Coline
(Signore
maje' a quèsse ne j le da' la casa popolare)
(Fatterelli)
di Fernando Sparvieri
Spesso mi capita, navigando su
facebook, di leggere post in cui i genitori rivolgono gli
auguri ai propri figli e viceversa, nel giorno del loro
compleannno. E' sempre bello leggere messaggi di questo
tenore, che dimostrano come le famiglie siano unite e nutrano
un grande affetto e riconoscenza tra i loro componenti.
Ultimamente mi sono imbattuto in un piacevole post, per
tramite il quale un mio amico, il sig. Luciano Di Corinto,
artista e scrittore lancianese, di cui apprezzo molto le sue
doti e virtù morali, ha rivolto gli auguri di buon compleanno
ad un figlio ormai adulto, ricordando con gioia ed un pizzico
di poesia il giorno in cui il figliolo nacque. Proseguendo,
questo mio amico, ricordava tutta la felicità di padre per
l'arrivo di questo suo primo figlio maschio, atteso dopo
l'arrivo di quattro figlie femmine, e l'ulteriore gioia,
provata qualche anno dopo, con la nascita del sesto e
settimogenito.
Nel fargli gli auguri ed i miei complimenti su Facebook per la
sua splendida famiglia, che definirei patriarcale e
benestante, mi è tornato dapprima in mente un detto popolare,
che mi diceva sempre mia madre: "Che te vo' bene chiù de
mamméte e de pétrete t'enganne (Chi ti vuole bene più di
tua madre e di tuo padre ti inganna), e subito dopo, che le
coppie di oggi, come dicono le statistiche sulle nascite in
Italia, non procreano più molti figli, a causa di tanti motivi
riconducibili principalmente alla mutata condizione economica
e sociale della popolazione, riferendomi sopratutto al ruolo
delle madri lavoratrici, che non svolgono più unicamente, a
causa del lavoro, il ruolo principale dell'angelo del
focolare, un tempo solo ad esse demandate. Se a ciò
aggiungiamo che i figli costano e che i genitori, in una
società consumistica come quella attuale, devono affrontare
molte spese per far sì che i loro figli, vestino ad esempio
con costosi abiti alla moda firmati, affinché non si sentano
discriminati nei confronti dei loro coetanei, ecco che si
spiega uno dei motivi per i quali i genitori sono sempre più
inclini a procreare pochi figli ed assistiamo a nuclei
familiari con pochissima prole.
Un tempo, invece, come si direbbe a San Salvo, la gente faceva
figli come percillìccie (come porcellini d'India).
Anzi succedeva il contrario: più povera era e più era ricca di
figli.
Ne facevano a decine. Mio nonno paterno, anzi mia nonna, ne
fece ben sei di figli. La famiglia di Mastre Pitre Marzocchetti,
che fu anche Podestà, che sposò una sorella di mio nonno, ne
aveva undici. Una famiglia appartenente ad un ramo dei
Torricella, ne procreò addirittura diciassette, di cui solo
nove ne sopravvissero. Insomma, prima i figli si facevano,
anche perchè non vi erano altri svaghi serali e la gente
andava a letto molto presto. E poi gnà scéve a scéve,
nel senso che tra l'elevata mortalità infantile e figli
sopravissuti alle malattie, facevano del loro meglio per
portare avanti la famiglia.
Ed a proposito di famiglie numerose, mi è tornata in mente,
una simpatica storiella, raccontatami da mio padre, che
successe quand'egli era sindaco. E' una storiella accaduta nei
primi anni '70, con finale non proprio a la uale, nel
senso che termina con una parola dialettale notissima, ma un
po' scurrile, che ho deciso, con un po' di imbarazzo, di
raccontarvi lo stesso, sperando di strapparvi una risata, che
di questi tempi, in cui tutti sembrano aver perso il senno, a
causa dei tragici eventi bellici che stanno infiammando
l'Europa dell'est, mi auguro vi risollevi il morale.
Mi raccontò mio padre che quand'egli era Sindaco, Coline (Nicolino
Altieri), personaggio molto prolifico che aveva
concepito sino ad allora già cinque o sei figli, di cui uno
suo alunno, ogni qualvolta lo incontrava gli diceva
che voleva la casa popolare.
Mio padre gli promise il suo interessamento, ma non era
facile. Gli alloggi venivano assegnati dall'Istituto Autonomo
Case Popolari e c'erano le graduatorie da rispettare. Colìne
aveva buone possibilità di ottenerne uno, avendo un
ottimo punteggio proprio grazie alla sua famiglia numerosa, ma
non era cosa scontata.
Accadde che un giorno mio padre lo incontrò per caso in
un bar, mentre insieme a Uide Pracélie (Guido
Pracilio), suo inseparabile amico, si stava facendo pétte
e pétte (uno di fronte all'altro) una bottiglia di
birra.
Appena Coline lo vide, gli disse: "Signore maje',
fatte nu bicchijre nghe ni'" (Signor maestro fatti un
bicchiere di birra con noi).
Mio padre, che non beveva birra, lo ringraziò e si prese un
caffè, ma com'era prevedibile, dopo un po' Coline fece
scivolare il discorso sulla casa popolare e gli domandò: "Signore
maje'! Che ze ne sa de che la casa popolare?" (Signor
maestro! Hai notizie della casa popolare?).
Intervenne a quel punto Uide, l'amico di Coline,
che rivolgendosi a mio padre, gli disse: "Signore maje'! Ne
j le da' a quésse la casa popolare, ca quésse n'ha vulìute
fa pate' la... pénghe" (Signor maestro. Non gli dare a
Colino la casa popolare perchè non ha voluto far patire la
...).
4 Maggio 2022