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Ogni mondo è paese, ma il mio paese è il mio mondo.
Fernando Sparvieri










Il coro degli angeli ti accolga in Paradiso
 Fernando Sparvieri














Mio zio Mimì
(Domenico Napolitano)

di Fernando Sparvieri



Come ho già avuto modo di scrivere in qualche altra circostanza, è sempre difficile parlare di una persona cara, specie se si tratta di un congiunto che non c’è più, in quanto si corre il rischio di incappare in una sorta di esaltazione retorica della sua persona, esaltandone i pregi e le virtù.

Nel caso di mio zio, Mimì Napolitano, credo che questo rischio sia di fatto inesistente in quanto di Lui, in questi giorni, dopo la sua dipartita nel mondo dei giusti, ne hanno già ampiamente decantato le doti i suoi innumerevoli amici, sopratutto giovani, che da decenni ormai mi avevano simpaticamente “usurpato” di quell’appellativo di “zio” che mi spettava di diritto, essendo io figlio di Lidia, sua unica e diletta sorella.

Mimì, così come lo chiamava mia madre ed affettuosamente anch’ io (quasi a volermi distinguere con un po' di umorismo dai numerosi nipoti putativi che aveva acquisito negli anni), era davvero un uomo straordinario, una persona dotata di un carattere forte e di una innata carica di simpatia, cordialità, frammista a saggezza ed innato senso dell'amicizia, che lo rendevano personaggio unico, amato dai giovani, che stravedevano per Lui, fieri di averLo come amico.

Per tutti era zio Mimì , ma non per rispetto all'anzianità, così come si conviene ad una persona anziana, ma perché "lo zio" (altro appellativo con il quale lo chiamavano molti ragazzi), era per loro quasi un fratello maggiore, un giovane solo un po' più attempato, con il quale era bello parlare, ridere e scherzare, confidarsi, consigliarsi, andare insieme a cavallo, a cena, a dispetto degli anni e del divario generazionale.

Mimì, era conscio di tutto questo, e ne era felice. Quando era con loro i suoi occhi brillavano di gioia, luccicavano di felicità.

La sua forza era il sorriso, quel sorriso che era coraggio, voglia di vivere, nonostante il destino lo avesse privato nel pieno della maturità della diletta primogenita Maria Pina e da qualche anno anche dell’amata moglie Gilda.

Mimì, conosceva la gioia, ma anche il dolore. Amava la vita, ma aveva vissuto sulla propria pelle anche le tragedie che provoca la morte.

E forse per questo, non ne aveva paura.

Da quando un male incurabile, lo aveva improvvisamente messo sotto scacco, il suo sorriso non era mutato, anzi se ne serviva per sdrammatizzare, per rincuorare tutti, parenti e amici. Era conscio che prima o poi la morte sarebbe andata a fargli visita, ma non c'era da avere paura. Lui era lì, pronto ad accoglierla, con il sorriso, come si conviene ad un'amica, per ringraziarla di essere giunta in ogni caso tardi, dopo avergli consentito di assaporare appieno il gusto della vita.

“Zio Mimì”, perché ridi?” , gli chiese una ragazza il 25 Aprile, giorno del suo 85° compleanno.

”Perché vorrei chiudere gli occhi e non svegliarmi più ”, rispose sorridendo.

La notte tra il 26 e 27 Aprile, il suo viaggio terreno si è concluso, non prima di aver regalato il suo ultimo sorriso all' amata figlia Antonella.

Sono certo, però, che da lassù, in Paradiso, a bordo del suo calesse, con i suoi cari, che furono anche i miei, ci sta sorridendo.

Addio carissimo zio Mimì.

2 maggio 2016

Fernando Sparvieri


Lettera letta nella Chiesa di San Giuseppe il 28 Aprile 2016
da un gruppo di bambini, durante il rito funebre di Domenico Napolitano.









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