal Pascucci, un
sansalvese
de fóre (residente, ma forestiero).
“
Scine! Scine!", gli rispose Don Antonio, pensando
dentro di sè:
"Finalmente aje truvate nu fésse che ze
l'accátte".
Poi, per meglio fare l'affare, aggiunse:"
E ‘na bella
pistola. N’ha ma’ sparate. E’ nove nove! Ngrazia a Di’ n’aje
ma’ aduperate”.
Aprì il tiretto, dentro il quale riposava da un'eternità la
sua pistola, vergine, così come l'aveva fatta la casa madre, e
glie la mostrò.
Ma mentre la maneggiava, per spiegare al povero fesso il
funzionamento dell'arma,
baaam... g
li
partì un colpo accidentale.
“
Ooojjjje!!!”, iniziò a gridare il povero Pascucci,
allungandosi sul pavimento, colpito all’altezza dei genitali.
Furono attimi di terrore. Don Antonio cominciò a sudare
freddo, pensando: "
Aécche mo me parte tutte lu capitale”
(tutti i miei averi).
“
Oje!!! Oje!!!", continuava intanto a
lamentarsi il poveraccio, mentre con le palma delle mani si
teneva, per alleviare il dolore,
lu capetale (in
dialetto
lu capetale è l'organo genitale maschile).
“
Zitte! Zitte!“, gli diceva Don Antonio, sperando che
quel colpo non gli facesse economicamente pelo e contropelo.
“
Oje! Oje!”, continuava invece a lamentarsi il povero
Falcucci, colpito da quel proiettile a bruciapelo.
Donn'Antonie non sapeva più che fare.
“
Ecchete mille lire, dumila, tremila lire”, iniziò a
dirgli, tirando fuori banconote da tutte le tasche, sperando
che i soldi fossero la panacea di tutti i mali.
"
Oje! Oje!", gridava sempre più dolorante il povero
Pascucci, continuando a tenersi le mani sui genitali
.
Qualcuno chiamò un medico.
Il povero Pascucci venne visitato.
Il colpo a bruciapelo, non bruciò neanche un pelo.
I due capitali erano salvi.
Il proiettile gli era passato in mezzo alle gambe,
strisciandogli al cavallo del pantalone.
J z'ave' scurtúcuáte (gli si era scorticato),
dopo accurata visita, solo un coglione.